La verbalizzazione, o rispecchiamento

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Eating-MirroringLa verbalizzazione, o rispecchiamento dei sentimenti e una forma di supporto verbale che riformula gli stati d'animo contenuti nel messaggio del cliente, al fine di aiutarlo a mettersi in contatto con gli aspetti emozionali del suo discorso e a porre il risalto il significato soggettivo che attribuisce alle proprie esperienze, in modo tale che possa acquisire una maggiore consapevolezza dei sentimenti che prova.

 

La verbalizzazione, assomiglia ad una parafrasi, che anziché concentrarsi sui contenuti e sui fatti raccontati si focalizza sulle parole emotive richiamando la dimensione affettiva ed emotiva del racconto.

La verbalizzazione permette al cliente di:

-comprende l'origine delle proprie emozioni

-di dare un nome alle proprie emozioni

-di gestire consapevolmente propri stati d'animo

-di condividere i propri sentimenti

la verbalizzazione può avvenire attraverso

-il rispecchiamento diretto delle parole "emozionali" del cliente, allorché si ripete ciò che il cliente ha affermato in termini emotivi. Ad esempio "ha detto che era triste confusa?". Inizialmente può essere utile che il counselor identifichi le parole chiave che modo diretto si riferiscono al mondo emozionale del cliente (preoccupato, felice, triste) per usarle nello stesso modo in cui il cliente stesso ne ha utilizzate (è veramente preoccupata?).

-un sinonimo, ossia un termine usato che esprime lo stesso significato. Esempio: il cliente dice "mi sento leggermente depresso", il counselor chiuso un sinonimo risponde: "ti senti giù di tono?".

-antinomia, ossia un termine usato per esprimere uno Stato emozionale opposto.

Es. affermazione del cliente: "non mi sento considerato....."

-verbalizzazione del counselor "tu sei dispiaciuto di non essere apprezzato da..."

-affermazione del cliente " stare qui è terribile"

verbalizzazione del counselor "non sopporti più l'idea di trovarti in questo posto?".

-un optativo, ossia un termine usato per esprimere l'emozione desiderata. Ad esempio il cliente dice: "mi sento infelice" il counselor "desideri essere più felice?"

-una domanda aperte diretta, del tipo: "che cosa prova in questo momento?", "può descrivere come si sente?" Oppure modo più dolce "desidera dire che si sente in relazione a ciò che ha riferito?"...

-una domanda chiusa che veicola una parola mancante che emette luce un'emozione tenuta nascosta o non ancora riconosciuta ad esempio: "ciò è stato doloroso per lei?", può darsi che si sia sentita arrabbiata verso di loro?".

-attraverso le evidenziazione di indizi non verbale che sono discrepanti con il dichiarato

ad esempio: "dici di sentirsi a tuo agio, ma ti muovi in continuazione"... oppure "dici di trovare tenerezza verso i tuoi genitori, ma lo dici tenendo i pugni serrati. Che cosa significa questo per te?". Tra le evidenziazione sono possibili solo all'interno di un transfer altamente positivo altrimenti ci si deve limitare l'osservare un aspetto della comunicazione non verbale per chiedere al cliente in modo aperto: "che cosa significa per lui". Es. "ho visto deglutire, che cosa stai mandando giù? Che cosa significa per te deglutire? Che cosa?

Poiché molti clienti hanno sentimenti contraddittori nei confronti degli aventi delle persone più significative della loro vita che difficilmente esprimono (spesso di una tristezza c'è rabbia, dietro la rabbia il senso di colpa ecc ), diventa indispensabile per il counselor aiutare il cliente a diventarne consapevole, anche se non sempre ciò è possibile in tempi brevi.

-attraverso la formulazione di frase direzionale

il cliente viene incoraggiato a descrivere come è stata vissuta l'emozione utilizzando "altre" prospettive e altre parole. "Poi descrivere in altro modo la tua sensazione di essere colpito da qualche cosa di inspiegabile che chi ha bloccato?

Perché la verbalizzazione sia efficace occorre che:

- sia coincisa e concreta

-si riferisce al canale sensoriale privilegiato (uditivo, visivo o cinestetico) dal cliente: "ho sentito che lei provava...", "sembra che lei senta... ". Sfortunatamente questi inizi di frase sono stati usati così spesso che possono sembrare quasi degli stereotipi. Per questa ragione, in taluni casi, si possono anche ammettere o variare a discrezione del counselor.

-privilegi gli stati emozionali attuali, ossia come il cliente che sperimenta nel qui è ora nella relazione: ad esempio "ora lei è arrabbiato", anziché dire questa volta si sentiva arrabbiato".

Alcuni clienti risultano essere sopraffatti dalle emozioni e dai sentimenti, e quindi usano il pensiero e di processi cognitivi per evitare di fermarsi su cosa sento.

E importante quindi, che il counselor sa perché vi sono cliente che preferiscono vivere l'emozione piuttosto che nominarle che usano inconsapevolmente l'emozione per evitare un contatto vero con sé stessi. Tale clienti, con tratti isteriche o bordeline, possono essere sopraffatti dall'eccesso di emozioni, cadere vittima di uno Stato di disgrego l'azione emotiva

-preferiscono nominare ed etichettare le emozioni, anziché vivere a livello senso motorio, oppure preferiscono un atteggiamento astratto di non contatto diretto sull'emozione.

In quest'ultimo caso quando il cliente con tratti alessetimici od ossessivo non entra in contatto con l'emozione, il counselor o con molta prudenza:

-chiedere al cliente di esprimersi ancora sull'argomento trattato: "ti dispiace tornare sulle cose di cui stavi parlando?"

-ritornare sulla parola evocativa di uno Stato emozionale

-presentare alcuni aspetti positivi collegati con l'emozione provata ad esempio "il provare vergogna ci consente di essere persone discrete e correttamente riservate".

Amplia la descrizione dell'emozione attraverso l'immaginazione: "se l'emozione fosse un'immagine, un suono un odore come sarebbe? "

 

 

 

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