LA COMUNICAZIONE NON VERBALE: I SEGNALI DI ACCENTUAZIONE

Inviato da Stefano Agati

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Possiamo definire la “comunicazione non verbale” come comunicazione analogica (Watzlawick, 1971). Elementi fondamentali della comunicazione non verbale sono la prossemica, che si occupa dello studio e della gestione degli spazi; la mimica e la cinesica, che studiano le modalità di comunicazione del corpo mediante i gesti e i movimenti. “Il professor Ray Birdwhistle studiò la comunicazione del corpo, che chiamò “cinesica”. Un saggio classico del professor Albert Mehrabian dimostrò che nella comunicazione umana, solo il 7% del significato viene veicolato dalle parole pronunciate, mentre il 38% di esso viene comunicato attraverso il modo in cui queste parole sono espresse. (…) Il restante 55% della comunicazione non ha nulla a che vedere con le parole o con il modo di pronunciarle. Ha a che fare con la tua fisiologia: il modo in cui tieni il tuo corpo, la tua postura, come stai in piedi, come ti siedi, come respiri, i gesti che compi e l’espressione del viso che hai. Con la tua fisiologia, fornisci un contesto fisico di riferimento per chi ti sta ascoltando che dà significato a ciò che stai dicendo” (James-Shephard, 2004, 82-83).

 

L’oratore accosta i suoi pensieri e le sue parole all’uso di segnali corporei per sottolineare i punti cruciali del discorso (azioni che enfatizzano il contenuto verbale). “I segnali di accentuazione spiegano l’enorme varietà  di gesticolazione che accompagna le conversazioni o le orazioni pubbliche. Le mani di un oratore o di un conversatore animato stanno di rado ferme, ma, come la bacchetta di un direttore d’orchestra, colpiscono lievemente l’aria, la sferzano o vi si tuffano, via via che il soggetto dirige la “musica” delle sue parole. Egli ne è soltanto semi-cosciente. Sa che le sue mani si muovono, ma chiedeteli una descrizione esatta dei suoi segnali di accentuazione e sarà incapace di fornirvela. Mostrategli un film della sua “perorazione” e si sorprenderà di vedere che le sue mani eseguono un vero balletto di movimenti aerei e posture sempre diverse” (Morris, 1977, 56). Desmond Morris (“L’uomo e i suoi gesti”, Mondadori, 1977) è  riuscito a spiegare e decifrare in modo chiaro le azioni che caratterizzano le conversazioni e le orazioni pubbliche, individuando e codificando anche le più significative posture della mano.

Nella postura dell’anello le punte del pollice e dell’indice sono in contatto, come se stringessero un piccolo oggetto (presa di precisione a vuoto). Il soggetto sottolinea in questo modo che i concetti espressi sono precisi e sottili. Ho potuto notare come la postura dell’anello sia stata utilizzata frequentemente dal grande statista italiano Alcide De Gasperi nei suoi discorsi. Lo stesso messaggio di “sottigliezza” dell’argomentazione viene sottolineato con il gesto della borsa (presa di precisione a vuoto), dove i cinque polpastrelli della mano sono in contatto e formano uno stretto cerchio come se rappresentassero la bocca di una borsa chiusa. Un’altra “presa di precisione” è la presa dell’aria, dove la mano effettua il movimento di intenzione di stringere tra pollice ed indice un piccolo oggetto senza stabilire un contatto tra le due dita, esprimendo così una ricerca di precisione e desiderio di approfondimento e indagine in relazione ai concetti espressi.

Un segnale di accentuazione tipico del presidente francese De Gaulle fu la postura della stretta dell’aria (presa di potenza) dove la mano protesa in avanti con le dita allargate e rivolte verso l’alto afferra l’aria senza terminare l’azione. In questo caso il soggetto sottolinea la volontà di assumere il controllo della situazione e la determinazione di lottare per conseguirlo. Esistono posture che denunciano vari livelli di aggressività. “Il colpo d’ascia, dove la mano, a dita unite e rigide, si abbassa con forza di taglio, è la postura dell’oratore aggressivo, desideroso che le sue idee taglino il nodo gordiano della situazione, aprendo la strada a una soluzione imposta. Una speciale variante del colpo d’ascia sono le forbici, dove gli avambracci si incrociano l’uno sull’altro orizzontalmente per poi scattare in fuori. Le forbici aggiungono una forte sfumatura di negazione o ripulsa al tono del discorso. E’ come se, con questa variante, il soggetto si stesse aprendo un varco attraverso una barriera ostile e negasse l’opposizione spazzandosela via di davanti, facendola cadere a destra e a sinistra. Anche la pugnalata, in cui le punte delle dita vengono spinte violentemente verso l’ascoltatore, è una postura aggressiva. Ma qui l’aggressione è più specifica, essendo diretta contro l’ascoltatore, piuttosto che contro un problema generale” (ibidem, 58). Risulta molto comune ma non meno interessante la postura della mano tesa, che quindi non colpisce o afferra. La mano tesa presenta diverse varianti, dove la chiave di interpretazione è rappresentata dall’orientamento del palmo. La mano tesa con il palmo rivolto verso il basso  tende a frenare, abbassare e contenere, quasi volesse controllare e regolare gli “stati d’animo” dei partecipanti. La mano tesa con il palmo in su e tipica dell’oratore che assume una postura di implorazione, quando chiede il consenso al proprio uditorio. La mano tesa con i palmi in fuori tende a proteggersi o a spingere lontano, e riflette uno stato d’animo di forte ripulsa. Le mani con il palmo in dentro: “Questo segnale di accentuazione viene generalmente eseguito con entrambe le mani, che vengono tenute davanti al petto con i palmi rivolti verso l’interno, come per abbracciare un compagno invisibile. La postura riflette il tentativo di abbracciare un’idea, di circondare e contenere il concetto in discussione, oppure di attrarre metaforicamente l’ascoltatore più vicino al soggetto. Palmo di lato: è la mano tesa del negoziatore. La postura è quella della stretta di mano e il segnale sembra riflettere l’impulso a tenderla in avanti per toccare l’altro. Lo stato d’animo dominante è un forte desiderio di superare la frattura tra chi parla e chi ascolta: di “raggiungere” la mente dell’altro con l’idea che in quel momento viene espressa in parole” (ibidem, 59). L’indice teso è un segnale di accentuazione comune. Kennedy nel giorno del suo insediamento alla “Casa Bianca” il 20 gennaio 1960 sfidò la platea (“…non chiedetevi quello che il paese può fare per voi, ma quello che voi potete fare per il paese”) utilizzando “l’indice puntato” in un’atto autorevole e assertivo, necessario a smuovere gli americani verso le tematiche della “politica del movimento” propugnata dal leader. I segnali di accentuazione sono inoltre  riferibili alla “testa” (ad esempio penso ai colpi a fondo abbinati ai segnali di comando e alle asserzioni forti) e a tutto il “corpo”, come la “spinta del corpo” del direttore mentre dirige la sua orchestra, la stessa che si riscontra nell’oratore teso nell’impegno di persuadere il pubblico. Infine anche i piedi esprimono il proprio linguaggio, e forse il segnale di accentuazione più eclatante è “il pestare i piedi” quando il soggetto è ormai vicino all’ira. Il 13 ottobre 1960 Nikita Krusciov superò se stesso all’Assemblea generale dell’ONU. Il leader russo, oltre modo irritato dal senatore Sumulong, riuscì a coniugare il gesto del “pestare i piedi” e quello del “colpo dall’alto verso il basso” (un movimento d’attacco fondamentale) togliendosi la scarpa destra e sbattendola ritmicamente sullo scranno. Questo gesto potrebbe rappresentare una sintesi di espressione d’ira, di minaccia, di dominio e di esasperazione, che si è trasformato in leggenda, quasi un’icona del novecento.

 

Bibliografia

ARGYLE M., Il corpo e il suo linguaggio, Zanichelli Editore, Bologna, 1991.

CAMPBELL J., Come tenere un discorso, Franco Angeli, Milano, 1997.

CASTAGNA M., La lezione, Edizioni Unicopli, Milano, 1988.

FORGAS J.P., Comportamento interpersonale, Armando Editore, Roma, 1989.

JAMES T., SHEPHARD D., Comunicare in pubblico magicamente, NPL ITALY,Alessio Roberti Editore, Urgnano (Bg), 2004.

MORRIS D., L’uomo e i suoi gesti, Mondadori, Milano, 1977.

OLIVERO G., Le tecniche per comunicare, Il Solo 24ORE Libri, Milano, 1994.

WATZLAWICK P., BEAVIN H.J., JACKSON D.D., La pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971.

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