Liquidità, complessità, progettualità: contributi pedagogici (Chapter 3)

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"Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
 
Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa. 
Se ci incontreremo sarà bellissimo; 
altrimenti non ci sarà stato niente da fare." F.Perls


Perché la Gestalt?
A mio avviso in questo testo, meglio conosciuto come “la preghiera” della Gestalt” è racchiusa la risposta alla domanda che ci siamo posti: perché la Gestalt? La prima volta che l’ho letta, il mio scetticismo e il bisogno di “controllare” tutto, mi hanno portato a rifiutare queste parole, a non coglierne il significato profondo che esse, in realtà, hanno. Ma, nel contesto che abbiamo illustrato, dove le relazioni non hanno più confini, dove la velocità è il segno distintivo delle stesse, dove la conoscenza superficiale dell’altro sfocia nella pretesa illusoria di sapere tutto dell’altro, tale “preghiera” assume un valore anche più rilevante.

 


Qui Ed Ora
Gestalt è qui ed ora! Tre paroline abusate al giorno d’oggi: tutto è qui ed ora, tutto è presente, tutto è momento, e in questa cornice tutto è permesso, in quanto presente che tra 5 minuti non ci sarà più e allora posso permettermi di essere chi non sono, o meglio posso permettermi di essere ciò che non voglio ri-conoscermi.

Ma il qui ed ora gestaltico ha tutt’altro significato, è l’esatto opposto della velocità: il qui ed ora è sentire, è permettersi di ascoltarsi, è darsi un tempo presente contrapposto alla rincorsa veloce del tempo futuro e alla lenta pesantezza del tempo passato. Il qui ed ora è l’unico tempo in cui io sono “presente” a me stessa, è un tempo ed un luogo dove posso essere autentica rinunciando a tutte quelle “maschere” che la vita, a volte, mi costringe ad indossare.

Figura/Sfondo
È un concetto che personalmente mi è molto caro, in quanto mi ha insegnato a non dover essere “al top” in ogni momento. Ho sempre immaginato la figura/sfondo, come una danza, un andare e venire degli elementi che compongono la nostra vita, delle persone, dagli avvenimenti, di ciò che ci accade quotidianamente: immaginate il teatro, immaginate di trovarvi sul palco, immaginate che state “recitando” la vostra vita. Ci saranno momenti in cui sarete al centro della scena, momenti in cui la vostra voce sarà l’unica che risuonerà nel teatro, momenti in cui i riflettori saranno puntati solo su di voi…. e poi ad un certo punto, la vostra figura, passa in secondo piano, emergono gli altri attori che fanno parte della troupe, si prendono il palco, si prendono la scena, e voi o sarete in fondo al palco, o addirittura dietro le quinte…

Ma tale movimento è fondamentale! Provate a pensare: a cosa comporterebbe essere in scena in ogni momento della vostra vita….? Non è così difficile da immaginare in realtà, visto che oggi siamo sempre sul palco, siamo sempre sotto i riflettori. Alcune frasi ci faranno capire meglio cosa intendo:

…Siamo sempre connessi...
…Il cellulare è sempre acceso…
…Siamo mamme, donne, lavoratrici, figlie, nonne, tutte nello stesso momento….
…Siamo uomini sempre presenti, attenti alle nostre donne, ma anche a noi stessi, al nostro fisico e alla nostra capacità di stare nella relazione…
…Siamo vegani, vegetariani, attenti al fisico, attenti alla salute, attenti a ciò che indossiamo…

…Siamo lavoratori h24, sempre pronti a rispondere alle richieste…
…Siamo degli ottimi organizzatori del tempo libero, perché il tempo libero deve essere un tempo di qualità….


La figura/sfondo mi permette di riappropriarmi del mio tempo, mi permette di stare dietro le quinte, per “riprendere fiato”, per ricaricare le pile, mi permette di dare spazio all’altro, all’ambiente, e di poter anche cogliere ciò che non potremmo cogliere stando sempre davanti ad una luce, perché inevitabilmente ne sarei mi accecato

La Consapevolezza
Altro termine abusato al giorno d’oggi: ogni volta che sento qualcuno parlare di consapevolezza ed ogni volta che ho sentirlo dire “oggi mi sento consapevole”, mi chiedo sempre se sappia veramente cosa voglia dire essere consapevole.

Partiamo dal presupposto che nel momento in cui il processo di consapevolezza si “affaccia” in noi, è impossibile fermarlo nel tempo per poter semplicemente definire: sono consapevole. La consapevolezza è un sentire, è un momento, un attimo in cui si può sentire l’unitarietà del sé, è un momento in cui il tutto fa parte del niente e viceversa, ma anche definirlo come momento è un errore, in quanto non è possibile catalogare la consapevolezza, non è possibile interrompere la propria quotidianità per fermarsi ad ascoltare la consapevolezza. Non possiamo estraniarci dall’esperienza mentre l’esperienza stessa è in corso!

La consapevolezza, la si vede, la si osserva nel fluire quotidiano dei giorni, è nelle nostre parole, che cambiano e che producono cambiamento, è nei nostri gesti, diversi ma allo stesso tempo simili, è nell’accettazione di me, delle mie parti più nascoste, quelle che rilegate in quell’angolino buio…

È possibile definire, ciò che ci porta alla consapevolezza, è possibile identificare quali sono i passi necessari per arrivare alla consapevolezza, è possibile imparare a sentirne gli effetti, ma non è possibile “fermare” il momento di consapevolezza.

L’esperienza
Gestalt è esperienza! Esistono poche pubblicazioni, pochi scritti sull’argomento Gestalt, perché la Gestalt è esperienza. Tutto ciò che accade appartiene al momento in cui sta accadendo, ed il momento è pratico, esistenziale, concreto, perché la gestalt è vita e la gestalt è viva e solo facendo l’esperienza di vita possiamo incidere concretamente sulla vita delle persone, sulla nostra, sul cambiamento e produrre una nuova vita, una nuova gestalt.

Più scrivo di Gestalt, più non riesco a fermarmi, ogni volta che la tastiera mi fa comporre una parola, una frase, immediatamente la mia mente produce un nuovo pensiero che ha questa valenza: <<…devi scrivere anche delle polarità, dei livelli dell’esperienza, delle modalità di resistenza al contatto, del ciclo di contatto, dei devo e dei voglio, del confine di contatto…>>, ma finirei con lo scrivere un trattato di Gestalt e non è di certo questa la mia intenzione.

Torno alla domanda: perché la Gestalt…

Forse perché, semplicemente, la Gestalt mi permette di essere me stessa nella relazione con l’altro e permette all’altro di essere se stesso, è una libertà ed un privilegio di pochi ormai, è la possibilità di stare nella relazione senza perdersi (tra l’altro una delle più grosse paure dell’uomo di oggi)!

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