la memoria e l'oblio


la memoria e l'oblio

 

            Perché e per chi custodire la memoria? Quale memoria?

La conservazione del patrimonio di memoria, carico di ricordi ci garantisce solo un animo più tranquillo nei confronti del Passato o ci dà forza e resilienza per vivere il Presente, ci indica persino il Futuro? È un garantirsi la permanenza nella continuità storica? Come ce la costruiamo e quale rapporto abbiamo con questa ingombrante parte di noi?

 

A proposito del patrimonio culturale Henri-Pierre Jeudi scrive: La sovrabbondanza dei luoghi di memoria offre una reale garanzia contro l'oblio. [...] Trasformarsi in opera per proporsi a modello delle opere buone dell'umanità è tipico della nostra modernità [...] Grazie al patrimonio dell'umanità, niente va perso[...] Poi aggiunge: Se l'esclusione sociale resta una questione di ordine socio-amministrativo, la specificità dell'individuo marginale è un oggetto privilegiato dell'impresa culturale allo stesso livello di quella dell'individuo ben integrato. L'identità culturale viene a colmare le défaillances dell'identità sociale. [...]Così accade con la ricostruzione delle storie personali nei video, con le fotografie, con i racconti dei percorsi di vita personale che sembrano garantire la conservazione dell'identità culturale. I percorsi di vita individuali o collettivi sono <messi in memoria>, esposti come frammenti di un'estetica esistenziale. [...] Come le catastrofi vengono trattate da oggetto museografico, allo stesso modo anche la miseria sociale può diventare un oggetto patrimoniale. [Henri-Pierre Jeudi Fare memoria, perché conserviamo il nostro patrimonio culturale, Giunti, 2011]

            Ai poli opposti, sembrerebbe che memoria e oblio si contendano il nostro Passato ed anche il Presente e il Futuro: eccessi di quel processo che regola la vita di ciascuno di noi alla ricerca di un difficile (raramente raggiunto) equilibrio tra ciò che dimentichiamo e ciò che indelebilmente inscriviamo come parte integrante della nostra personalissima storia e, oltre la vita di noi singoli individui, qualificano epoche, popoli, società. La Storia si potrebbe leggere e ri-leggere da questa prospettiva, dal quantum e per quali intenzionalità abbia acquisito la dignità di patrimonio indistruttibile, da conservare ad ogni costo.

Appunto! Il ruolo della memoria è conservare. Ma conservare in fondo non è un modo per porre fine a qualcosa che è ancora vivo? Il verbo che più frequentemente usiamo riguardo alla memoria non è forse "fissare"? Siamo allora noi a fissare nell'immobilità ogni tassello di memoria, sottraendogli ogni relazione vivificante con noi così da lasciarlo permantemente in una teca da museo oltre un nitido sicuro e impenetrabile vetro, trasformando ogni ricordo del nostro personale passato in assioma inderogabile. Se è questo il nostro modo di  conservare memoria di episodi della nostra personale vita o di  fonti, monumenti, foto, film, audio, registrazioni, ecc... di un Passato remoto nel tempo, di spazi lontani o di minuscole parti dell'universo allora; nel momento stesso in cui li possediamo, nel momento steso in cui li assolutizziamo come Verità, li chiudiamo nella loro perfezione, li condanniamo al silenzio.  

Eppure, quante volte abbiamo nettamente percepito di ri-vedere e modificare i ricordi di un passato che, in quanto passato, è immodificabile?

            Memoria e oblio forse non sono poli opposti o, piuttosto sono in così stretto rapporto da essere l'una, la memoria, possibile causa di oblio e urge che ne acquisiamo finalmente consapevolezza.

Entreremo nei Musei con il desiderio di ri-annodare con i cimeli e i resti del Passato le allentate maglie di una rete che tutti ci lega, dal nascere dell'umanità sulla terra,  costruiremo ogni nuovo giorno con l'inesauribile entropia che ci dona la  memoria pur fluttuante della nostra personalissima immodificabile storia.

            Quando lasciamo la parola al poeta, tutto e il contrario di tutto diventa possibile e accade:

Diamo tempo alla memoria di compiere il suo primo e più impellente ufficio: dimenticare                                                                                           Eugenio Montale, Nel nostro tempo

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

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