I templi di Asclepio nella Grecia antica: il valore del sonno e del sogno.


tempio sogni

Gli antichi Greci ritenevano che “un dio facesse visita durante un sogno per portare messaggi”.[1]Da questa base concettuale furono poi costruiti numerosi templi per l’incubazione dei sogni dedicati ad Asclepio, dio della medicina.

Di singolare interesse è l’importanza del rituale e dell’immaginale nell’incubazione del sogno nell’antico culto terapeutico di Asclepio, tramandata nell’epoca romana come Medicina di Esculapio, proseguendo la tradizione del rituale di incubazione del sogno come strumento di cura, già presente presso gli antichi Egizi fin dal XV sec. a.C.

La pratica si sviluppa in modo diverso nell’antica Grecia, nelle diverse regioni, templi e secoli. Storici ed archeologi riferiscono della costruzione dai 420 ai 643 templi in onore del dio Asclepio, in attivo uso terapeutico e di culto per circa mille anni, dal VI sec. a.C. fino al V secolo d.C.

 

Il primo Asclepion romano fu fondato nel 293 a.C. nell’isola Tiberina, isolotto al centro del Tevere, che è sempre stato luogo di pratiche mediche e religiose, nel quale l’attenzione era rivolta al corpo e all’anima.[2]Nel Mondo Antico queste pratiche erano unite proprio nel Tempio di Asclepio e la prassi di incubazione del sogno era un rituale religioso di culto e una pratica terapeutica di guarigione. Si potrebbe intendere come psicoterapia immaginale, nella quale anima e corpo del malato non erano trattate separatamente ed era richiesta, da parte dell’incubante e potenziale sognatore, una posizione attiva, allo scopo di produrre le immagini trasformative.

Il mito di Asclepio, figlio di Apollo e della ninfa Coronide, e il suo culto si diffusero in Tessaglia in età pre-omerica; si sviluppò nel mondo classico con centro a Epidauro ed accolse nella propria sfera anche le esperienze della famosa scuola di medicina di Cos, nella quale si formò anche Ippocrate. Caratteristica del culto di Asclepio era la nozione di guarigione nella quale si identificavano il raggiungimento della salute fisica e una particolare esperienza del divino, vissuta sul limitare tra vita e morte.

I pellegrini che si recavano, ad esempio al Tempio di Medicina ad Epidauro, per prepararsi all’esperienza e per il periodo di permanenza al tempio, dovevano osservare norme igieniche ed alimentari (es. evitare alcuni cibi, digiunare o mangiare poco) e regole comportamentali. Una volta giunti a destinazione, era il momento di bagni nell’acqua fredda delle fontane per purificare corpo, mente e spirito e di relax a contatto con la natura; c’era la possibilità di partecipare a giochi atletici e danze nel gimnasium, di cogliere le meraviglie dell’arte e della musica, di partecipare a concerti e spettacoli teatrali e poi le offerte di doni al dio, in modo particolare dolci di grano. La guarigione del corpo implicava un sondaggio dell’anima attraverso il sogno e la drammatizzazione creava un terreno propizio all’agire dei farmaci.

La cura era indirizzata anche verso la psiche; infatti, Asclepio ordinava anche esercizi psichici, che consistevano nel comporre odi, carmi, mimi comici, ecc. Sostanziale era il valore terapeutico dato oltre che dalla musica, dalla parola. “Psicoterapia verbale” nella quale si assegnava al paziente lo stesso ruolo di soggetto attivo, attribuendo ai suoi discorsi, alla declamazione e alla recitazione una funzione terapeutica di disturbi psichici.[3]

Una volta aver compiuto i preliminari, la purificazione, aver fatto le offerte e ascoltato gli insegnamenti dei sacerdoti, l’attesa riguardava l’invito del dio in sogno. Solo dopo questo invito, i sacerdoti concedono il permesso per entrare nel dormitorio proibito e cercare un sogno per curare, grazie alla visita personale del dio, e implorare la stessa  divinità di potere accogliere i sogni che giungono e che sono cercati ardentemente.

Per ottenere il sogno terapeutico dal dio, si giaceva nella kline, in modo da poter essere poi iniziati ai riti misterici dell’incubazione pratica, che consisteva nel dormire nello spazio “sacro” (temenos). Qui l’aria è pesante d’incenso e le persone ammesse devono giacere sopra una pelle di capra, ancora col sangue del sacrificio, tra numerosi grossi serpenti che contorcendosi attraversano il pavimento. Lo hieron, il santuario di Asclepio, dormitorio proibito dove venivano incubati i sogni, era di solito posto in un luogo remoto.

Molti pellegrini avevano sogni vividi nei quali appariva il dio Asclepio; per altri si mostrava come statua o animale a lui sacro, es. civetta, gallo, capra, cane e soprattutto serpente. Quando essi si svegliavano, si sentivano ristorati e condividevano le loro esperienze oniriche.

Il culto di Asclepio ci permette di comprendere come nell’Abaton fossero ammessi solo coloro per i quali era possibile l’accesso al simbolico; l’immagine archetipica del vecchio saggio o la funzione trascendente, rappresentata dall’immagine onirica della statua di Asclepio o del serpente, erano così attivate.

L’esistenza di un luogo del tempio in cui i pellegrini potevano sognare la chiamata del dio, l’essere chiamati dai sacerdoti a dormire nel luogo proibito presso la grande statua, ricordano, in modo analogo, gli psicoanalisti junghiani che invitano il cliente a fare un sogno prima di essere accettato in analisi, per capire se egli è pronto per intraprendere l’esperienza di trasformazione e individuazione.[4]

 


[1]Edoardo Giusti, Veronica Rosa, Psicoterapie della Gestalt. Introduzione dell’Evoluzione Pluralistica, Roma, Sovera Multimedia s.r.l., 2006, p. 295

[2]Maurizio Gasseau, “Dall’incubazione dei sogni nei templi di Asclepio all’incubazione del sogno nello psicodramma junghiano” in AA.VV.,Il sogno. Dalla psicologia analitica allo psicodramma junghiano, a cura di Maurizo Gasseau e Riccardo Bernardini, Milano, Franco Angeli, 2009, p. 236.

[3]Salvina Artale, “Un caso clinico della Storia antica. Publio Elio Arisitide” in AA.VV., Il sogno. Dalla psicologia analitica allo psicodramma junghiano cit., p. 93.

[4]Maurizio Gasseau, “Dall’incubazione dei sogni nei templi di Asclepio all’incubazione del sogno nello psicodramma junghiano” in AA.VV.,Il sogno. Dalla psicologia analitica allo psicodramma junghiano cit., p. 240. 

Potrebbero interessarti ...