L’INTELLIGENZA EMOTIVA AL SERVIZIO DELLA QUALITA’ DI VITA. Il legame fra pensiero ed emozioni

Inviato da Nuccio Salis

intelligenza emotiva

Da quando la psicologia tentò di definire l’intelligenza ed a creare paradigmi in grado poterla cogliere ed interpretare, si sono introdotti decisivi cambiamenti nell’ambito dei contenuti teorici e dei postulati che descrivono i meccanismi e i processi di tale fenomeno.

La forza della tradizione, come in ogni campo, porta ancora oggi a ricondurre l’intelligenza come un “oggetto” pressoché esclusivamente connotato da variabili esclusivamente cognitive, soprattutto nell’ambito ristretto della logica e del ragionamento causale.

Tuttavia, studi e ricerche più avanzate in questo ambito ci hanno permesso di comprendere e collocare l’intelligenza dentro un sistema più complesso e ramificato, caratterizzato dall’intreccio di diversi variabili poste fra loro in situazione di scambio e interdipendenza. Questo ha anche modificato l’immagine stessa del soggetto umano, che è stato rivalutato alla luce di una identità che valesse la pena di indagare e scoprire con maggiore interesse. Egli, per esempio, non può dunque essere misurato meramente da test psicometrici che ne rilevano determinate coordinate ed attitudini, ma deve essere considerato come un soggetto configurato da un aggregato complesso e interdinamico di elementi, sottoposto perennemente allo scambio attivo con stimoli e sollecitazioni ambientali che ne costituiscono il paradigma del cambiamento e della ri-costruzione di sé.

Sulla base di queste nuove analisi e constatazioni, è stato possibile dedurre concetti scientificamente più maturi e completi in grado di cogliere con maggiore pienezza i fattori che costruiscono l’intelligenza. L’ottica della multidimensionalità della stessa ha condotto a considerare con rigore il legame fra procedure cognitive e risposte emozionali, dando luogo a storici cambiamenti e svolte epocali anche nell’ambito del trattamento terapeutico e dell’aiuto alla persona.

L’intelligenza emotiva, per esempio, è quel curioso oggetto di ricerca che ci rimanda alla necessità di considerare questo accoppiamento fra funzioni cognitive e processi emozionali, forse troppo lungamente ignorato e considerato come una struttura a scomparti isolati.

La capacità di cogliere dentro se stessi il legame di reciprocità fra queste due aree, ci rende maggiormente rispondenti in maniera efficace nei confronti delle domande di adattamento che ci pervengono dall’ambiente.

Vi sono diversi vantaggi che riguardano il potenziamento della qualità di vita, a seguito di uno sviluppo consapevole della competenza che lega emozioni e intelligenza. Prima di elencarli, ritengo sarebbe meglio descrivere quali sono i 4 pilastri dell’intelligenza emotiva, sulla base dei quali la stessa si struttura ed assume funzioni utili al nostro sano procedere in termini di risposte adattive.

Questi possono essere annoverati come:

 

.1) Consapevolezza. La capacità di sapere che si stanno provando delle emozioni non è affatto cosa scontata. Potremmo essere sorpresi nel doverci capacitare di quante persone non riescono ad avere accesso al loro mondo emotivo. Fra meccanismi di difesa, rifiuto e diniego, non tutti possono permettersi di effettuare un chiaro screening del loro mondo emozionale. Dare un nome alla propria esperienza emozionale rappresenta già un significativo avanzamento verso un importante progresso umano.

 

.2) Conoscenza. La conoscenza riduce la paura. Come principio generico, questo può anche essere applicato al contatto col proprio mondo emozionale. Sapere da dove viene un’emozione, cosa può averla generata e in quale luogo somatico risiede o si scarica, significa compiere un passo avanti nell’evoluzione di sé e della specie. Conoscere la soggettività di tali processi, in termini di intensità e frequenza, relativi cioè alla portata della propria esperienza, genera il valore aggiunto di disegnare il proprio vero Sé, alleandosi con i propri stati emotivi ed utilizzandoli per organizzare registri comportamentali di maggiore efficacia.

 

.3) Controllo. IL controllo è un concetto che va sempre spiegato, dal momento che facilmente si sovrappone all’accezione di censura, e dunque viene equivocato con un meccanismo di repressione censoria dei propri motti emotivi. IL controllo fa invece riferimento a una guida sicura, ad una padronanza che permette di non farci dominare dagli impeti emotivi, ed al tempo di stesso di permettere agli stessi modalità di scarico e di comunicazione più valide ed efficaci.

 

.4) Riconoscimento/Accettazione. L’atteggiamento nei confronti del mondo emozionale è fondamentale per poter aprire un corretto percorso di formazione alla gestione efficace delle emozioni. Riconoscere che siamo essenzialmente fatti di emozioni è un punto necessario del training, così come lo è accettare ogni evento emotivo, nel tentativo di coglierlo ed accoglierlo in modo incondizionato, perché ogni riverbero affettivo-umorale è messaggero di preziosi indizi che rivelano noi stessi e il legame con le nostre vicissitudini, in termini di apprendimento e di crescita.

 

Le caratteristiche di un individuo che matura la competenza associata all’intelligenza emotiva sono tali da non poterci far ignorare l’incommensurabile portata sociale ed educativa circa l’importanza di formare con urgenza a una competenza di tale ordine. Le ricerche sugli effetti circa l’uso pratico dell’intelligenza emotiva, hanno col tempo rilevato che l’individuo che sviluppa tale abilità e la annovera nel suo repertorio espressivo e comportamentale, ottiene rilevanti e indiscutibili vantaggi, sia per sé che in riferimento alle relazioni. Tali positive ricadute sono le seguenti:

 

.a) Gestione più efficace del distress e degli stati d’animo spiacevoli. L’intelligenza emotiva potenzia le capacità di sperimentare con meno frequenza e meno intensità gli eventi sgradevoli legati a stati umorali che generano esperienze interiori frustranti. Seppur l’esposizione a determinati eventi incresciosi della vita e della quotidianità non può essere evitata, gli effetti dell’ansia e della depressione vengono maggiormente contenuti da una migliore padronanza nel poter comprendere ed elaborare stati affettivi meno graditi.

 

.b) Maggiore apertura ai cambiamenti. Questo aspetto favorisce nettamente la possibilità di riscatto nei confronti di eventi su cui vorremmo esercitare la nostra influenza, al fine di riportarvi i cambiamenti tanto auspicati. Spesso, le persone desiderano trasformare le loro vicende senza però voler in fondo modificare le strutture di base che rendono comode e agevoli alcune dimensioni delle loro esistenze. La maggior parte delle volte, però, per ottenere gli scopi preposti e raggiungere il favore di una nuova condizione esistenziale, è necessario sviluppare nuovi modelli di fronteggiamento che rappresentino un taglio netto e definitivo a vantaggio dell’introduzione di atteggiamenti più funzionali. Per fare questo è necessario predisporsi con merito al cambiamento che si vorrebbe ottenere, con la consapevolezza che questo può includere anche la rinuncia anche a ciò che può essere considerato come un confortevole privilegio, oppure anche ad abitudini oramai prevedibili e consolidate.

 

.c) Responsabilità e sostegno dell’alterità. L’individuo con una sufficiente dose di intelligenza emotiva riconosce i propri limiti ed anche i propri errori, e li comunica con un linguaggio efficace, costruttivo e responsabile, chiarendo l’influenza del proprio ruolo nel momento in cui genera effetti sugli altri. Offre sia a se stesso che agli altri una seconda possibilità, valutando le circostanze e le motivazioni che hanno condotto agli errori, conducendo tale analisi con una lucida ragionevolezza congiunta appunto ad una lettura che tiene anche conto delle componenti emozionali che determinano il complesso flusso di stimoli e processi che creano le narrazioni e le vicende umane. Per questo motivo, egli evita di giudicare specie se in modo preconcetto, e procede nell’impegno di intercettare che cosa può ricavare come preziosi insegnamenti da vicende caratterizzate da errori propri e/o altrui.

 

.d) Assertività. L’intelligenza emotiva ci rende maggiormente competenti nel relazionarci agli altri anche sotto l’aspetto degli eventuali rimandi critici. Le sottolineature alle nostre manchevolezze rappresentano spesso esperienze di non facile e sicura accettazione. Di contro, nemmeno noi a volte sappiamo come articolare una critica affinchè arrivi con tutta la sua chiarezza ed il suo intento legato alla richiesta di un cambiamento. L’ego non sempre ci autorizza a ricevere critiche cogliendone la domanda di perfezionamento delle nostre azioni, mentre possono piuttosto essere equivocate con attacchi spregevoli alla nostra persona, e come gratuiti tentativi di squalificarci agli occhi altrui e ad intaccare l’immagine che abbiamo di noi stessi, e che tendiamo a difendere con ogni mezzo o strategia.

Questi aspetti ci rendono talvolta talmente ipersensibili all’evidenza dell’errore, che si sceglie di evitare di rimarcare le proprie esigenze o di far emergere le incongruenze altrui, per la paura di immettersi dentro relazioni che feriscono la nostra autostima e/o quella degli interlocutori. In vero non è necessario fingere che tutto scorra armonicamente nella dinamica di un rapporto, anzi, questo meccanismo a lungo andare si rivelerà deleterio e a quel punto sì che le relazioni subiranno un irreparabile strappo.

Nei contesti della comunicazione efficace, infatti, si procede con l’impegno di realizzare contatti interpersonali che collochi ciascun interlocutore attivo in un ruolo a cui viene riconosciuta la legittimità di dichiarare le proprie istanze, al tempo stesso egli dovrà ascoltare e considerare quelle altrui. È possibile cioè programmare ed implementare training di assertività, fondati sul messaggio-Io e sulla capacità di poter descrivere i propri bisogni ed inviare critiche costruttive e dirette al miglioramento di sé e dei contesti dentro cui si esplicano le proprie azioni.

 

.e) Autoefficacia. Per mezzo di un uso funzionale dell’intelligenza emotiva è possibile rafforzare la fiducia in sé e nei propri mezzi di cui si dispone per poter superare strutture di problem-solving più o meno complesse. È l’intelligenza emotiva a rifornirci di maggiore coraggio e consapevolezza di fronte alle difficoltà, a non sentirci perduti ma a fare affidamento alle nostre risorse ed esperienze, a rivalutarle con competenza, flessibilità e sperimentazione creativa.

 

.f) Superamento dipendenze e comportamenti di rischio. Ad un maggior sviluppo dell’intelligenza emotiva corrisponde una maggiore capacità di superare e risolvere i comportamenti di dipendenza e i devastanti effetti che implicano nella salute psicofisica di una persona. L’intelligenza emotiva fornisce un equipaggiamento ottimale per poter attribuire significati alle esperienze e poterle valutare alla luce di motivazioni realistiche e plausibili, senza ricorrere a scuse e pretesti che giustifichino le nostre incongruenze e ci sollevano dall’affrontare le dissonanze interne che poi si riflettono nelle scelte comportamentali.

L’intelligenza emotiva arricchisce il repertorio e i processi della nostra vita sia interiore che esteriore, riducendo in pratica il bisogno di ricorrere a comportamenti di rischio come risposta inefficace al vuoto interiore e alla immaturità di leggere e interpretare la vita con strumenti più validi ed integrati. Di conseguenza, ciò espande anche le risposte proattive e resilienti che ci aiutano a valutare e sperimentare più opzioni per pianificare efficaci azioni di risposta ai problemi che ci si presentano di fronte. 

 

Tali certezze dovrebbero indurre a riflettere sulla inconfutabile necessità di ricorrere alla programmazione di percorsi di training sull’intelligenza emotiva, soprattutto dentro un’ottica di prevenzione di comportamenti di prevaricazione e di devianza. Le scuole sono spesso, di contro, fucine e palestre di apprendimento di comportamenti violenti: bullismo, mobbing e altro genere di prepotenze sono all’ordine del giorno nell’ambito di tutti i rapporti umani, e ciò trasforma quello che dovrebbe essere l’ambiente educativo per eccellenza in un centro di fabbricazione di bulli e di vittime, favorendo la nascita di contesti apertamente e irrimediabilmente disfunzionali.

 In assenza di una intelligenza emotiva atta a riqualificare un miglior vissuto esistenziale per se stessi e per gli altri, la nostra vita si contorna da parametri avvilenti, destinati ad insidiarci nelle sue trappole deleterie e mortificanti.

All’intelligenza emotiva è dunque legata la possibilità di affermare e rilanciare la nostra qualità di vita, e la gestione di quelle irrinunciabili bussole che ci orientano a ricercare equilibrio ed armonia in un lavoro costante di miglioramento e sviluppo.

 

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