TRATTAMENTO DEL BENESSERE IERI E OGGI: La tradizione è nel futuro?

Inviato da Nuccio Salis

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Numerosi concetti terapeutici, volti all’indirizzo del benessere della persona, sono spesso riformulazioni di antichi saperi e saggi consigli, ripescati dal più antico passato e ricontestualizzati in un presente con nuovi linguaggi. Spesso, i nuovi enunciati con cui tali orientamenti vengono presentati, sono infarciti di terminologie di importazione, in genere anglosassone, come per sottolinearne una ridondante autorevolezza. Analizzandone a fondo la semantica e i contenuti, si risale facilmente a una radice umanistica dal robusto spessore filosofico. Nelle più svariate discipline, affermazioni e suggerimenti dispensati da vari professionisti, anche se corroborati da documentazioni scientifiche e statistiche che ne attestano una certa validità euristica, risultano essere una rivisitazione concettuale riadattata ai paradigmi epistemologici della ricerca contemporanea.

Come non ricordare il nutrizionista inscatolato alla TV che ci ricorda, soprattutto in estate, di bere molta acqua, mangiare il gelato e consumare frutta fresca di stagione; strano che non raccomandi di non accendere i termosifoni! O ancora il medico che invita a non abbondare coi pasti, tenersi in esercizio, praticare uno sport ed evitare eccesso di bevande alcoliche.

 

La filosofia della nonna, l’esperienza del passante di strada, rappresentano ancora oggi quel prezioso capitale di saperi, consuetudini, dottrine di vita e di comportamento verso i quali nemmeno la scienza più avanzata sembra potersi sottrarre. Ed è così che la ricerca procede come il Giano bifronte, progredendo nel suo avanzare e guardando al tempo stesso all’indietro, recuperando e rielaborando ciò che sembra lasciarsi alle spalle.

Illustri e storici pensatori antichi avevano già intuito che la materia fosse composta da un’aggregazione infinitesimale di particelle atomiche, così come tutte le riflessioni sulla natura delle relazioni a carattere educativo e la funzionalità dei processi comunicativi hanno dato il viatico a tutte le teorie contemporanee sull’importanza della gestione efficace delle dinamiche interpersonali. La visione decentrata dalle personali prospettive egocentriche, sempre più promossa dagli attuali programmi di training terapeutico, dato per fare un esempio, è una conquista intellettuale che si deve far risalire alla filosofia epicurea sulla sospensione dello sguardo, ma anche all’ammonimento di Gesù Cristo circa l’effetto boomerang implicato nel giudizio: “Non giudicare, poiché con la stessa misura con cui giudichi verrai giudicato”.

La molteplicità e la frammentazione con cui si stanno somministrando gli odierni percorsi di riequilibrio, conservazione o ripristino del benessere psicologico, hanno radici profonde, rintracciabili in un corpo di dottrine e conoscenze filosofiche, religiose e spirituali. L’approccio scientifico contemporaneo, se per lungo tempo le ha irrise e svalutate, ora le rivaluta e le re-intrerpreta, anche alla luce delle nuove esigenze del marketing della salute, che impone spesso una sorta di re-invenzione di ciò che c’è già, e che c’è stato da molto tempo.

Ed ecco allora che l’approccio terapeutico, inteso nel senso più ampio e globale del termine, per non soccombere a certe mode e tendenze che riguardano, per esempio, l’adesione e l’interesse verso tradizioni orientali quali yoga, tai-chi ecc., viene in una certa misura pressato a ritrattare ed aggiornare i suoi paradigmi, per ripresentarsi con una veste più accattivante, e diciamola tutta in certi versi anche più idonea alla complessità di un soggetto in evoluzione. Parole chiave quali rilassamento, consapevolezza, potere, sembrano esercitare un fascino decisamente attrattivo verso chi è alla ricerca di una ristrutturazione di se che superi quei modelli di trattamento standardizzato, percepiti o già vissuti come eccessivamente rigidi e talvolta poco fecondi o inconcludenti.

I percorsi da destinare alla promozione e alla tutela del benessere integrale nella persona, oggi si trovano ad abbracciare forzatamente il valore intrinseco di certe discipline che propongono la ricentratura di se attraverso meditazione, respiro consapevole, coscientizzazione corporea e vari strumenti di ricerca ed esplorazione di se che conducano ad una dimensione “altra”.

L’eccessivo pragmatismo dell’approccio terapeutico, ha per lungo tempo lasciato insoddisfatte tutte quelle istanze di riappropriazione di se, visione profonda dell’Io, desiderio di trascendenza. Tabù legati ad aspetti culturali e ai limiti imposti dal linguaggio scientifico, hanno fatto sopire per un periodo lungamente eccessivo tutti quei bisogni interiori, arcaici, mistici, naturali e soggettivi dell’individuo umano. Il materialismo organicista, dualista e cartesiano, che ha dominato in qualunque setting clinico, ha ignorato e bocciato tutte le autentiche espressioni dell’uomo, fugandole invece di accoglierle, temendole invece che amarle.

Si va però facendo strada un orizzonte di rivincita, verso la nostra Ombra, tacitata di mostruosità e di eresia, scambiata come lugubre creatura del buio. Essa riemerge dall’abisso come un buon demone che ci richiama a prendercene cura, a rivendicare la legittimità di una rinascita piena, completa, consapevole, che ribalterà definitivamente la poltroncina di Freud, finanche dall’immaginario collettivo, per riaffermare il bisogno dell’oltre, dello sguardo verso l’imponderabile, del gusto di accogliersi spassionatamente senza confondere l’impulso vitale per disturbo o sintomo di un chissà quale arbitrario malessere.

Occorre dunque una piattaforma terapeutica in grado di offrire un sostegno valido e più che efficiente, che riesca a mettere insieme la solidità della tradizione con la generazione di nuovi linguaggi che si mostreranno tanto più efficaci quanto più si mostreranno aperti, fungendo da potenziali allacci, punti di unione, confronto e convergenza a sapore dialettico. È nella dinamica di questa scommessa che si apre la possibilità di poter finalmente espandere un agire dell’aiuto a carattere olistico, inglobante ogni dimensione interdipendente dell’umana natura. E ciò non riguarderà solamente il repertorio degli strumenti disponibili, quanto soprattutto la natura dell’approccio scelto. Teoria e orizzonte applicativo possono e devono crescere insieme, e per poterlo fare si devono coniugare dentro un sinottico epistemologico che decide di affrontare coraggiosamente il cambiamento, piuttosto che conservare con ostinazione un impianto concettuale e operativo magari obsoleto e inadeguato. In pratica, una disciplina, per poter crescere, deve comprendere che la sfida dell’incertezza è meglio dell’incertezza della sfida.

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