Prospettive o Aspettative?


Prospettive o Aspettative? *

  Le aspettative sono amiche del mattino, lo nutrono e se ne giovano  con  energica  naturalezza,  di  piccola  entità  o ambiziose, preparate con cura o solo immaginate.

E poi?  Quante volte le abbiamo viste realizzarsi? 

È accaduto  talvolta  che  congiunture  favorevoli abbiano persino  superato  ogni  nostra  ottimistica  aspettativa,  e quando è accaduto  abbiamo  ben  fissato  nel  nostro  almanacco  quei momenti di vera gioia, eppure proprio in quei momenti abbiamo indistintamente avuto conferma che non siamo i soli registi degli eventi che viviamo; essi sono il risultato di un concorso di cause, recenti e antiche, visibili o nascoste, di rilievo o che apportano solo un  quid  infinitesimale  che  contribuisce  a  realizzare  l’evento desiderato o a negarlo. 

Poiché in gran parte ci sfuggono le modalità e le complesse interazioni  di  questo  intricato  “sottobosco”  che  in  definitiva condizionano  le  nostre  aspettative,  siamo  inclini  a  provare  un sentimento  di  sfiducia  nei  confronti  della  vita  e  delle  nostre capacità. 

Se le nostre aspettative sono connesse a fattori e situazioni innumerevoli, tra loro interdipendenti e non sempre controllabili (di cui la realtà che viviamo da ormai due anni è emblematica dispensatrice), perché attribuirci la responsabilità totale di un fallimento qualora non si avverano? 

Se  solo provassimo, al  mattino, quando  si  avvia una nuova giornata, a dare priorità, prima che alle aspettative, alla prospettiva per cui le alimentiamo, le inseguiamo, al disegno che stiamo tracciando, all’intensità delle nostre convinzioni, potremmo scoprire, al di là e oltre l’innegabile complessità scoraggiante che si  accompagna  alla  realizzazione  di  ogni  nostra  aspettativa,  atteggiamenti e comportamenti utili a rafforzare il nostro contributo a che gli eventi vadano nella direzione che noi desideriamo o a comprenderli e forse a comprenderne il senso. 

Possiamo imparare ad accettare una risposta negativa, insomma, se  ogni  giorno  ci  alleniamo  a  coltivare  prospettive  di  azione, pensiero,  atteggiamenti,  comportamenti. La perfezione non ci appartiene e per questo siamo chiamati al cambiamento verso il meglio, ma proveremo accettazione di noi stessi ed è questa la via che ci conduce al nostro bene-essere.

Proviamo a considerare che un risultato insoddisfacente è  una  risposta,  un  feedback  in  itinere  e  ci  sentiremo  capaci  di continuare a lavorarci con impegno per renderlo migliore. 

La Programmazione Neuro Linguistica, PNL che suggerisce di considerare ciò che chiamiamo insuccesso, semplicemente un feedbackdal quale trarre informazioni importanti su come modificare le nostre richieste a noi stessi, agli altri, al futuro [1]  e  la  tendenza  al  proprio  bene-essere,  definita  tendenza attualizzante  da  Carl  Rogers,  fondatore  del  counseling  non direttivo centrato sulla persona, possono essere i due presupposti teorici e provati nella loro efficacia, entrambi essenziali perché ciascuno di noi trovi o ri-trovi il senso della sua vita. [2]

[1] si veda Philip Miller, La cassetta degli attrezzi della PNL, trad. it. A. Basso, Amrita, Torino 2009

[2] Carl Rogers, La terapia centrata sul cliente, Giunti, Firenze 2013

 * adattato da Giancarla Mandozzi, Ascolto parole silenzi, 2020

Cordialissimamente

Giancarla Mandozzi

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