DILLO CON UN TATTOO. Il corpo come soggetto autobiografico

Inviato da Nuccio Salis

tattoo

Fra le forme di comunicazione sempre più diffuse, tutte quelle relative al corpo assumono tratti distintivi sempre più pronunciati e carichi di importanti valenze. Il corpo non è più soltanto abbigliato ed addobbato per mezzo di svariati indumenti ed accessori, ma viene anche scolpito, dipinto, tatuato, perforato con anelli e piercing, su zone che tradizionalmente sono state esentate da certe apposite lesioni, e che attualmente vengono invece adibite come possibile spazio su cui esibire o in certi casi nascondere, un aggeggio destinato ad adornare e testimoniare un significato. In tal senso, il luogo del corpo diventa uno spazio psicologico, una terra su cui lasciare traccia e incidervi un elemento caratteristico di sé.
Per comprendere il fenomeno diffuso di una crescente voglia di avere il tattoo, o il piercing, occorre promuovere una lettura sistemica che integri diverse chiavi interpretative, al fine di ridurre il rischio di pressapochismo o di una valutazione poco scientifica e troppo influenzata dai concetti personali. Il fenomeno va considerato come multicausale, nel senso che esiste una pluralità di fattori, integrati ed interdipendenti, che fomentano questa attitudine, e che sembra del tutto essere in linea, peraltro, con il dilagante ed esasperante culto dell’immagine e della forte spinta all’estimità, caldeggiata da tutta una serie di variabili socio-culturali tipiche della contemporaneità.


Attraversiamo un periodo in cui si assiste ad un progressivo depauperamento del vocabolario linguistico; il lessico si impoverisce, lo si iper-semplifica e lo si iper-riduce, in piena aderenza soprattutto ai codici testuali abbreviati mediante chat, sms, messenger ecc. e l’immediatezza prevale sulla profondità, l’immagine e l’esteriorità vince sui contenuti e sul desiderio di ricercare e di approfondire. in questo scenario, il corpo diventa facilmente lo strumento ausiliario a cui affidare i propri messaggi. Il corpo-tavolozza diviene cioè il testo su cui inscrivere il vissuto narrante di ciascuno, rielaborandone trame e capitoli, per imprimere su di se la propria storia ed i significati che vi trapelano, soggetti all’interpretazione di chi ne fruisce la visione. In questo senso, il dipinto nel corpo o altri adornamenti, rappresentano una sorta di via d’accesso all’interiorità della persona, una possibile sollecitazione a un viaggio iniziatico, dantesco, che esplora e reperisce le coordinate personali di colui che è “altro da me”, ma che è comunque un soggetto storicizzato. Al corpo è dunque incaricato il compito di conservare le vicissitudini, di mappare la storia personale, di rappresentare un cammino, di simboleggiare un’identità. Sotto questo aspetto, la moda del decorare il proprio corpo con anelli o pittogrammi delle più svariate fatture, assume una notevole carica simbolica, che sostituisce o completa la parola, che sempre meno sembra avere un legame concettuale con la rappresentazione dei fatti e delle vicende dell’esistenza. L’identità viene cioè delegata alla forza evocativa dell’immagine, alla sua potenza descrittiva di un’idea e del senso di una storia. Ed inoltre, tale contenuto figurale è indelebile, non soggetto ad alcuna trasformazione, quindi in grado di porsi anche come punto di riferimento fisso, per l’individuo che in genera si sente più al sicuro quando può contare su qualcosa di stabile e non suscettibile di mutamento.
Fra le incertezze e gli smottamenti della vita, c’è qualcosa di immutabile: il tatuaggio. Ed è il soggetto stesso che lo ha scelto, che ha permesso di farselo imprimere, ri-battezzandosi a una nuova percezione di sé, riconfigurandosi come individuo nuovo, grazie a un rituale che suggella un simbolo che possiede carattere imperituro. È un modo per attribuirsi una volontà di potenza, una suggestione di controllo su di se e sugli eventi della vita divenuti ormai troppo instabili. Mediante questa scelta, l’individuo si vincola ad un segno di appartenenza che gli conferisce certezza e valore identitario. Egli, inoltre, decidendo di imprimere un marchio, o qualsivoglia complessa figura, riceve la sensazione di foggiarsi, plasmarsi, scegliersi un abito interiore, ricamandosi quello esteriore. Ciò permette di sentirsi pienamente in possesso di se stessi, e di gestire la sfida sempre aperta del cambiamento.
La spinta alla visibilità e alla notorietà, continuamente stimolata dalla società contemporanea, con tutti i suoi prodotti tecnologici, non può aver lasciato indifferente proprio l’involucro esteriore per eccellenza, cioè il corpo, trattato a proprio piacimento, per soddisfare istanze emancipatorie e il bisogno di riconoscimento. Su questo secondo punto, si deve sottolineare la funzione aggregativa del tattoo; nel senso che vi sono anche segni e simboli spersonalizzati, che hanno invece un valore gruppale, o collettivo, e rimandano a precisi confini sub-culturali. Inoltre, se tale abitudine viene generalmente imposta da una moda ricorrente, non potrà che diffondersi, per paventare il pericolo dell’impopolarità, per evitare di sentirsi in condizioni di inferiorità, di mancanza o di insuccesso rispetto agli altri.
Non vi è da escludere queste ragioni di cui sopra, specie in riferimento al periodo adolescenziale, durante il quale l’attitudine a farsi imprimere una traccia è spesso legato anche al gusto della sfida fascinosa del divieto e del dolore.
Se invece la motivazione, come lo era prima che esplodesse diffusamente tale moda, coincide con il desiderio di apparire diversi o rivoluzionari, il vero trasgressivo si scopre colui che non si è orpellato di tali scenografie, e che magari ha deciso semplicemente di essere se stesso, senza farsi influenzare dalle tendenze dell’epoca.
Vi è anche da aggiungere un discorso sulle zone prescelte, da sottoporre alla procedura dell’imprimere il tattoo su pelle. Le zone del corpo a marcata valenza sessuale costituiscono un richiamo erotico, più o meno implicito o consciamente avvertito. Natiche, pubi, possono semi-nascondere disegni in un gioco di “vedo non vedo”, sollecitando curiosità ed eccitando idee a contenuto sessuale. Possibili strutture di atteggiamenti provocatori, esibizionisti o narcisisti possono celarsi in virtù di tali scelte, oppure essere semplicemente l’adesione a una orientamento omologante, e che spesso i giovanissimi sono spesso tesi a seguire, mostrando una blanda assertività. Per quanto riguarda proprio loro, infatti, è necessario certamente non proibire con inutili o controproducenti veti, che fattivamente non si ha nemmeno l’opportunità di far rispettare, rischiando perdita di autorevolezza educativa, ma d’altra parte è necessario informare su tutti gli eventuali rischi connessi ad una scelta che può rivelarsi prematura.
Un tattoo che segna per tutta la vita, quanto potrà resistere alle contingenze che inducono alla trasformazione e al cambiamento? È un punto delicato su cui i giovani debbono essere chiamati a riflettere, per poter aiutare loro a fare scelte responsabili, maturando una cultura del corpo basata sulla salute dello stesso e del rispetto di sé.
 

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