Counseling - psicoterapia - therapeia: linguistica e ordine del discorso

Inviato da Rosanna Pizzo

In ogni società la produzione del discorso è insieme controllata, selezionata, organizzata e distribuita tramite un certo numero di procedure che hanno la funzione di scongiurarne i poteri e pericoli, di padroneggiare l'evento aleatorio, di schivarne la pesante temibile materialità.
 
Michel Foucault
L'ordine del discorso Pag. 9
 
L'ordine del discorso: rituale e diritto al logos
Il tema l'ho volutamente introdotto alludendo al saggio di Michel Foucault L'ordine del discorso, il quale dimostra come gli esseri umani siano esseri nel linguaggio, con tutte le conseguenze che tutto ciò comporta, come vedremo. Aveva già osservato Gadamer, muovendo dall'ermeneutica del Novecento, il cui massimo esponente fu il filosofo M.Heidegger che la nostra intera esistenza è ermeneutica e quindi la verità è frutto di interpretazione che ne diviene sua dimensione costitutiva 1 e che essere e linguaggio sono collegati Infatti il mondo viene concepito solo grazie al linguaggio:la lingua è un luogo che abitiamo, è “la casa dell'essere”.2
Conseguentemente l'individuo è preso per così dire dal linguaggio con la sua impersonale trama di simboli e di significanti che lo costituiscono e che egli non ha creato, ma nella quale è piuttosto immerso, anzi, dominato attraverso complessi meccanismi sociali di controllo sulla comunicazione.
Già Marcuse aveva parlato della chiusura dell'universo del discorso operata da quei meccanismi che limitano la potenzialità critica del linguaggio chiudendolo all'interno di significati stabiliti e controllati da chi detiene il sapere-potere .3
Foucault farà, a sua volta un analisi dettagliata e profonda di questa tematica nel testo già citato, dicendo che il linguaggio istituisce dei condizionamenti, ma è esso stesso sottoposto a dei limiti, a precisi metodi di controllo, a procedure di esclusione, come se ci fosse “qualcosa di pericoloso nel fatto che la gente parla e che i suoi discorsi proliferano indefinitamente “4.

Che significa?
Significa che esistono determinate procedure consistenti in una serie di restrizioni che condizionano a loro insaputa i soggetti parlanti e che consentono quindi il controllo del discorso. Esse implicitamente sanciscono le condizioni che governano l'accesso al discorso , prescrivendo vere e proprie regole in modo che nessuno possa” entrare nell'ordine del discorso” se non è qualificato a farlo.
La forma più superficiale, ma quanto mai visibile anche all'osservazione della quotidianità di queste restrizioni è costituita dal rituale:esso definisce la qualificazione che devono possedere gli individui che parlano, determina i gesti, le condotte, i comportamenti, l'insieme dei segni che devono accompagnare il discorso insieme all'efficacia delle parole, l'effetto che devono suscitare su coloro cui sono rivolte, i limiti del loro valore costrittivo. Testualmente ”I discorsi religiosi, giudiziari, terapeutici, e in parte quelli politici, non sono quasi mai dissociabili da questa utilizzazione di un rituale che determina per i soggetti parlanti sia proprietà singolari che ruoli convenuti”5

Riferirò un esempio operante in tal senso che non credo abbia bisogno di troppi commenti.
Un counselor è stato denunciato per esercizio abusivo della professione di psicologo, art 110 e 348 del codice penale insieme ad uno psicologo in solido dalla IX Sezione Penale del Tribunale di Milano, l'11 giugno 2009. Alla condanna è seguito un trionfante comunicato stampa da parte dall'Ordine degli Psicologi della Lombardia.
La questione è semplice:il counselor non aveva diritto ad entrare nell'ordine del discorso ...terapeutico, in quanto non in possesso della qualifica necessaria, in quanto di specifica pertinenza del sapere-potere medico, in altri termini ha violato il rituale di foucaultiana memoria che ho sopra esplicitato.
Il counselor, dice il comunicato stampa di cui sopra, è reo di aver utilizzato un linguaggio specialistico, di cui vengono riportati alcuni brani definiti e connotati di contenuto clinico, che violano quel rituale.

Mi chiedo, visto che la formazione dei counselor, in questo caso anche psicologo, si struttura presso Scuole di formazione gestite da psicoterapeuti, quale tipo di linguaggio avrebbe dovuto utilizzare se non quello congruo al suo contesto di apprendimento, sia come counselor che come psicologo.?
In proposito ritengo auspicabile una chiara definizione dei titoli d'accesso alle Scuole di formazione, (in atto ritengo che ci sia un po' di confusione del tipo “nella notte tutte le vacche sono nere”...) l'aumento del numero di ore dedicato alla formazione oltre ad una legittimazione della professione, in modo che sia chiaro chi fa cosa e chi può entrare nell'ordine del discorso

Ma ritorniamo ai fatti in questione: l'episodio riportato privato dalla sua storicità contestuale definito nella specificità giudiziaria oltre che dal comunicato stampa fatto dall'Ordine degli psicologi già citato, impedisce una comprensione più esaustiva del medesimo, della vera posta in gioco, delle relazioni visibili e di quelle invisibili, funzionali a capire chi sta con chi e chi vuole cosa ….
Aleggiano pesantemente, però, in tutto il dispositivo che ha dato luogo alla condanna in solido dei due imputati psicologo-counselor(ma io direi che l'unico imputato è il counselor) i termini normalità – cliente, malattia - paziente quando è ben noto che dette nomenclature, sono obsolete ed artificiose perché sono solo costrutti e cioè, assunzioni logico ipotetiche funzionali alla previsione di fenomeni le cui relazioni non sono osservabili, ma deducibili dal costrutto adottato.

Anzi proprio la locuzione paziente tende ad essere obsoleta, soprattutto nel cosiddetto contesto psicoterapeutico, nel quale più spesso si preferisce utilizzare quella di cliente, termine introdotto da Rogers, com'è noto, diretto a restituire dignità ed autonomia al povero... paziente.
Di fatto un lungo percorso iniziato con Freud e proseguito con la fenomenologia, l'esistenzialismo l'antropoanalisi, l'epistemologia evolutiva di K. Popper e Lakatos, che definisce tutta la conoscenza come congetturale e quindi ritiene che la scienza si evolve in funzione di nuove teorie che superano le precedenti in quanto forniscono una migliore e più vasta comprensione di determinati fenomeni, ha fatto si che i concetti di normalità -patologia, non si escludano più a vicenda, bensì vengano coniugati in chiave non più statica ma processuale.

Sappiamo che molti sono gli studi sulla patologia, sulla sragione direbbe Foucault, ma solo in tempi recenti sono iniziate ricerche sulla normalità, considerata implicitamente scontata e condivisa dal senso comune 6
Non è un caso che già nella Gestalt therapy la locuzione malattia si tende a sostituirla con quella di malessere e che” si può essere una famiglia, un individuo normale pur in presenza di un patologia”7
Nel testo Clinica Sistemica , anziché usare la locuzione psicoterapia, significativamente si usa la locuzione consulenza, connotando così implicitamente la scelta di un approccio diretto a depatologizzare il paziente, a restituirgli dignità ed autonomia appunto come cliente.

Testualmente vi leggiamo ”Innanzitutto, sbiadisce la distinzione tra normalità e patologia. E' necessario, casomai, tener conto delle inevitabili singolarità di ogni situazione umana, influenzata da variabili numerose, quanto impalpabili, una complessità che il terapeuta non potrà mai esaurire. La terapia diventa soprattutto creazione.....”8
Per chi ha letto ”L'Epoca delle passioni tristi” certamente resterà indimenticabile Marc, il bambino superdotato, da adulto ricercatore universitario che diceva di essere l'imperatore di un fantomatico pianeta che si chiamava Orbuania. Non era stato mai medicalizzato, né ospedalizzato in un reparto di psichiatria, né tanto meno etichettato.

Seguito dal prof. Benasayag attraverso una lunga relazione che egli stesso definisce ”dieci anni di lavoro comune e di amicizia reciproca” difficile quindi da connotare nel senso tradizionale terapeuta-paziente, proprio perché il primo aveva capito, che la realtà di Orbuania, non era espressione di una credenza personale, bensì era nata e quindi esisteva in quanto esigenza, necessità che tale oggetto esistesse.
In altri termini, Benasayag aveva capito che Marc, proponeva di adottare, in ordine all'esistenza del suo Impero la “scommessa di Pascal” riguardo all'esistenza di Dio: il sintomo non era la persona, ma un suo modo di essere nel mondo, che poco ha a che fare con la medicina, e la malattia9 ma ha a che fare con la therapeia, non certo con la terapia!
Il Prof. L. Boscolo, nell'ottica narratologica (la verità è insondabile e la vita si declina attraverso le attribuzioni di significato che noi assegniamo agli eventi e attraverso la narrazione di storie che raccontiamo a noi stessi e co-costruiamo con altri significativi, storie che mutano nel tempo .....perché tutto scorre e perché la vita è più vasta dei nostri pensieri) osserva che un problema psichiatrico si cronicizza allorché viene definito con la stessa diagnosi da tre psichiatri diversi in tre contesti consultati: ”concetti come problema, psicosi, comportamento fobico, descrivono la relazione tra un osservatore e l'osservato.
Rispetto a un problema(patologia)diventa importante comprendere il significato relazionale(normalità) che coinvolge il paziente designato e il contesto in cui il sintomo assume significato”10

Quanto detto per alludere, anzi per dire chiaramente come la penso, ( qual'è la mia epistemologia con la e minuscola direbbe Bateson e cioè la mappa cognitiva che guida la mia visione delle cose) che c'è ancora chi agisce la therapeia pur chiamandola terapia! Chi vuole capire capisca, pur continuando a pensarla come vuole.
Però dal momento che quest'articolo mi è stato ispirato dai fatti di Milano, per cui, pur non volendomi addentrare in questioni di merito perché mi mancano elementi sufficienti di giudizio, vorrei comunque trasversalmente affrontarli (cosa che in parte penso di aver già fatto) ponendo alcuni interrogativi, attraverso un excursus, culturale- linguistico-istituzionale in ordine all'uso di determinate locuzioni in Italia, confrontate con altri paesi europei oltre agli Stati Uniti d'America, che certamente faranno meglio riflettere sul significato reale di questa spiacevole vicenda, ma un po' sulla situazione di disagio in cui versano alcune professioni d'aiuto, in Italia, per una voluta mancanza di chiarezza.
Terapia – Therapeia : etimologia e ordine logico...
Questa lunga premessa per argomentare sulle due locuzioni Counseling - Psicoterapia , counselor-psicoterapeuta che come abbiamo visto non si sottraggono certo al rituale di foucaultiana memoria e che quindi come vedremo si declinano all'interno dell'ordine del discorso che vige in Italia in un modo assolutamente diverso da altri paesi, in particolare quelli angloamericani, dove “una eventuale figura simile a quella del counselor, di professionista definibile in modo esclusivo come psicoterapeuta, rappresenta una fantasia esclusivamente italiana. Detto altrimenti in sostanza non esiste nel resto del mondo.”11

A questo punto ritengo importante operare una digressione per così dire etimologica, viste le conseguenze epistemologiche e pragmatiche cui rinvia la locuzione terapia che nella nostra lingua d'uso appartiene ad un ordine logico di tipo peculiarmente medico, diverso da quello rinviato dal suo significato originario e cioè therapeia, da cui deriva e che sembra sia quello cui si faccia riferimento in gran parte del mondo, tranne l'Italia.
La therapeia, cosi come evoca il suo etimo originario, per chi ha una certa dimestichezza con la lingua greca, rinvia ad un prendersi cura, assistere, essere al servizio di qualcuno.
Il verbo greco Therapeuo presenta una ricca e complessa polisemia, infatti significa curare, servire, venerare, assistere, assecondare, coltivare, portare il frutto a compimento.

Therapon vuol dire ministro, sacerdote. Si rammenta che Omero appella Patroclo come therapon di Achille in quanto suo intimo amico, suo alter ego.
Inoltre, therapeuo rappresenta la traslitterazione greca della locuzione aramaica presente nella Bibbia qerapeu/w(la troviamo anche in Aristotele, Ippocrate, ecc.). In latino la therapeia diventa ministerium (servizio, aiuto ufficio. In inglese: cure, heal, worship e quindi ancora nel suo significato originario: servire, aiutare, accudire.
Infine, come ci ricorda il prof. Perussia ai cui affascinanti itinerari filologici ho attinto, rispolverando così, le reminiscenze legate alla mia formazione classica, therapeia deriva dal verbo thero-theromai che significa riscaldo, divento ardente e da theros, calore, termine il quale allude a quella parte dell'anno, caratterizzata dalla presenza delle messi e cioè la primavera-estate ed infine peutho che vuol dire porto, annuncio. Così il significato originario, l'etimo di therapeia è dato dalla connessione, l'embricazione direi, tra thero-theros (calore) e peutho(annuncio, porto).

Da questa ricco e complesso simbolismo evocato della therapeia deriva il moderno intervento di counseling, meglio definibile secondo il professor F. Perussia come Formazione Personale, in quanto attraverso la therapeia si aiuta la persona a crescere, non nel senso di un apprendimento passivo ma attraverso un processo di trasfigurazione, che non é un in-printing, ma una crescita, come aiuto a ricercare e a sviluppare regole proprie idiosincratiche, descritte con una immagine icastica di grande vigore rappresentativo, testualmente “Non raccoglie frutti già maturi, ma ne produce di nuovi.” 12

Il contesto di questa bella metafora non può che declinarsi attraverso l'approccio psicologico di counseling che attraverso la Formazione Personale agisce i dettami originari della Therapeia, di cui ho già detto.
Con la locuzione psicoterapia propriamente, invece ci si riferisce ad un approccio diretto alla cura della malattia mentale, considerata una deviazione dalla normalità, definita a sua volta attraverso parametri ben precisi diretti ad identificare disfunzioni della fisiologia neurologico-mentale (diagnosi) funzionalmente ad una prognosi e quindi ad una cura attraverso dispositivi tali da consentire il ritorno alla normale fisiologia mentale.
La terapia... medica infatti, si riferisce alla malattia fisica (quadro nosografico) e quindi a quei dispositivi messi in essere dalla medicina per curare le malattie del corpo.13

L'identificazione di una malattia, comporta che la cura deve essere condotta, applicata in maniera puntuale e precisa, deve esserne verificato il decorso e quindi l'efficacia dei dispositivi scelti, in modo da poterli eventualmente cambiare, sempre rispetto ad un obiettivo di guarigione .
La psicoterapia, come viene considerata di fatto sfugge a tali criteri, in quanto per lo psicologo è difficile diagnosticare con gli stessi criteri della medicina “applicando strumenti terapeutici specifici, definendo una prognosi, dei criteri oggettivi di valutazione e modificando le proprie azioni successive in base ai risultati”14
Infatti come scrive R. Carli ”a differenza della clinica sanitaria dove la domanda può essere accettata e validata dal medico, oppure rifiutata, perché incongrua rispetto al procedimento diagnostico e terapeutico, il vero sintomo del paziente è la domanda e come essa si presenta, si declina e si dispiega nel rapporto con lo psicologo stesso.15

Purtroppo, vige la confusione tra intervento psicologico e psicoterapia.
“Avviene infatti con una certa frequenza che una persona si rivolga allo psicologo per favorire la propria formazione personale e che lo psicologo definisca il proprio contributo professionale al riguardo come psicoterapia. Si possono identificare molte ragioni per tale curioso gioco delle parti , che incrocia convinzioni di natura genuinamente scientifica e filosofica con obiettivi di natura economica e corporativo sindacale”.16
Anche qui chi vuol capire capisca!.L'ideologia, di marxiana memoria come falsa coscienza, impera nelle cose di questo mondo!

 
La Psicoterapia ...nel resto del mondo
Proverò a sintettizzare le lunghe e colte argomentazioni del prof. Perussia nel bell'articolo “Cum Sol: Immagini del counselor” che egli ha pubblicato qualche tempo fa nel Giornale di psicologia, e che ho già citato peraltro nel mio precedente articolo ”Il counseling (consulenza) in Italia: alcune precisazioni per una condivisione di senso”, in cui egli sottolinea (un'informazione che probabilmente sfugge a molti) che in tutto il resto del mondo occidentale ci si riferisce a vari interventi di aiuto che si rivolgono alla persona nella sua soggettività e che cercano di affrontare il problema della salute mentale e del benessere psicologico. Ma in nessuna cultura a parte quella italiana si crede che tali interventi siano di pertinenza di una persona in particolare o di una categoria professionale esclusiva.

Nel mondo in genere non si fa una grande differenza tra counselor, psicologo, assistente sociale, psichiatra, psicoterapeuta, animatore, psicoanalista: la differenza sostanziale invece è data dai titoli di studio, dalle attività di ricerca, dai contesti di riferimento, dalle richieste degli utenti .(se riflettiamo su quanto accaduto al malcapitato counselor, i titoli di studio posseduti e i suoi percorsi formativi non costituiscono qualifica di accesso all'ordine del discorso il cui rituale è stabilito dall'altro Ordine quello professionale degli psicologi... cui egli non appartiene e quindi nemmeno il suo discorso).

Il concetto di psicoterapia sia nei paesi di lingua inglese come nel resto dell'Unione Europea si declina in modo molto generico, tant'è che viene esercitata da molti professionisti come quelli su menzionati, che ovviamente pur agendo la therapeia e quindi pur prendendosi cura di qualcuno mantengono le loro qualifiche legate al titolo di studio conseguito, oppure sono iscritti ad un associazione come quella dei riabilitatori, degli animatori, degli psicologi, ecc...
Comunque la maggiore assimilazione tra denominazioni professionali è quella tra counselor e psicoterapeuta e tra l'altro nell'uso anglofono il counselor non è diverso dallo psicoterapeuta o da chi cerca di dare un consiglio o dall'orientatore .

Una tipica espressione anglosassone che rende bene l'idea è infatti “psychoterapists, counsellors and other members of the talking therapies (che vuol dire più o meno ...psicoterapisti, counsellor e altri membri che si occupano della terapia attraverso la parola)17
Conseguentemente ci si riferisce alla psicoterapia in senso generico alludendo ad una modalità di approccio che può attenere alla competenza di molte professioni, che La agiscono secondo specificità diverse.
Nessuno pensa che un'attività siffatta possa rappresentare una competenza tecnica specialistica di un gruppo o di un associazione più o meno sindacalizzata.
In tutto il mondo conosciuto quando si fa riferimento al counseling o a un supporto psicologico, e o psicoterapeutico si allude al fatto che una persona sta agendo in un particolare momento un'attitudine terapeutica che non è codificabile nella categoria professionale di psicoterapeuta...in quanto ......testualmente “dimensione costitutiva di molte attitudini professionali non è una specie di titolo nobiliare o di cavalierato18.

Detto più chiaramente qualsiasi professionista appartenente alle professioni d'aiuto e o sanitarie è (psico)terapeuta, nel senso della therapeia, mentre si 'prende cura di qualcuno'...e per ovvie ragioni, considerato che in ballo è ovviamente la psiche e non il corpo oggetto della scienza..stretto senso..
In nessun Paese esiste una legge che disciplini la “professione di psicoterapeuta “.
Inoltre nei paesi di lingua inglese la figura del cosiddetto “psicoterapeuta" è molto lontana da quello che noi intendiamo con questo appellativo, considerato che da noi una legge italiana prescrive che sia uno psicologo o un medico certificato in maniera specifica come psicoterapeuta.

Il termine angloamericano nella relativa lingua d'uso, che può essere assimilato al suddetto, utilizzato anche nella letteratura scientifica è quello di “shrink”, strizza(cervelli) con il quale si allude più alla figura dello psichiatra che a quella dello psicologo.
Infine, come dice il Prof. Perussia, nel mondo (quello civilizzato dico io, ...senza polemica) in genere gli ordini - corporazioni professionali non trovano posto, non esistono, d'altro canto essi sono vietati negli Stati Uniti, a difesa della democrazia e della concorrenza, basti pensare alle leggi antitrust.
A livello internazionale la figura dello psycoterapist, è rintracciabile nel fatto che l'uso di detto termine si riferisce spesso alla malattia mentale vera e propria e quindi la figura cui si attaglia è soprattutto quella di un medico o uno psichiatra: difficilmente sarà quello di uno psicologo.

Per concludere nelle rilevazioni di Eurobarometro, cioè della struttura di ricerca ufficiale diretta a rilevare le opinioni nell'Unione Europea, una categoria professionale separata di “psicoterapeuta”, tra i molti fornitori di servizi alla salute in genere e al benessere mentale in particolare non esiste(Eurobarometro 2006).
Infine, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a proposito degli stati ansiosi indica come modalità elettiva di intervento il counsiling psicologico che chiama “supportive therapy, mentre non cita alcun psicoterapeuta (né cita alcuna fantomatica psicoterapia) nel fondamentale documento relativo alle linee programmatiche di intervento nella cura dei problemi mentali.19

11969 Martin Heidegger Essere e Tempo, Milano, Longanesi 1927
2Gadamer H.G.Verità e Metodo, Milano, Bompiani,1975
31964, H. Marcuse, L'uomo a una dimensione, Einaudi, 1967
41972, Michel Foucault, L'ordine del discorso, pag 4, ed Einaudi
5Ibidem pag 20
6Sistemica a cura di Umberta Telfener e Luca Casadio ad vocem NORMALITA'/PATOLOGIA, pag 423 ed Bollati Boringhieri, 2003
7Sistemica ibidem pag. 423
8Luigi Boscolo, Gianfranco Cecchin, Lynn Hoffman e Peggy Penn, Clinica Sistemica, pag. 18, ed Bollati Boringhieri
9Miguel Benasayag, Gerard Schmit, L' Epoca delle passioni tristi, pagg.85, 86, 87, passim, ed Feltrinelli economica 2007
10Ibidem, pag 424
11Felice Perussia , Università di Torino, Cum sol:Immagini del counselor Giornale di Psicologia it, Vol. 1, No 2007, pagg. 47, 48
122004, Felice Perussia , Regia Psicotecnica, Tattica della Formazione Personalepag.pagg. 18, 19, 20 21 ed Guerini Studio Milano
132004, Felice Perussia , ibidem, pag.14
14Ibidem, pag. 15
15Carli R. Fenomenologia dell’adattamento sociale, in Nuove questioni di psicologia. La Scuola, Brescia, 1972.
16Regia psicotecnica, op.citata pag 21
17Cum sol op. citata pagg. 48, 49
18Ibidem, pag 48
19Cum Sol:Immagini del counselor, op. citata, pag 51

Rosanna PizzoRosanna Pizzo
Consulente relazionale (counsellor), esperto dell'ascolto e della comunicazione e del processo di aiuto alla coppia, alla famiglia, al singolo e all'adolescente.
http://www.counsellingrp.net
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