Abitare il disincanto del Postmoderno 2


Abitare il disincanto del Postmoderno 2

Le generali perplessità nutrite nei confronti del Postmoderno, lo anticipavo in una precedente riflessione, si stanno condensando in un interrogativo importante: che il Postmoderno stia esaurendosi o sia addirittura alla fine? Non è questione puramente accademica da lasciare a filosofi e ai letterati, perché qualunque sia la risposta che più ci convince, è densa di significati e di interconnessioni con la nostra vita, con l’interpretazione e il significato che diamo al nostro passato, al presente e alla possibilità –o meno- di aprirci al futuro. Ma, come possiamo capire se il postmodernismo è alla fine, e perché?

 

Il postmodernismo è esso stesso diventato il sostituito dell'ideologia dominante, ha plasmato la nostra immaginazione e il modo col quale interagiamo e tutti noi siamo sempre più a nostro agio con l'idea di avere in testa due concetti inconciliabili. Stiamo accettando, o abbiamo accettato che nessun sistema di significato possa detenere il monopolio sulla verità e che, nondimeno, dobbiamo riformulare la verità tramite il nostro sistema scelto di significati. Condividiamo una mancanza di fiducia nei dogmi e pochi si sentono capaci di riuscire a distinguere la spazzatura da ciò che non lo è.

La questione non è poi così recente, tuttavia resta suggestivo e ancora fonte di riflessione l’articolo di Edward Docx (2011) che così esordisce: Ho delle buone notizie per voi. Il 24 settembre potremo ufficialmente dichiarare morto il postmoderno. E ne indica una precisa data: Come faccio a saperlo? Perché in quella data al Victoria and Albert Museum si inaugurerà quella che viene definita la "prima retrospettiva globale" al mondo intitolata "Postmoderno - Stile e sovversione". Un momento.... Vi sento urlare. Perché dichiarano ciò? Che cosa è stato il postmoderno, dopo tutto? Non l' ho mai capito. Come è possibile che sia finito? Non siete gli unici.

Ciò che segue nell’articolo mantiene un tono tra il dissacrante e il profondo, per questo credo sia utile ad elaborare una nostra risposta al problema posto. Ne riporto ancora qualche riga: Se lo si capisce, il postmodernismo è scherzoso, intelligente, divertente, affascinante. Da Madonna a Lady Gaga, da Paul Auster a David Foster Wallace, la sua influenza è arrivata ovunque e tuttora si espande. È stata l' idea predominante della nostra epoca. Allora: di che cosa si è trattato, esattamente? Beh, il modo migliore per iniziare a capire il postmodernismo è facendo riferimento a ciò che c' era prima: il modernismo. A differenza, per esempio, dell' Illuminismo o del Romanticismo, il postmodernismo racchiude in sé il movimento che si prefiggeva di ribaltare. […] II postmodernismo ha aiutato la società occidentale a comprendere la politica della differenza e quindi a correggere le miserabili iniquità ignorate fino a quel momento. […] Mirava a qualcosa di più che pretendere semplicemente una rivalutazione delle strutture del potere. Affermava che noi tutti come esseri umani altro non siamo che aggregati di quelle strutture. Sosteneva che non possiamo prendere le distanze dalle richieste e dalle identità che tali discorsi ci presentano. Adios Illuminismo. Bye bye Romanticismo. […] Questa è la sfida fondamentale che il postmodernismo ha portato al grande convivio delle idee umane, in quanto ha cambiato il gioco, passando dall'autodeterminazione alla determinazione dell'altro.[…] Se il problema per i postmodernisti è stato che i modernisti avevano detto loro che cosa fare, allora il problema dell attuale generazione è esattamente il contrario: nessuno ci sta dicendo che cosa fare. Questo crescente desiderio di una maggiore veridicità ci circonda da tutte le parti. Lo possiamo constatare nella specificità dei movimenti food local, per i cibi a chilometro zero. Lo possiamo riconoscere nelle campagne pubblicitarie che ambiscono ardentemente a raffigurare l' autenticità e non la ribellione. Lo possiamo vedere nel modo col quale i brand stanno cercando di prendere in considerazione un interesse per i valori dell' etica. I valori tornano ad avere importanza.[…] Queste tre idee - specificità, valori, autenticità - sono in aperto conflitto con il postmodernismo. Stiamo dunque entrando in una nuova era. Potremmo provare a chiamarla "l'Età dell'Autenticità". Vediamo un po' come andranno le cose. [in Addio postmoderno, benvenuti nell'era dell'autenticità, Dibattito verità/Verità, la Repubblica, 3 settembre 2011].

Dal 2011, possiamo aver avuto altri spunti per convincercene o per dissentire. Il dibattito resta acceso e gli increduli non mancano: L'occasione che ci si para dunque davanti è quella di parlare di Postmoderno nel momento della sua fine apparente, dopo la sua morte fittizia, aggirando così finalmente uno dei maggiori ostacoli e fattori di incertezza per la critica degli ultimi anni; parte dell'indeterminatezza di cui è impregnato il dibattito sul Postmoderno, come tende a far notare il celebre critico americano Ihab Hassan, è stata da sempre, in buona parte, legata alla distanza prospettica con cui si è guardato ad esso, alla necessità di catturare il fenomeno sempre sul suo asse sincronico e quindi sempre in continua evoluzione e trasformazione. Fingere che il Postmoderno sia davvero finito ci potrebbe forse consentire di trarre le prime conclusioni e di abbozzare un quadro meno torbido, più limpido. [Emiliano Zappalà 10/10/2012].

Propongo di amplificare in noi e profondamente (cfr. PNL) la forza che ci imprime la suggestione persuasiva e verificabile che il Postmoderno in fondo ci abbia già iniziato a donare la motivazione a perseguire l’autenticità come valore condiviso. Nel ruolo di counselor la troviamo preziosa verifica/sostegno al mondo di relazioni efficaci nel quale ci immergiamo per agire con grande soddisfazione.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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