LA CREATIVITA’ COME QUALITA’ TOTALE. Creatività e metacognizione

Inviato da Nuccio Salis

Creativity and metacognition

Tratto dal mio saggio sulla creatività, un capitolo che illustra il legame fra creatività e metacognizione.

 

Ho già discusso circa l’utilità di pensare il concetto di creatività collocandolo come risorsa che rivela la sua utilità non soltanto in relazione alla conservazione dell’equilibrio organico e fisiologico. La creatività, infatti, si è rivelata soprattutto come capacità di mediare con l’ambiente, ponendosi con questo in una linea dinamica in cui le prospettive dell’agire, in vista delle finalità adattive, non sono legate esclusivamente a prototipi comportamentali noti o innati. La creatività può permettere cioè un agire adattivo di tipo sperimentale, quindi emancipare in un certo senso il soggetto da schemi di risposta meccanici e prevedibili, i quali potrebbero anche esaurire la loro funzione o rivelarsi inefficaci di fronte a compiti complessi posti dall’ambiente.

L’atto creativo, dunque, si pone come forza di rilancio della crescita esperienziale e dell’apprendimento, modificando in toto l’individuo che conduce tale tipo di approccio nel rapporto con l’ambiente. L’attivazione dell’intelligenza, quindi, si esplicherà non soltanto per via di finalità adattive, ma ricercherà attivamente quelle condizioni grazie alle quali l’individuo umano compie l’attività esplorativa, ponendosi nei confronti dell’esistenza secondo princìpi di ricerca e di sperimentazione. Sollecitare la creatività, dunque, assume l’ampiezza di un tema di notevole rilievo pedagogico per via delle sue ricadute educative.

Mediante l’atto creativo, l’individuo scopre se stesso e le sue risorse, stimola la sua intelligenza alla crescita ed alla plasticità delle sue strutture. Egli afferma, in pratica, il valore della complessità dell’organismo umano, e la sua capacità di dialogare con l’ambiente secondo un rapporto reciproco di armonia, in un circolo di controreazioni dinamiche (feedback) in cui l’individuo, come elemento del campo totale rappresentato dall’ambiente, assume una parte capace di promuovere il valore e l’essenza di tale relazione. L’intelligenza si fa propriamente creativa, ovvero si rende capace di effettuare una costante rilettura dei termini di tale rapporto, nella prospettiva di modificare eventualmente le proprie strategie adattive. Queste ultime sono da considerare, nell’ambito del rapporto individuo umano/ambiente, modalità costruttive attraverso cui il soggetto filtra ed elabora i dati di realtà, operando processi cognitivi secondo i quali diventa possibile esperire e monitorare nuove forme di rappresentazione e nuovi approcci sulla realtà. Tale forma di intelligenza sembra avere bisogno della creatività, affinché quest’ultima in un primo momento sostenga e successivamente metta in pratica nuovi paradigmi di confronto col mondo. Sembra però non facile comprendere se la creatività è un possibile strumento dell’intelligenza, oppure se la creatività stessa coincide con questo tipo di processo che è possibile chiamare intelligenza. Possiamo chiamare intelligenza sperimentale tutta lasintesi degli artifici relativi alle forme del pensierosecondario, ed intelligenza creativa quella formasuperiore dell’intelligenza che non solo rielabora idati della realtà generando nuove forme di apprendimento,ma che opera riflessioni sui dati esperienzialicostituitisi attraverso l’attività esplorativa.In breve, l’intelligenza creativa implica la consapevolezza circa l’utilità della propria crescita, e la conseguente ricerca permanente di esperienze che possano sollecitare, incoraggiare e sostenere l’obiettivo principale del Sé. L’intelligenza creativa sarebbe dunque in grado di interferire nei processi di percezione di sé, rappresentando la realtà secondo una prospettiva globale che include la propria presenza attiva nell’ambiente reale, inducendo l’individuo a riflettere sul senso del proprio esistere.

Così descritta, l’intelligenza creativa sembra coincidere con il modello dell’intelligenza intrapersonale, facente parte della teoria dell’intelligenza multipla postulata dallo psicologo americano Howard Gardner, che durante gli anni Ottanta diede un contributo significativo nell’ampliare i paradigmi dell’intelligenza.

Tuttavia, seguendo l’approccio teorico sul modello dell’intelligenza intrapersonale, essa dovrebbe esprimersi dal momento in cui l’individuo volge lo sguardo verso se stesso, compiendo un maturo movimento introspettivo e aprendosi ad una lucida visione di sé. Tale processo, inoltre, è possibile soltanto a patto che l’individuo abbia già a sua disposizione orientamenti culturali o modelli educativi che gli consentono di compiere operazioni di valutazione circa qualunque realtà osservata. L’intelligenza creativa, invece, sembra manifestarsi secondo propensioni dovute alla volizione, al senso di iniziativa, ad una misteriosa energia nascosta che spinge all’individuazione. Tale forma di intelligenza può assumere espressioni considerate variabili predittive di creatività. Tali espressioni consistono nella capacità di strutturare o ristrutturare dati frammentati e non ancora in relazione, oppure di avvertire le ambiguità eventualmente contenute in un problema posto; o ancora di formulare domande ed aprire alternativi percorsi di spiegazione. Come fattori predittivi dell’intelligenza creativa vengono prese in considerazione anche le sette qualità della creatività elencate dal pedagogista Richmond negli anni Sessanta. Tali qualità sono le seguenti: sensibilità, scioltezza, flessibilità, divergenza, ridefinizione, analisi, sintesi. Grazie a tali qualità si può fare rispettivamente riferimento alla capacità di cogliere immediatamente l’entità di un problema, all’abilità nel produrre un flusso di nuove idee e di portarle in espressione, alla competenza adattiva rispetto a situazioni inconsuete, al rifiuto di conformarsi e di aderire acriticamente a soluzioni già note, alla trasformazione del conosciuto in qualcosa di originale, all’attenzione ai particolari significativi ed alla ricerca di connessioni significative fra idee, fatti ed oggetti separati. L’intelligenza creativa sembra inoltre estendersi su tutte le aree dell’esistere e del sentire umano. Deve essere una qualità in grado di proiettare oltre il dato concreto, misurabile od osservabile, qualunque esperienza dell’individuo. Ma soprattutto, tale esperienza, se condotta in termini di atteggiamento creativo, diviene un fatto non più prevedibile e puramente meccanico. L’atteggiamento creativo, dunque, non può certamente essere spiegabile attraverso un approccio di tipo comportamentista in cui l’eccessivo riduzionismo, nel spiegare le azioni umane attraverso ripetute e prevedibili sequenze causali Stimolo-Risposta, non serve a rendere conto della complessità cognitiva, emozionale e motivazionale che si interpone all’interno dello schema Stimolo-Risposta. Prendere in considerazione l’agire creativo significa quindi rivalutare il valore dell’individuo umano e delle sue risorse intellettive in senso ampio. Significa anche porsi in una prospettiva di antropologia pedagogica secondo cui il soggetto educando può esprimere il suo valore di individualità e le  sue attitudini e capacità sperimentali nel rapporto con la realtà. Considerare l’agire creativo nella programmazione pedagogica significa dare dignità all’intelligenza, significa rimarcare il fatto che l’individuo umano è un essere complesso ed imprevedibile. L’intelligenza, secondo questo assunto, verrebbe valorizzata come strumento a vantaggio della capacità e della libertà del pensiero, a servizio di un atteggiamento critico, riflessivo e sperimentale sulla realtà. Si può ben comprendere il legame a doppia catena fra modello educativo e modello culturale e politico della società. L’intelligenza creativa sembra porsi come àncora di salvezza contro stili di pensiero e di comportamento omologanti ed acritici.

A sostegno di tale tesi si può citare l’esperienza pedagogica dello psicologo statunitense Lawrence Shapiro, fra i cui programmi per l’apprendimento delle capacità interrelazionali, prosociali e della regolazione delle emozioni, può essere evidenziato a questo proposito un curioso esercizio didattico, che egli propone soprattutto a bambini dai tre ai sei anni. Egli, in pratica, dopo aver posto un oggetto all’attenzione dei bambini (p.e. un bidoncino di plastica), chiede al gruppo di elencare tutti i possibili usi alternativi a quello più comunemente appropriato. In questo modo, il noto psicologo dell’età evolutiva e della famiglia, esorta i bambini a superare la cosiddetta fissità funzionale dell’oggetto, ed a procedere alla ricontestualizzazione dello stesso. In questo modo, ciò che prima veniva visto come bidone può ora essere considerato, per fare qualche esempio, come vaso per una pianta, come palo di una porta di calcio, come contenitore per piccoli giocattoli, oppure ancora come strumento musicale. Da tale aspetto si può successivamente procedere alla realizzazione di un compito di gruppo, in cui l’intervento concreto manipolativo da parte dei bambini porterà l’oggetto ad assumere a tutti gli effetti un altro aspetto e un’altra funzione. Shapiro, in questo modo, guida il gruppo al confronto, alla mediazione, alla necessità di escogitare tutti insieme un unico progetto. Tale compito è particolarmente arduo se rivolto a bambini così piccoli, spesso non ancora in grado di assumere ruoli fissi, di rispettare la turnazione del confronto verbale o le regole dei giochi strutturati. Ma ciò che più conta è che lo specialista mette in relazione tale capacità creativa con la capacità sociale di mediazione dei conflitti, di raggiungimento di compromessi e di soluzioni pacificatorie rispetto al problema. La faccenda si fa oltremodo interessante.

In pratica, la creatività, da un piano strettamente cognitivo, viene promossa ad un livello di funzionalità sistemica; perciò, guardare un oggetto e cercare di attribuirgli altre valide funzioni, potrebbe sollecitare la crescita di capacità di negoziazione sotto l’aspetto sociale, politico e progettuale in genere. L’uso della creatività apre di certo un ventaglio di ipotesi diretto alla soluzione di un problema, perciò questo aspetto può trovare spazio nell’ambito dei luoghi di confronto e di mediazione.

Naturalmente, la creatività dovrebbe essere in ogni caso legata a nobili princìpi universali, analogamente all’intelligenza, con la quale si possono costruire aerei per viaggiare o bombardieri per uccidere.

Forse, il compito dell’educazione alla creatività non si esaurisce nell’apprendimento dell’uso della stessa, ma deve essere in un certo qual modo disciplinato a una sana formazione integrale dell’individuo. In breve, la creatività deve essere diretta a scopi salutari e prosociali.

Secondo una valida impostazione pedagogica sarebbe dunque auspicabile promuovere la vera funzione essenziale dell’intelligenza e della mente umana. Il compito di quest’ultima, infatti, secondo il pedagogista e filosofo americano John Dewey (1859-1952), consiste nel liberare l’esperienza dalla routine, di promuovere una pragmatica dell’interagire col mondo che permetta a ciascun soggetto di espletare azioni che modificano i dati dell’esperienza, in vista di un atteggiamento innovatore e ri-costruttivo. In questo modo l’individuo si emancipa da un tipo di approccio meccanicistico vincolato ai criteri dell’efficientismo tecnico; in sintesi ora egli non è più obbligato a ripetere sequenze già note e preformate, ma può immaginarsi nuove combinazioni dei dati di realtà, crearsi nuovi percorsi di apprendimento, agire secondo nuove modalità di approccio con la realtà e creandosi gli appositi strumenti in funzione di ciò che è desiderabile.

L’intelligenza creativa viene così descritta secondo i termini di un agire e di una prassi a servizio delle nuove ipotesi di realtà generate dalla ricerca e dalla motivazione di nuove esperienze. Una pedagogia impostata secondo questi criteri potrebbe dare luogo a un modello educativo di forte ispirazione umanistica e antropocentrica.

Accettare ed accogliere a livello pratico-progettuale il concetto di creatività significa accreditare alla stessa una forza espressiva innovatrice, una funzione di revisione critica della realtà, uno strumento in grado di far prendere coscienza del proprio ruolo sociale ed esistenziale. La scoperta del proprio senso dell’esistere crea un orientamento personale che assume una funzione culturale ed etica, con la conseguente possibilità di formare coscienze critiche e responsabili sotto ogni aspetto. La creatività rivela propriamente la sua funzione formativa ed assiologica, ponendosi su una linea di continuità evolutiva che giustifica l’educazione permanente. Ciascun individuo è richiamato così a trovare se stesso, ad espletare il proprio ruolo, a rivelare capacità latenti, ad assumere funzioni di responsabilità prosociale. In questo modo, l’esistenza non è più un fatto soltanto subìto, vissuto eventualmente come elemento prevaricante ed immodificabile.

L’atteggiamento creativo apre una speranza dell’agire che rivaluta, rilegge e ricostruisce il mondo secondo nuove tensioni del pensiero e dell’azione, in grado di elevarci a protagonisti attivi della storia e della realtà.La creatività ci richiama in questo caso a noistessi, ci incoraggia a diffondere lo sguardo in un abbracciototale alla realtà, considerandone gli aspetti complessivi.

Tale qualità mentale, inoltre, rivalutata positivamente dentro un orizzonte pedagogico, offre ai processi educativi la possibilità di pianificare gli interventi col fine di far esercitare tutte quelle attitudini e risorse personali che tradizionalmente sono congelate da forme di apprendimento stereotipo, meccanico e quantitativo. Tutta l’attività creativa in genere può condurre allo sviluppo di una sensibilità emotiva che arricchisce l’esperienza interiore e favorisce un migliore autocontrollo ed autopercezione del Sé, suscitando al tempo stesso l’attività immaginativa e la coscienza dei propri sentimenti e dei propri pensieri. In pratica, la pedagogia che assume la creatività come possibile strumento per raggiungere determinati obiettivi può rivalutare la dimensione integrale dell’individuo, può evitare nello stesso la scissione fra i due emisferi del cervello, poiché avrà il compito di esercitarne sia l’aspetto logico, deterministico e causalistico (proprio dell’emisfero sinistro), che le funzioni espressive maggiormente legate all’intuito ed alla emozionalità (proprie dell’emisfero destro).

In questo senso, tale concezione unitaria mette veramente al centro di ogni progetto educativo l’utente che ne è destinatario. L’individuo è in tal modo sollecitato ad interagire attivamente con la realtà, a diventarne costruttore, ad agire secondo ipotesi ri-generative dei dati dell’esperienza.

Mediante l’atteggiamento creativo, l’individuo diventa produttore di realtà; egli sperimenta nuovi orizzonti esistenziali, produce una attività combinatoria che non si avvale soltanto dei dati conosciuti, ma vi aggiunge l’ispirazione profonda e personale, causando cioè un atto che introduce l’elemento sorpresa o, più propriamente, l’atto creativo. Questo è dunque ciò che per sua natura può essere ora più chiaramente distinto dall’accomodamento.

Nell’atto creativo, infatti, la riequilibrazione delle strutture è continuamente messa in discussione e sollecitata al tempo stesso da qualità dellamente che hanno a che fare con istanze profonde ed ignote. L’atto creativo rimette in funzione l’emisfero destro del cervello, con la conseguente metafora pedagogica circa l’importanza di stimolare l’uso della mano sinistra, guidata dall’emisfero destro, quindi simbolo di azione ri-costruttiva e ri-generativa del mondo.

Ciò che è importante sottolineare, a fronte dell’obiettivo proposto in tale capitolo, è che nel parlare della mentecreativa viene inevitabilmente messa in risalto lacomponente della rilettura della realtà, e la capacitàdi allargare un ventaglio di ipotesi sulla rappresentazionedella stessa.Questo è un tema costante, la cui ricorrenza si lega evidentemente alla sua importanza. Il pensare possibili mondi diversi può infatti modificare le modalità di approccio nei confronti dello stesso. È già stato messo in evidenza il notevole legame che intercorre fra pensiero ed azione. Quando il pensiero è creativo, cioè ha le caratteristiche della lateralità e della flessibilità cognitiva, influenza una prassi di tipo sperimentale e tendente alla generazione di nuove cose, sia in termini propriamente oggettuali che esperienziali. Ma la creazione di modi nuovi  e diversi di concepire la realtà e i percorsi del proprio pensieroattiene a quella capacità detta metacognizione. Conquesto termine ci si riferisce alla conoscenza che ciascunopossiede circa i propri processi cognitivi ed i prodotti ad essiconnessi. La metacognizione riguarda il controllo attivo, laregolazione e il monitoraggio dei processi e degli oggetti delpensiero.

Questa capacità, come spiega lo psicologo culturale Jerome Bruner in una brillante sintesi, è quella forma di attività mentale in cui il pensiero ha come oggetto di osservazione il pensiero stesso. Difatti, meta significa oltre, e cognizione è tutto ciò che afferisce al complesso mondo del pensiero e della ragione. Il pensiero cioè, ponendosi in una dimensione superiore, riesce a pensare se stesso, o meglio ne esplora il processo, ne analizza l’evolversi e la strutturazione. Ciò evoca piuttosto spontaneamente il concetto dell’autoriflessione, che si esprime come qualità della metacognizione, e di cui si può facilmente intuire la sua importanza a livello del processo di conoscenza di se. Richiama anche, allo stesso tempo, il concetto del decentramento, cioè della capacità di osservare se stessi assumendosi come oggetto di studio, con tutte le immaginabili positive implicazioni riguardo a competenze personali quali mettersi in discussione o fare costruttiva autocritica o sana autoironia.

Tutte queste componenti, ancora una volta, richiamano la strutturazione di un sistema più complesso in grado di caratterizzare per esteso tutte le varie aree dell’essere e dell’esprimersi.

È questa qualità totale e totalizzante che viene qui chiamata creatività. Essa sembra avere dunque un rapporto di gemellaggio non certo trascurabile con la sfera della metacognizione, usando la medesima come strumento per soddisfare l’istanza più profonda ed autentica del Sé, ovvero l’individuazione. Lo sviluppo della metacognizione, dunque, rende l’individuo capace di astrazione rispetto alla propria esperienza ed ai propri sistemi di credenze e di pensiero, liberandolo magari da strozzature o distorsioni del pensiero della realtà, riammettendolo ad assumere un ruolo attivo ed integrato nella realtà sociale. In questo senso, la creatività si propone addirittura come strategia terapeutica, e se la metacognizione offre la conoscenza sul proprio sapere e sulle proprie modalità di raggiungere ed elaborare il sapere, la creatività sembra aprire alla conoscenza sul proprio essere e sulle strategie più idonee nel sostenere il processo dell’individuazione.

È un tema che si è particolarmente affrontato nel capitolo dedicato al rapporto fra creatività e personalità.

In questo senso la creatività, come la metacognizione con cui è intimamente imparentata, si presenta come una risorsa di auto-osservazione sistematica, col proposito di proiettarci in un compito evolutivo di crescita totale, di impegno verso la cura e l’autenticità del Sé. Quando si parla di meta cognizione si può fare riferimento al modello mentale che accoglie e ricerca contrasti, dissonanze e confronti fra il proprio modo di pensare e le conseguenze esperienziali vissute, e quando si parla di creatività vi si aggiunge un nuovo elemento: la gioia di sperimentare nuove forme di apprendimento e nuovi approcci con la realtà. La metacognizione, considerata nel suo legame con la creatività, sembra realizzare un sistema dinamico in cui l’intelligenza diventa a pieno titolo uno strumento di rielaborazione dei propri vissuti esperienziali, in vista dell’espressione di un ruolo attivo nel proprio campo di azione.

L’intelligenza, col contributo della creatività, sembra riacquistare un valore di tipo qualitatevole: sembra cioè riaffermarsi per il suo essere una qualità della mente, prima che un’attitudine innata, superando la tradizionale chiave di lettura psicometrica. L’intelligenza, se viene opportunamente legata al concetto di creatività, rivaluta invece la sua funzione di riattivazione dinamica delle informazioni, fuoriuscendo così da un paradigma riduzionista che le attribuisce semplicemente un compito di apprendimento per assimilazione e per ripetizione dei dati forniti dal contesto o dall’istruzione. Spesso, nel tentativo di definire l’intelligenza, si è caduti su queste sovrapposizioni concettuali, fino ad eliminare il concetto stesso dell’intelligenza. Soltanto grazie ad una seria rivalutazione della creatività in senso pedagogico e sociale si potrà restituire all’intelligenza la sua vera natura, che è multipla, plastica e polivalente, diretta alla crescita personale ed all’affermazione del Sé.

La creatività rimette in auge un modello evoluto dell’intelligenza e del pensiero, non più mortificato da un concetto di natura squisitamente politica e culturale riguardante una rappresentazione dell’intelligenza come capacità di aderire a schemi già noti ed al sistema delle convenzioni sociali. È infatti un’operazione scorretta, sia sul piano scientifico che politico, interpretare la capacità intellettiva alla luce di quanto il soggetto riproduce della cultura di appartenenza. In quest’ottica, più una mente è conformista e soggiogata alle convenzioni culturali e più è considerata intelligente. La creatività, invece, rovescia esattamente questo paradigma. È legittimo pensare che la creatività influisca sull’atteggiamento, soprattutto dal momento in cui sollecita le capacità metacognitive; nel senso che il pensiero che esplora se stesso ed esamina le proprie strategie di strutturazione dovrebbe incoraggiare un atteggiamento di curiosità esplorativa nei confronti della realtà, ovvero un approccio creativo che si pone secondo un rapporto di reciproca influenza con le stesse strutture metacognitive.

In ambito psicoanalitico, tuttavia, la creatività è stata fortemente saldata all’atteggiamento critico, ovvero è stato definito come imprescindibile il legame fra capacità critica e creatività. Nel senso che l’inclinazione alla creatività sembra accompagnarsi inevitabilmente ad un approccio interessato a rileggere i vari piani di realtà, analizzando la complessità dei fattori in causa ed affrontando ciascun momento critico come atto di svolta, legato alla scelta ed al discernimento. La distruzione del noto, guidata da un atteggiamento responsabile e consapevole, diventa occasione di cambiamento legato alla crescita ed all’apertura di una nuova condizione diversa dalla precedente. L’atto stesso della nascita, per esempio, rappresenta una significativa esperienza di rottura con lo stadio della vita fetale, ovvero l’abbandono e la distruzione di una condizione conosciuta per accedere ad una prima fase di svincolo e di crescita che permette di dare un senso alla distruzione necessaria per il cambiamento. Mediante un percorso esistenziale caratterizzato dalla creatività, dunque, ciascuno stato di crisioffre occasioni di soluzione proiettati al miglioramentoe all’evoluzione. Se tale consapevolezza fosse pienamente presente ed assunta nelle fasi principali di cambiamento della propria vita (es: adolescenza, ingresso nel mondo del lavoro, pensionamento ecc.), forse ciascuno stato di crisi sarebbe percepito e vissuto in modo più sereno, nel tentativo di scoprire ed impiegare le parti migliori di se, limitando le eccessive preoccupazioni.

L’atteggiamento creativo, a questo punto, consisterebbe nel non avere paura del nuovo, dell’ignoto, ma si attuerebbe secondo piani di ricerca esplorativa in cui produrre il nuovo sarebbe proprio il fine auspicato dal processo creativo. Ciò che occorre evidenziare è che l’atteggiamento creativo si lega indiscutibilmente ad una questione di crescita e di espansione della propria coscienza, in un processo che vede lo sviluppo e il determinarsi di una coscienza critica. Tale fattore è assolutamente rilevante nell’ambito di una progettualità pedagogica, che mette all’apice dei suoi obiettivi la capacità di rileggere e reinterpretare la realtà evitando banali riduzionismi, pericolosi schematismi ed una eccessiva povertà del ragionamento che conduce facilmente ad essere omologati, stereotipi e di conseguenza manipolabili.

Ciò che va appreso, dunque, non è soltanto il contenuto di una nozione o di una informazione, ma vanno sollecitate le capacità metacognitive, col fine di problematizzare la realtà: generando l’abitudine di porci domande, a generare curiosità, spirito di ricerca e di approfondimento, confrontando diverse ipotesi, aspettative, ricercando di proposito la confutazione e la dialettica. In sintesi restituendo al pensiero la sua funzione principale, e all’individuo stesso un ruolo sociale non relegato alle catene dell’ignoranza, ma consapevole del bisogno di emancipare il pensiero e la propria vita. In questo caso, l’educazione assume una funzione ermeneutica, che istruisce ed alfabetizza il pensiero alla rivalutazione di ciò che è conosciuto, alla ricerca e al gusto dell’ignoto e del possibile. Il processo educativo che si dirige in questo senso, si propone con la finalità valorosa di generare apprendimento dal conflitto e dalle tensioni.

In pratica, a fronte del discorso precedente, educare alla creatività coinciderebbe, ovvero avrebbe come naturale conseguenza, l’espansione della coscienza critica, dunque una implicita finalità formativa in cui ciascun individuo prende coscienza di se stesso. In questo caso, per dirla a modo del pedagogista brasiliano Paulo Freire (1921-1997), l’approccio educativo idoneo dovrebbe essere quello della coscientizzazione, ovvero quel processo formativo che ha come finalità lo sviluppo della coscienza critica dell’essere umano. Per essere più precisi, tale coscienza prende il nome di coscienza transitiva critica, ovvero di un modello di coscienza che si è evoluta da un piano sostanzialmente passivo, ingenuo o, per l’appunto, intransitivo, ad un livello superiore di consapevolezza circa le necessità esistenziali, politiche e sociali di ciascun soggetto umano.

L’atteggiamento creativo, per riflesso, consisterebbe dunque proprio nella ricerca attiva della novità, del gusto dell’assurdo, del bizzarro, del contrasto. La creatività non è spaventata da tutto questo, anzi, è proprio questa qualità che spinge alla ricerca ed alla generazione del paradosso, dell’inconsueto, dell’illusione apparente. Si può introdurre un esempio illuminante. Immaginiamo di applicare la capacità creativa al nostro sistema di segni e di codici relativi alla struttura del linguaggio. L’obiettivo è quello di creare un metalinguaggio, quindi un significato pregnante dal punto di vista dell’esperienza che evochi suggestioni mediante l’uso di artifici legati alle figure retoriche. Queste ultime permettono,oltre che un approccio ludico al linguaggio, la possibilità di astrazione rispetto al significante apparente dei segni visibili, ovvero la capacità di giungere a valutazioni più profonde e recondite inerenti al significato.

Ecco l’esempio: la frase Mio fratello è figlio unico è una formula assolutamente geniale ideata da una mente eccellente dal punto di vista creativo. La firma è del talentuoso e brillante cantautore Rino Gaetano. È l’invenzione di un allucinante paradosso linguistico e grammaticale. Se non fosse letto mediante uno sguardo profondo, probabilmente liquideremo questa frase come priva di fondamento, semplicemente viziata da un errore grossolano. Per fortuna, le capacità di astrazione, che ci rendono conto del metalinguaggio, ci dicono che le cose non stanno proprio così. L’espediente retorico serve molto probabilmente a massimizzare il concetto della solitudine esistenziale, del distacco e dell’incomprensione, desumibile anche dal contenuto dell’intero brano, mediante acutissime considerazioni figurate ed allusive dal tono estremamente ironico ed irriverente. Molto probabilmente, anche non rendendo conto a noi stessi dei processi che ci inducono a carpire ed estrapolare il significato essenziale oltre l’apparente, tale brano potrebbe comunque suggestionarci a livello della psiche profonda (subconscio), e suggerirci comunque un senso autentico riguardo all’essenza comunicativa dello stesso.

Esiste anche un altro fenomeno assai interessante, noto come sinestesia, con cui si fa riferimento, per definizione, alla capacità di percepire corrispondenze fra percezioni sensoriali diverse. Sarebbe oltremodo interessante indagare su eventuali legami fra la sensibilità sinestetica e la capacità creativa. Gli studi sulla natura del senso estetico hanno già messo in relazione la predisposizione artistica con l’attitudine sinestetica, ed è certo che numerosi artisti fanno frequente ricorso ad artifici letterari, grafici o poetici a seconda della forma espressiva, in grado di amplificare la forza dei concetti comunicati. Tenterò di chiarire questo passo con un esempio a mio avviso pertinente. Ne Alla ricerca del tempo perduto, lo scrittore francese Marcel Proust utilizza magistralmente un linguaggio ricco di suggestioni sinestetiche. Mediante la descrizione del suo stato d’animo di “gioia violenta”, egli anticipa esperienze sensoriali frammiste: i ricordi visivi sono legati ai sapori e perfino le memorie autobiografiche si traducono in rumori intesi come moti dell’anima, in questo caso di un percepire extra-sensoriale. Sollecitando nel lettore profonde impressioni, l’autore sopraccitato crea ed invia un messaggio ad alta tonalità emotiva, combinando varie esperienze sensoriali.

Grazie a tale espediente, il linguaggio poetico rende conto del fenomeno del ricordo nascosto, della criptomnesìa, ovvero del riverbero mnestico che ruota intorno alla percezione cosciente del nostro bagaglio di reminescenze e di esperienze pregresse. Tuttavia, la percezione sinestetica, essendo considerata uno specifico stile cognitivo, affianca a dinamiche emotive e profonde anche i processi del pensiero, che si rifanno ad elementi di valutazione più tangibili e verificabili.

La metacognizione, a tale proposito, giustifica la sua presenza, perché sapere come si pensa può aiutare a costruire un dispositivo del pensiero in senso critico e riflessivo, non dominato da messaggi di pura emotività. La meta cognizione aiuta a creare un filtro che vaglia, valuta, seleziona, compara, compie processi cognitivi con maggiore maturità e consapevolezza, decondizionando da eventuali messaggi manipolatori e mistificanti. La creatività fa la sua parte sostenendo tali processi ed intervenendo a sollecitare nuove forme dell’esistere. Per mezzo della creatività, quindi, lo stesso concetto di distruzione viene arricchito e trasceso dalla rigidità semantica che gli assegna un attributo negativo, legato magari alla violenza o alla devianza. Grazie alle ipotesi di un agire creativo, la distruzione assume il significato di destruire, ovvero scombinare l’aggregazione degli elementi noti, cioè ricreare nuove condizioni, nuovi paradigmi, un inedito substrato che permette di riflettere su opzioni alternative o anche su nuovi orizzonti esistenziali.

L’atteggiamento creativo si manifesta dunque come una forma mentale che è attirata dall’originalità, dalla diversità, da ciò che si presenta come inedito e sconosciuto. Si possono ben immaginare le positive implicazioni nella costruzione di un atteggiamento creativo. Accogliere l’alterità nelle sue varie forme dell’esistere (etniche, culturali ecc.), potrebbe significare promuovere rapporti umani basati sul confronto rispettoso e pacifico fra sistemi di valore e strutture sociali molto diverse. La costruzione dell’atteggiamento creativo sembra rappresentare una vera e propria urgenza pedagogica e sociale. Tale urgenza consiste nel favorire il decentramento cognitivo, ovvero privilegiare una visione del mondo che permette di cogliere e in alcuni casi di accogliere la differenza, la diversità, la pluralità, uscendo da logiche egocentriche ed etnocentriche. Ciò che si costruisce è uno sguardo aperto, sensibile, curioso, attento, propenso a mettere in rilievo la nozione di relativismo culturale, da considerare come un possibile approccio dialogante e pacifico con la diversità culturale.

Dalla metacognizione ci si è spostati verso una chiave di lettura più ampia, che investe i campi delle relazioni sociali ed interculturali.

Ancora una volta, la creatività si accinge ad assumere funzioni e valori che si pongono al di là del campo operativo limitato all’attività cognitiva. La creatività, piuttosto, rimette in luce l’aspetto complesso del concetto di apprendimento e di esperienza, ed obbliga a valutare i rapporti fra tutte le dimensioni attinenti all’essere umano.

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