Il mondo online, connessioni di…solitudini


Il mondo online, connessioni di…solitudini

           “Il web è entrato trionfalmente nel nostro mondo promettendo di creare un habitat ideale[…] L’avvento del web ha reso improvvisamente realistiche le nostre speranze di notorietà ma, avendola posta ingannevolmente alla nostra portata, l’ha resa quasi obbligatoria –benché con una chance di acquisirla pari a quella di vincere il jackpot di una lotteria[…] Gli esseri umani del ventunesimo secolo sono di due mondi [offline e online]. Il mondo online, che siamo indotti, sollecitato e allettati a costruire con i nostri modi e mezzi, avvalendoci degli strumenti, stratagemmi ed espedienti forniti dalla tecnologia informatica, è spesso enfaticamente presentato come se mi appartenesse[…]Online, a differenza di quanto accade offline, sono io ad avere il controllo: io sono il padrone, io comando. Forse non ho la stoffa del direttore d’orchestra, ma decido io che musica si suona. Alcuni arguti osservatori hanno paragonato questa sensazione divina a quella che sopraffa un ragazzino lasciato solo in un negozio di dolciumi. Il problema però è: quali delizie quel ragazzino sceglierà e si godrà? […]  La maggior parte delle ricerche sociologiche in merito mostra che la maggioranza degli utenti usa Internet attratta non tanto dall’opportunità di accesso, quanto da quella di uscita, ampiamente usata più per costruirsi un rifugio che per abbattere muri e aprire finestre; per ritagliarsi una comfort zone tutta per sé, lontano dalla confusione del caotico e disordinato mondo della vita e delle sfide che esso pone all’intelletto e alla tranquillità dello spirito […]    Con il semplice espediente di cancellare ciò che non si desidera appaia o di bandire l’accesso a ospiti indesiderati, la rete permette uno <splendido isolamento> puramente e semplicemente irrealizzabile e inconcepibile nel mondo offline.”

 

           Sono affermazioni di Zygmunt Bauman (Nati liquidi, Sperling & Kupfer, 2017, pagg. 74-77) e così cristalline che quasi ci meravigliamo che non siano patrimonio condiviso. Ad ogni riga, leggendo, ci domandiamo non tanto come sia possibile che l’euforia per la rete e per ogni strumento tecnologico abbia contagiato tutti perché conosciamo bene il potere condizionante dei media, ma restiamo increduli di fronte al persistere di tale assillante contagio pur avendone scoperto limiti e inganni. Corale è il lamento sulla indesiderata pressione che cellulare, social, eventi, iniziative, condivisioni…esercitano sulla già dinamica e concitata vita quotidiana e tuttavia dai forzati della comunicazione senza soluzione di continuità mai arriva un pur pallido tentativo di ipotizzare uno stop, di imparare a gestire gli strumenti piuttosto che lasciarsene gestire.

Ciò che riesce facile è…sparire all’improvviso, eclissarsi, ignorare tutto e tutti per qualche ora (al massimo). Definire queste brevissime interruzioni, a cui ricorriamo nel momento in cui avvertiamo di aver superato la nostra soglia di tolleranza dello stress, splendido isolamento è quanto meno improprio. Se fosse davvero tale, restituirebbe noi a noi stessi, ci restituirebbe la forza dei nostri valori, della nostra creatività, sarebbe insomma un tempo all’insegna di positività piuttosto che di negazione momentanea di abitudini tossiche sulle quali neppure un attimo abbiamo deciso di riflettere, per educarci a vivere la nostra tendenza attualizzante (Carl Rogers). Se riuscissimo a osservare il nostro comportamento con una prospettiva da estraneo, probabilmente ne comprenderemmo in un attimo l’ingannevole insidia: viviamo della e nella rete per misurare dal riconoscimento pubblico la nostra esteriore efficacia, l’immagine che con fatica stiamo costruendo e che, proprio perché destinata ad uso altrui, non risolve la nostra intima solitudine; usciamo dalla rete alla ricerca di una pausa di totale solitudine, per poi rientrarvi con le stesse identiche modalità…un percorso che non prevede deviazioni e libertà di scelte diverse. Eppure, prenderne consapevolezza ci offrirà soluzioni.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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