Le fasi del colloquio di aiuto

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Il colloquio di aiuto presuppone fondamentalmente sei fasi:

-        accoglienza

-        elaborazione

-        esplorazione

-        comprensione

-        consapevolezza

-        azione

 

 

L’accoglienza

Essenziale in una relazione d’aiuto è favorire un buon rapporto tra counselor e cliente, per questo motivo i primi incontri assumono un’importanza considerevole.

Nei primi colloqui della fase di accoglienza il cliente in difficoltà deve essere aiutato a riconoscere i propri punti di intollerabilità senza giudicarsi per i propri difetti, i propri limiti o le proprie mancanze, ma accettandosi incondizionatamente.

L’accoglienza deve realizzarsi attraverso una conversazione guidata, durante la quale cliente e counselor si scambiano idee, emozioni e informazioni per raggiungere, sulla base di un accordo profondo ed equilibrato obiettivi concreti e realizzabili.

In termini operativi, affinché si realizzi la fase di accoglienza è necessario che il counselor, in primo luogo, presti attenzione al cliente in modo da coinvolgerlo nel processo d’aiuto. “Prestare attenzione” richiede la capacità di comunicare ai clienti un interesse totale e incondizionato. Prestare attenzione è il prerequisito attraverso cui chi aiuta concentra le abilità di ascolto e di osservazione (verbali e comportamentali) con cui i clienti esprimono le loro esperienze e i loro vissuti.

In questa fase, quindi, è essenziale che il counselor crei una relazione di reciproca fiducia attraverso una concentrazione intenzionale non strutturata, che accolga sia quanto il cliente dichiara con le parole, sia quanto esso esprime con il corpo.

Un secondo passo nella fase di accoglienza consiste nel rispecchiamento di quanto il cliente comunica al counselor sia a livello verbale sia a livello non verbale. Il rispecchiamento è una forma di comunicazione profonda idonea a favorire uno stato di “esclusiva accettazione”del cliente e la creazione di un rapporto empatico positivo.

 

Il rispecchiamento può avvenire a diverse livelli:

-        a livello non verbale, quando si riproducono la posizione, i gesti, i movimenti, il respiro, l’espressione del viso dell’altro;

-        a livello paraverbale, quando si riproducono il tono, il volume, il timbro di voce dell’altro;

-        a livello verbale, quando si utilizzano i predicati verbali di uno stesso sistema rappresentazionale e i metaprogrammi dell’interlocutore.

 

A livello verbale il rispecchiamento deve avvenire attraverso la ri - enunciazione di quanto l’altro va dicendo, attraverso la parafrasi e la verbalizzazione.

Ricordiamo che la parafrasi consiste in una riformulazione sintetica e chiarificatrice dei contenuti del messaggio di chi sta parlando al fine di ampliarne la comprensione cognitiva in merito al problema che vuole risolvere e di offrirgli la consapevolezza di essere stato compreso.

La verbalizzazione è, invece, una forma di supporto verbale che riformula gli stati d’animo contenuti nel discorso del cliente per facilitarlo a mettersi in contatto con gli aspetti emozionali del suo enunciato e a porre in risalto il significato soggettivo che attribuisce alle proprie esperienze.

Ricordiamo che per favorire il raggiungimento di una fase di accoglienza che risulti positiva, il counselor, dovrà sospendere il giudizio, relativo al contenuto di quanto il cliente va dicendo, legato a valori e opinioni personali.

 

L’elaborazione

Questa fase presuppone la comprensione del messaggio e si concentra fondamentalmente su cinque dimensioni:

-        Contenuto: nella quale si tiene conto di che cosa il cliente vuole informare il counselor e cosa pensa in relazione all’oggetto della comunicazione.

-        Autorappresentazione o rivelazione di sé: nella quale si tiene conto del modo in cui il cliente implicitamente o esplicitamente si mostra o desidera essere riconosciuto dal counselor.

-        Appello o richiesta: nella quale si tiene conto di che cosa il cliente in modo implicito o esplicito appella il counselor a pensare, credere, fare o non fare.

-        Relazione: nella quale si tiene conto di come il cliente percepisce la relazione in corso e come intende modificarla.

-        Espressione: nella quale si tiene conto dei vissuti relativi a ciò che il cliente dice, ossia i sentimenti, le emozioni, gli stati d’animo che il soggetto prova ed esprime.

 

L’esplorazione

L’esplorazione riguarda l’identificazione del problema che si ha intenzione di risolvere. Il primo compito del counselor sarà quindi quello di rendere il soggetto cosciente del conflitto sottostante il problema, facendogli comprendere che il suo star bene o male non dipende dagli eventi esterni, dalla sorte più o meno favorevole ma dal modo in cui gli eventi stessi sono stati interpretati.

L’esplorazione del problema comprende varie tappe:

 

-        Focalizzazione del problema: consiste nell’aiutare il cliente a riconoscere il problema che maggiormente lo affligge, focalizzando quanto di più significativo si presenta nell’ambito del problema.

-        Gerarchizzazione del problema: in questa tappa si aiuta il cliente a stabilire delle priorità nell’ambito dei possibili problemi, al fine di negoziare un obiettivo di cambiamento conforme a proprie aspettative.

-        Identificazione e descrizione del problema: consiste nella descrizione del problema da parte del cliente, che viene incoraggiato a specificare come il problema si manifesta.

-        Valutazione dell’intensità del problema: il counselor dovrà verificare con quale intensità, frequenza, e durata si manifesta il problema.

-        Identificazione degli antecedenti esterni: in questa tappa si dovranno identificare quali connessioni intercorrono tra il comportamento problematico e gli eventi stimolo che lo precedono.

-        Identificazione degli antecedenti interni: consiste nell’identificazione di pensieri, immagini o sensazioni fisiche legate all’esplicitazione del problema.

-        Identificazione dei conseguenti e dei vantaggi secondari: in questo caso l’identificazione sarà rivolta alle relazioni tra il comportamento problematico e gli eventi stimolo che lo seguono.

-        Comprensione del problema: è data dalla rilevazione di come il soggetto percepisce il problema a livello corporeo, di come lo vive a livello emotivo e di come se lo raffigura a livello cognitivo.

-        Ricostruzione della genesi e dello sviluppo del problema: consiste nel mettere a fuoco le varie influenze che possono aver dato origine al problema.

-        Rilevazione della percezione del problema: questa tappa serve per favorire nel cliente la comprensione del senso profondo che il comportamento problematico ricopre nella sua vita.

-        Soluzione del problema e identificazione delle risorse: consiste nel condurre il cliente a definire cosa realmente intende cambiare, specificando quali tentativi sono stati messi in atto e con quali risultati.

 

La comprensione

Questa fase è legata anch’essa all’elaborazione del messaggio e all’ampliamento delle connessioni tra atto linguistico ed esperienza vissuta. Molto importanti a tale scopo sono varie forme di domande come per es: la domanda di confrontazione o di metamodello, la domanda di chiarificazione, la domanda esplorativa, la domanda investigativa, ecc.

 

La consapevolezza

La fase di consapevolezza si basa essenzialmente sull’aiutare il cliente a mettersi in contatto con le proprie emozioni. Utili per attuare tale processo sono innumerevoli e svariate tecniche quali per esempio: la ristrutturazione cognitiva, la dissuasione cognitiva, o ancora le tecniche ad orientamento gestaltico come il monogramma, lo psicodramma ecc.

Tramite queste tecniche il counselor dovrà coadiuvare il cliente ad interpellare le sue emozioni in modo da poter procedere sia ad una loro individuazione sia ad una loro modulazione.

 

L’azione

Questa è la fase culminante del processo d’aiuto. L’azione sottolinea l’importanza di facilitare gli sforzi che i clienti compiono per agire in modo da riuscire a raggiungere i loro obiettivi.

Al cliente viene chiesto di specificare in termini di convinzioni, emozioni e comportamenti che cosa vuole cambiare di se stesso in relazione agli obiettivi che vuole raggiungere.

Naturalmente un obiettivo di cambiamento deve sempre essere espresso in termini affermativi ed esplicitato in termini positivi e deve essere concreto, osservabile e realizzabile.

Per avviare un cliente verso l’azione, ossia la realizzazione concreta del proprio obiettivo, in primo luogo lo si aiuta a definire il proprio bisogno, a definire le proprie priorità, a rappresentare la situazione desiderata, per poi guidarlo a circoscrivere concretamente i passi da attuare per la realizzazione dell’obiettivo stesso.

Il processo di avviamento all’azione si compone di diverse fasi:

-        Domanda di base: come facciamo a sapere quando abbiamo raggiunto il nostro obiettivo?

Il counselor chiede al cliente chi e cosa e coinvolto, cosa deve essere fatto, perché e come gli obiettivi devono essere realizzati, quando e dove l’attività avrà luogo.

-        Elaborare dei programmi d’azione: per poter realizzare gli obiettivi devono essere elaborati dei programmi d’azione, che non sono altro delle procedure seguite “passo passo” per il raggiungimento dell’obiettivo da perseguire. Ogni passo del programma, che deve essere individualizzato, costituisce un “punto” più in là in direzione dell’obiettivo.

-        Fissare le scadenze: il processo d’azione continua con una precisa programmazione relativa ai tempi di realizzazione di ciascun passo e dell’obiettivo.

L’enfasi maggiore in questa fase va posta nella definizione dei tempi di inizio e dei tempi di conclusione o di completamento.

-                    Individuare i rinforzi: il passo successivo consiste nello sviluppo dei rinforzi, ossia “eventi” dotati della proprietà di incoraggiare i clienti a realizzare i passi necessari al raggiungimento dell’obiettivo. I rinforzi possono anche essere delle piccole cose, l’importante è che stimolino l’interesse della persona.

            Rinforzi positivi (ricompense) sono quelli più potenti ed efficaci. Essi devono essere ricavati dallo schema di riferimento dei clienti, ossia da ciò che è veramente significativo per loro.

            I rinforzi negativi, invece, devono essere evitati, in quanto stimolano reazioni di rifiuto nei confronti di chi li mette in atto.

Realizzazione dei passi: si rivedono gli obiettivi, il programma, le scadenze, i rinforzi i passi individualizzati, invitare il cliente a provare i passi del programma, poi, in un secondo momento porre l’accento sulle risorse di cui il cliente ha bisogno per avere

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