età evolutiva e counseling


età evolutiva e counseling

 

            Se il disagio è attesa delusa, ignorata, derisa del soddisfacimento di un bisogno personalissimo che resta insoddisfatto allora...anche il soggetto in età evolutiva vive forme di disagio.

L'età evolutiva è il periodo compreso tra la nascita e i venti anni circa ( nascita - sei anni; sette - tredici, quattordici anni; quattordici - venti anni), è il periodo della vita durante il quale l'individuo raggiunge il pieno sviluppo delle sue caratteristiche somatiche e psichiche. In tal senso potremmo estendere l'età evolutiva sino ai venti/venticinque anni, o se consideriamo, come alcuni recenti studi di neurologi esperti dell'età adolescenziale, il raggiungimento del pieno sviluppo quello conseguente  all'autonomia economica...la prospettiva si dilata fino ai ... quaranta anni.

 

            Anche se lo sviluppo psichico dell'individuo è un fenomeno che non si arresta mai, è vero che le maggiori rivoluzioni di ordine psichico, dalla consapevolezza del sé, alla formazione stabile della personalità, appartengono all'età evolutiva, per sua stessa definizione un'età in cui la crescita e le conquiste rispettano tempi  e modalità del tutto individuali, proprie cioè di ciascun soggetto (bambino, ragazzo, adolescente) e dunque tali da sfuggire a semplici catalogazioni e traguardi previsti con scadenze e cadenze predeterminate.

            Basterebbero già queste indicazioni generali per farci un'idea di quanto complesso sia il lungo tratto che dall'infanzia ci conduce alle soglie del mondo adulto, ma la sua implicita complessità per l'arduo cammino che la caratterizza ci può apparire persino abbastanza semplice nel momento in cui ci rendiamo conto che il soggetto che vive la sua età evolutiva è inevitabilmente connesso a realtà esterne da cui è condizionato e a cui, consapevolmente ma più spesso inconsapevolmente, re-agisce. Questa realtà esterna è a sua volta costituita da sistemi, da universi creati e governati da adulti (la famiglia, la scuola, il contesto sociale e culturale...) e comprendere il benessere come il malessere o il disagio di un soggetto in età evolutiva, significa comprendere e decodificare il sistema nel quale si trova a vivere; la difficoltà che si incontra, nel riconoscimento di questi problemi, sta nel fatto che molto spesso, durante questa età, non si riesce così facilmente a spiegare e ad esternare il proprio disagio verbalmente, piuttosto sono i comportamenti a manifestare segni di disagio, più o meno latenti. L’età evolutiva  infatti, implicando tappe fondamentali come l’inizio della scuola, l’integrazione con gli altri, l’apprendimento di regole, il cambiamento del corpo, impone  “sfide” importanti che possono provocare disagio.

Non sono rari disturbi d’ansia e dell’umore, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione dell’infanzia o della prima fanciullezza, disturbi dell’apprendimento, disturbi della comunicazione, disturbi del comportamento o il persistere di comportamenti aggressivi che infrangono norme e regole della società che vengono violate in modo ripetitivo e persistente.

            Il Counseling, avvalendosi della flessibilità di approccio, della relazione in cui al centro è la persona (non il problema), di  tecniche e strategie integrate, in una sorta di incontro trasversale tra tecniche affettivo-emotive come quelle gestaltiche, e rogersiane, affettivo-cognitive, cognitivo-comportamentali e quelle ecologico-sistemiche tipiche del modello strutturale familiare, strategico e sistemico è il sostegno più efficace per aiutare il soggetto in età evolutiva ad affrontare i cambiamenti, ancor più nella fase pre-adolescenziale e adolescenziale, quando non c’è più il bambino e non c’è ancora il ragazzo.

Il counselor  sarà il professionista in grado di  agevolare la comunicazione, perché in fondo di comunicazione si sta trattando, tra il soggetto in età evolutiva con le sue ansie, variazioni repentine e continue dell’umore, la disistima di sé che lo fanno sentire prigioniero dietro una barriera di solitudine e gli adulti: i genitori, delusi nel loro desiderio di essere amati per sempre e  i docenti  che sentono  minacciato il loro ruolo e persino  la loro identità.

All’adulto educatore, il counseling propone di imparare a cambiare se stesso, prima di pretendere che cambi l’altro, negoziare, ri-conoscere  e ri-provare fiducia in sé, nella vita, nel futuro, acquisire consapevolezza del proprio ruolo e della propria autoefficacia.

Il counselor è la figura professionale  che si “mette in gioco” con il suo interlocutore, facendo esperienza, insieme a lui, di emozioni e nuove strategie. Il counselor vede e aiuta a vedere, ad ampliare lo sguardo sugli attori dello sfondo e il contesto che in genere passano inosservati, così come, di fronte a episodi di bullismo oltre a concentrarsi sul bullo e la vittima, porta in primo piano tutti gli altri interpreti sulla scena: sostenitori coetanei della vittima, sostenitori coetanei del bullo, osservatori coetanei che non intervengono per paura, per imitazione o perché si sentono estranei al gruppo, perché non si ritengono direttamente coinvolti nella situazione e adulti presenti e distratti o deboli, o coinvolti indirettamente (genitori, docenti, allenatori…)

            Il counselor può rianimare in tutti i soggetti coinvolti la fiducia in se stessi, nell'altro, nella possibilità di costruire una comunicazione efficace, nell’oggi e nel domani: il rischio più esaltante che possiamo concederci.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

 

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