IL COUNSELOR NELLA CONTEMPORANEITA’. Protagonisti e testimoni del cambiamento

Inviato da Nuccio Salis

farfalla

I counselor che hanno scelto di transitare in questo periodo storico, sono coloro che si ri-trovano ad essere testimoni di un’era caratterizzata da una marcata complessità. Questo passaggio epocale di cui siamo osservatori e protagonisti, si sta rivelando ogni giorno di più un’occasione preziosa ricca di riferimenti e contenuti esperienziali per crescere ancora e continuare ad imparare. Le forme di apprendimento sono fra le più svariate, visto e considerato lo scenario dentro cui partecipiamo, svolgendovi la nostra quotidianità.

I pionieri del passato hanno dovuto fare i conti con l’ineluttabile povertà di metodi, con la scarsità di interesse verso un oggetto di studio ancora opaco e poco definito, e inoltre hanno dovuto misurarsi con una generale propensione scientifica a sottovalutare il ruolo delle dinamiche interattive fra ambiente e persona.

Attualmente, calati all’interno di una realtà che genera vicissitudini con una celerità mai sperimentata prima, sarebbe impossibile non rendersi conto dell’influenza esercitata dalla rapidità del mutamento culturale, scientifico e tecnologico sui processi di apprendimento, crescita e visione del mondo. E tale procedimento non è più pensabile soltanto verso menti ed identità cosiddette “in età evolutiva”, ma si è dovuto estendere a tutte le personalità soggette alla legge dello sviluppo, quindi inclusi adulti e perfino anziani.

 

La permanenza come idea che esalta l’esperienza dell’apprendimento non è soltanto uno slogan di tendenza, per un counselor, ma un ineccepibile punto di partenza da cui organizzare la possibilità del cambiamento in positivo. Accogliere il concetto della continuità della crescita, in seno al cammino esistenziale della persona, significa dotare l’individuo di stesso di un equipaggiamento solido, credibile e robusto attraverso cui proporsi una nuova avventura per vincere il mondo.

Per questa ragione il counselor contemporaneo, a mio piccolo avviso, si ri-trova in un contesto socio-culturale talmente frammentato e sempre più indecifrabile, che la ricerca di senso e di significato, l’orientamento e l’aiuto alla persona diventano compiti molto più impegnativi rispetto al contenitore dentro cui si situavano le figure storiche di tale approccio.

Se questo, da una parte ci carica di un’impresa situata all’interno di un contesto connotato dal peso della difficoltà e dal rischio della frammentazione, per un altro aspetto ci sta offrendo una sfida incommensurabile per testare anche il nostro livello di reale capacità di reazione di fronte alla complessità. Da una società pre-definita da un orizzonte di valori eteronomo, dentro cui si poteva sapere come far coincidere il percorso di crescita di un soggetto umano con le esigenze e le aspettative della collettività, attualmente ci si muove invece dentro una sorta di terra di nessuno, con zone di anomia ed altre come nuove isole da conquistare per quanto riguarda la possibilità di generare nuovi valori.

In altre parole, il counselor forse dovrebbe accettare la sfida e non tirarsi indietro, di fronte a tutta questa confusione all’interno di questa cornice contemporanea.  Forse egli, come operatore che sostiene ed osserva percorsi di crescita, dovrebbe cogliere maggiormente le opportunità, piuttosto che farsi limitare dal rischio.

Le trasformazioni eccezionali che si sono succedute nel periodo odierno, probabilmente erano imprevedibili perfino per quelle menti sagge che ci hanno consegnato in eredità questo approccio dell’aiuto, ed alle quali dobbiamo tutto, in termini di formazione e di ispirazione per l’agire. Se pensiamo soprattutto ai modelli della comunicazione ed alla loro severa influenza sugli atteggiamenti, sulle dinamiche interpersonali in tutti gli ambiti della vita e sulle strategie di pianificazione delle nostre attività, non possiamo che cogliere la necessità di osservare la portata di questo fenomeno, in modo da esserne il più possibile anche partecipi, in posizione attiva e in modalità critica, per non subire le trasformazioni ma codificarle, seguirle e ristabilendo il nostro percorso. Questo è un dovere per noi che ci proponiamo come coloro che facilitano o alleggeriscono un cammino di crescita. Dobbiamo essere i primi ad adottare criteri di lettura del mondo sociale, se vogliamo essere presenti all’altro con il peso della nostra credibilità. E per essere dei modelli il più possibile congruenti, forse dovremmo anticipare proprio noi l’esempio di voler comprendere, approfondire ed accogliere le novità frequenti e capillari che si manifestano a noi con una certa assiduità. Per questo, credo che prima di tutto, un counselor attualmente dovrebbe esprimere di sé soprattutto la qualità dell’essere flessibile, inteso come forma mentis, naturalmente. Egli dovrebbe rappresentare questo concetto non certamente in modo caricaturale come vorrebbe lo slogan riferito esclusivamente al campo dei rapporti di lavoro. Così come dovrebbe essere teso all’innovazione e pronto alla polivalenza, sempre denotati come atteggiamenti e predisposizioni che ci costruiscono con l’interesse verso sé e verso gli altri.

Egli dovrebbe inoltre esprimere una moltitudine di interessi, poiché l’attività che ha scelto lo porta inevitabilmente alla multidisciplinarietà e alla re-visione del sapere scientifico, in forza degli aggiornamenti e dei cambi di paradigma. Questa sensibilità alle contaminazioni è importante, specie dentro un mondo che procede per confronti e scambi. Perciò un counselor non è soltanto uno che ha studiato il counseling, o un professionista titolato e gallonato che possiede la materia. Egli è soprattutto una persona che accetta e coglie il divenire, che cavalca quel Panta Rei eraclitico che ci permette di assaporare la vera natura e il senso della trasformazione. Solo il counselor che è testimone autentico e motivato partecipante di questo processo storico e umano, potrà offrirsi come modello autorevole per il supporto alla persona, poiché come è noto, soltanto la specie che sa promuovere l’adattamento è destinata a sopravvivere. Naturalmente, è sulla buona qualità di tale adattamento che si gioca lo statuto del counselor come professionista in grado di mobilitare nella persona il desiderio di essere protagonista della sua esistenza, e soggetto attivo nel suo contesto storico ed esperienziale.

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