Intersezioni complesse del lavoro di gruppo


Intersezioni complesse del lavoro di gruppo

Foto di Arek Socha da Pixabay

 

 Che il lavoro di gruppo sia considerato soluzione efficace in ogni ambito, lavorativo aziendale sportivo e in ogni attività è dato certo che appena confligge con la propensione individualistica che amerebbe poter siglare come personale successo ogni impresa a cui ci siamo dedicati.

Ciò che tuttavia frequentemente sfugge anche a chi ne fa una bandiera per ogni scelta della vita, per chi si autoproclama disponibile sempre al confronto con l’altro e capace di accoglierne suggerimenti, è il come esercitare consapevolmente ed efficacemente il proprio ruolo in ogni fase e momento dell’attività di gruppo. Il lavoro di gruppo o in gruppo, il lavoro d’équipe, il team di lavoro, comunque vogliamo definirlo, ha bisogno di regole certe e condivise e in questo non è affatto diverso da una qualsiasi attività progettuale: ha bisogno che sia chiaramente definito l’obiettivo finale, che sia accettata la leadership del coordinatore, che siano esplicitati i tempi, i ruoli che i partecipanti eserciteranno concordemente vòlti all’obiettivo e la scelta della strategia da seguire, ma, per quanto indispensabile, questa struttura non è sufficiente a garantire il raggiungimento dell’obiettivo.

Altri elementi, sottendono all’efficacia di un lavoro di gruppo, in primis che il gruppo sia tale non solo di nome ma anche di fatto, costituito cioè da persone che sono motivate ad agire all’unisono per un obiettivo comune che ciascuno sente importante anche per se stesso. Se questa condizione non è data, in realtà il gruppo non esiste e gli esempi di lavori così detti di gruppo durante i quali tutto il peso della strategia e delle scelte abbia pesato sul partecipante più disponibile o più capace, sono numerosissimi e ben noti alla nostra memoria di alunni quando –per mancata capacità organizzativa docente- associavamo lavoro di gruppo a pausa da ogni applicazione in attesa che qualcun altro svolgesse da solo il compito di tutti nel gruppo. Il fraintendimento non alligna solo nelle aule scolastiche, ma è ben inserito…ovunque e a tutti i livelli di responsabilità.

Per questo specifico aspetto, il web e la rete offrono un supporto molto positivo, perché inducono a lavorare con partners che sono legati a noi “semplicemente” dalla condivisione di un preciso obiettivo e con cui ci si confronta secondo conoscenze abilità e competenze. È un bel modo, del tutto indolore, di liberarsi dai molteplici condizionamenti che il vis à vis non di rado induce, come la percezione a pelle di antipatia, di diffidenza, ecc…

Dunque il gruppo diventa tale quando, che ci si conosca da tempo, da poco o affatto, ciascuno si sente coinvolto nell’attività in doppia veste, come individuo per ottenere obiettivi che ritiene utili per sé e come collaboratore in quanto parte del gruppo. Impossibile sperare che dia il meglio di sé chi nel gruppo mantenga la convinzione che stia lavorando solo per gli altri o come gli altri hanno deciso per lui/lei. Legittima la domanda: quanti gruppi veri abbiamo conosciuto?

Certamente non è responsabilità dei singoli, perché la cura  della crescita del gruppo spetta al conduttore ed elettivamente al tutor (come la responsabilità che la classe impari a vivere la condizione di gruppo coeso e di interdipendenza tra unicità e collegialità, in ogni aula è dei docenti); spetta a chi è osservatore e conduttore individuare modalità di intervento e strategie relazionali utili di fronte alla particolare situazione che ha di fronte, allo scopo di armonizzare e ridurre asperità di temperamento, diversità oppositive, indurre apertura a piccoli cambiamenti, favorire dinamiche di gruppo fino ad ottenere tra tutti i partecipanti reciproca fiducia.

Se talvolta dunque abbiamo immaginato che lavorare in gruppo voglia dire lavorare di meno, abbiamo preso un abbaglio: lavorare in gruppo significa lavorare su due fronti (individuale e collegiale) e significa ancora allenarsi a prevedere eventuali difficoltà e a come risolverle insieme agli altri. Altro elemento, questo, che ci è poco consueto: accettare che la soluzione di un problema sia la risultante maturata dal concorso di più voci e non sia semplicemente la nostra, il che comporta anche frenare il nostro ardore decisionale, accettare che i tempi siano più lunghi di quelli che avremmo noi ottenuto. Da questo difficile e continuo lavorio, dipendono tante altri elementi che possono determinare la riuscita o meno dell’intero lavoro. In fondo, la riuscita di un gruppo di lavoro è la risultante della sfida che ognuno dei partecipanti ha deciso di intraprendere per volgere ogni momento del lavoro e ogni situazione relazionale in positivo, come supporto necessario a raggiungere l’obiettivo prefissato.

E ogni sfida richiede pieno coinvolgimento di ogni energia e competenza. Siamo pronti per un autentico lavoro di gruppo?

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

 

 

 

 

 

 

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