SCAMBIARSI CAREZZE..SI MA QUALI?



Le carezze nella prospettiva dell’Analisi Transazionale, vengono definite come “unità di riconoscimento.”

Tutte le volte che diamo riconoscimento ad una altra persona, anche con un semplice saluto, stiamo scambiando con lei una carezza.

Le carezze ci nutrono e ne abbiamo bisogno.
Non tutte le carezze sono positive.
Alcune risultano spiacevoli: rimproveri, critiche, minacce, attenzioni indesiderate, sono anch’esse delle carezze sperimentate nella maggior parte dei casi come “negative”.

Chiaramente tutti noi preferiamo carezze positive, che procurano sensazioni piacevoli.

Ma il nostro bisogno di riconoscimento e di carezze fa si che valga anche il principio per cui è “meglio ricevere delle carezze negative piuttosto che non riceverne affatto”

Se non riceviamo sufficienti carezze positive, potremmo metterci alla ricerca di carezze negative.

Questo è molto facile riscontrarlo nei bambini, quando pur di ottenere attenzioni mettono in atto comportamenti che richiameranno rimproveri o punizioni. Meglio che niente, se le carezze positive non arrivano, bisognerà accontentarsi di quelle disponibili.

Le carezze si possono distinguere oltre che in positive e negative anche in carezze condizionate e carezze incondizionate.
L’incrocio di queste qualità risulta a mio avviso molto interessante.

Le carezze incondizionate si riferiscono alla persona nel suo essere. Quando diciamo a qualcuno “Sono contento di vederti”, stiamo offrendo una carezza positiva  incondizionata, esprime un apprezzamento verso la persona in quanto tale, non a qualcosa che ha detto o fatto.
Se diciamo ad esempio “sei stato bravo a prendere otto all’interrogazione di matematica”, si tratta di una carezza positiva di tipo condizionato, che riguarda il comportamento, qualcosa che la persona ha fatto e non il suo essere nel complesso.
Entrambe vanno bene, ma è chiaro che le carezze di maggior valore siano quelle intrinseche e non condizionate.
Ci nutrono e arricchiscono la nostra vita perchè sono riconoscimenti del nostro essere, e non solo di qualcosa che facciamo o di risultati che otteniamo.

Se consideriamo le carezze negative, notiamo come la gerarchia di preferibilità sia rovesciata.
Possiamo tollerare con relativa facilità le carezze negative condizionate del tipo: “Hai commesso degli errori nel preparare quella relazione”.
Mentre risultano decisamente indigeste quelle incondizionate che mettono in discussione la persona nel suo insieme: “Sei un disastro!”

E’ tristemente interessante notare come una certa comunicazione disfunzionale tenda a fare esattamente il contrario di ciò che sarebbe umanamente utile, soprattutto nel campo dell’educazione e della comunicazione genitori-figli.

Da un lato mi sembra ci sia una certa reticenza a scambiarsi carezze positive incondizionate: “E’ bello che tu sia qui”, mentre si praticano abbastanza facilmente quelle condizionate: ”Hai fatto proprio un bel lavoro”.

Nel versante negativo delle careze, quello che accade più spesso è che invece la critica sia incondizionata e coinvolga l’altro nella sua interezza: “sei il solito svogliato, non combinerai mai niente di buono ecc..”
Mentre le carezze incondizionate, circoscritte ad un singolo comportamento, formulate in modo chiaro ed efficace, sono meno praticate.

Una comunicazione più sana dovrebbe invertire questa gerarchia di messaggi dando priorità alle carezze positive incondizionate, soprattutto nel periodo educativo, in cui i ragazzi formano la loro identità e necessitano di un riconoscimento “ontologico”, che riguarda il loro essere.

Il mio suggerimento è anche quello di eliminare o ridurre al minimo le carezze negative incondizionate.

Contemporaneamente si può sviluppare un’attitudine nel fare critiche circostanziate e rivolte al comportamento. Le carezze negative condizionate sono sicuramente utili.

Inoltre una buona strategia può essere quella di accompagnare la carezza negativa circostanziata con una positiva incondizionata: “Hai preso proprio un brutto voto, immagino tu sia dispiaciuto, io sono qui con te, e posso aiutarti a rimediare”.  Naturalmente anche il non verbale e il paraverbale possono concorrere a formare il messaggio -carezza.

Queste abilità comunicative si possono imparare ed allenare, ed il counseling esiste anche per questo.

Soprattutto non lesiniamo in carezze positive incondizionate; sono quelle che davvero ci nutrono nel profondo e creano relazioni appaganti.

Potrebbero interessarti ...