quando l'adolescente chiede di essere aiutato 6: il percorso di counseling familiare


quando l'adolescente chiede di essere aiutato 6:

il percorso di counseling familiare   

           

            Più volte, in queste riflessioni sul counseling adolescenziale è stato necessario far riferimento al fatto che l'adolescente, alla ricerca della sua identità oscilla, senza comprenderne il senso, tra attaccamento e allontanamento, tra appartenenza e autonomia, insomma tra separazione e connessione, due bisogni di base, facce opposte della stessa realtà interiore, egualmente indispensabili.

Alla ricerca di una sua identità, l’adolescente è per questo alla ricerca di modelli  e ha “compiti di sviluppo” che comportano un complesso cambiamento; avverte contrastanti e tuttavia complementari bisogni interiori: essere riconosciuto, valorizzato, autonomo e amato, accolto e libero e soprattutto il bisogno di un sostegno adattivo. E i suoi stessi confusi bisogni di crescita lo rendono oggetto di tanti altrettanto  pressanti e talvolta devianti bisogni indotti.

 

            L'atteggiamento mortificato con cui egli talvolta subisce o l'ostinazione con cui più spesso ignora le "raccomandazioni" di genitori, docenti, adulti in genere vanno visti anche come un effetto, un feedback di numerose e ripetute, quanto inconsapevoli disconferme, squalifiche, risposte incongruenti o risposte tangenziali di cui è stato fatto oggetto proprio da quegli adulti che pure intendono affiancare la sua crescita. Molte volte gli adulti ignorano completamente l’adolescente, ignorano quanto chiede esplicitamente o implicitamente, con disinvoltura cambiano argomento, fraintendono, eludono la risposta…durante quei frettolosi e difficilissimi minuti di conversazione con l'adolescente. Accade all'adulto, anche educatore e non di rado, di inviare messaggi non congruenti tra verbale e non verbale o di utilizzare la proposta dell’adolescente come punto di partenza per introdurre un argomento completamente diverso o, peggio, un rimprovero, un confronto...

         Quando i protagonisti di questa inefficace relazione sono proprio i genitori o uno di loro in particolare, e le difficoltà dell'adolescente si annidano in famiglia più che con i pari o nella socializzazione, accogliere il suo SOS:  Sostegno Organizzazione Sfida, significherà coinvolgere con lui i suoi genitori ed anche, quando ci sono, fratelli e/o sorelle, insomma la famiglia al completo, già perché ogni  famiglia ha sue norme e regole ed è un sistema nel quale nessun soggetto può dirsi indipendente dagli altri e in cui ogni azione, ogni comportamento ha effetti su ogni altro elemento del sistema, ogni azione è interazione che comporta una retroazione, in un clima necessariamente di stabilità e cambiamento. Il sistema famiglia potrà avere confini rigidi, per cui nessun componente proverà la esatta percezione consapevole di vivere la famiglia (famiglia “assente”), potrà avere confini confusi, per cui le emozioni e i ruoli dell’uno tendono a confondersi in quelli dell’altro (famiglie “invischiate”) o potrà vivere confini chiari ed esplicitati in cui lo spazio personale di ciascuno è delimitato e tuttavia permeabile (famiglie “sane”), comunque sia, costituisce quel contesto, quel crogiuolo in cui prendono forma ansie e risorse dell'adolescente e il counselor è chiamato ad esplorare quel sistema perché ogni elemento in esso ne acquisisca piena consapevolezza. Al counselor resta affidato il ruolo di osservatore esterno, capace di imparzialità e di apporti chiarificatori in eventuali momenti di tensione. L'approccio e le strategie più indicate per interventi in questo ambito saranno quelli del counseling relazionale. A tal proposito, suggerisco di rileggere il cap. 3, in particolare da pag. 55, del testo di Charles J. O'Leary, Counseling alla coppia e alla famiglia, Erickson, 2009.

Che cosa e chi osserverà il counselor? In quali tempi? E quanto lungo sarà il percorso? Al centro dell'attenzione del counselor resta l'adolescente e quindi la necessità di un approccio pro-attivo, ma per facilitare il cambiamento nei pensieri come negli atteggiamenti sarà necessario che dopo i primi due/tre incontri con l'adolescente, il counselor informando l'adolescente e valutandone  il possibile volenteroso coinvolgimento, programmi due tre incontri con l'intera famiglia, a distanza non troppo ravvicinata (sette/dieci giorni) per dare tempo a ciascuno di  osservarsi e disporsi al cambiamento (il cambiamento del singolo, nel sistema riverbera cambiamenti su ogni altro). Osserverà  le relazioni interpersonali nel sistema famiglia e come le vive (linguaggio non verbale) l'adolescente, osserverà le modalità e le strategie, più o meno consapevoli, che delineano i reciproci rapporti, l'eventuale prevaricazione di uno o alcuni sugli altri e aiuterà ciascuno a prenderne atto, ad intravederne effetti,  a trovare soluzioni efficaci. In questa fase potrebbero emergere problemi che i colloqui con l'adolescente non hanno messo in evidenza e al counselor spetterà il compito di attivare l'attenzione su di essi perché ognuno in famiglia si conosca meglio e si ri-conosca. Il percorso si avvierà alla conclusione con due, tre altri colloqui tra counselor e adolescente e i tempi complessivi saranno dunque di nove/dieci incontri, di cui i due terzi organizzati con la presenza del solo adolescente. Un incontro, a distanza di un mese di follow up permetterà di verificare quanto e se le soluzioni individuate hanno mantenuto i risultati sperati per l'adolescente e per la famiglia nel suo insieme, di verificare cioè se e quanto collaborazione e reciprocità abbiano trovato luogo nel sistema famiglia.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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