Conosci il KamaSutra delle relazioni? Posizioni psicologiche nei rapporti d’amore

Inviato da Milena Screm

kamasutra delle relazioniHai letto il titolo, ti sono brillati gli occhi, i tuoi neuroni si sono caricati come pile: il tuo cervello, curioso, non vede l’ora di conoscere i segreti millenari delle posizioni psicologiche nei rapporti d’amore …
Ti aspetti cento e una posizione?
Mi spiace deluderti, nei rapporti d’amore ne bastano molte meno. Sia a complicare la vita a due, sia a renderla fluida e gratificante.

E quando saprai quali sono, cosa ti aspetti che cambi?
Attenzione: t’informo di una cosa importante. La conoscenza, l’informazione mentale, priva di consapevolezza serve a poco. Quindi, se intendi leggere quest’articolo e farne un uso evolutivo, ti dovrai ascoltare e osservare, per renderti conto delle tue posizioni abituali. Poi ti serviranno delle verifiche e, se vorrai cambiare qualche cosa per miglioralo, dovrai impegnarti, darti da fare, mettere energie. Forse ne seguirà una crisi, succede in queste cose, ma è fisiologica e, in genere, è l’anticamera di una fase di crescita.


Quindi,

  • se ti aspetti bacchette magiche,
  • se vuoi soluzioni facili, rapide e indolori,
  • se preferisci che le tue relazioni rimangano come sono, anche se non ti soddisfano completamente,

passa alla lettura di un altro articolo.

Faccio la Counselor da quasi trentasei anni e alcuni anni fa mi sono soffermata a riflettere sulle tematiche che più spesso i clienti portano come oggetto di lavoro. Insicurezza e bassa autostima, gestione delle emozioni, gestione delle relazioni affettive sono i tre argomenti che ho focalizzato essere quelli per i quali ricevo il maggior numero di richieste.

Ti faccio una rivelazione: possono sembrare tre obiettivi disgiunti, invece molto più spesso di quanto non si creda sono collegati.
Per esempio: sono ansioso/a, questo mi genera insicurezza; le due cose insieme mi danno un senso d’incapacità quindi di disistima; il tutto si riflette – oltre che sulla relazione con me – anche nelle relazioni con gli altri, comprese quelle affettive.
Altro esempio: ho difficoltà di relazione, il contatto e l’intimità con l’altro mi generano insicurezza, impaccio e disagio; reprimo le mie sensazioni ed emozioni, mi controllo, ma l’ansia la fa da padrona; ho scarsa considerazione di me come partner.

All’inizio parlavo di “posizioni” psicologiche nelle relazioni d’amore. Mi riferisco a comportamenti inconsapevoli, spesso sviluppati nell’arco della prima fase della vita (infanzia/adolescenza). Si tratta di “copioni” che in genere ricalcano comportamenti appresi in famiglia, oppure sono delle reazioni (l’esatto contrario) a questi.
Anche la biografia ha un peso, ovviamente; e oltre a questo ha ancor più peso cos’abbiamo ricavato dagli eventi chiave della nostra esistenza. Mamma era depressa e insoddisfatta, secondo lei perché papà l’ha delusa? Alcuni figli s’identificano e prima o poi nella loro vita entrano a loro volta in qualche ”copione” analogo; altri, in reazione, evitano accuratamente un partner, nella loro percezione, che potrebbe deluderli e portarli alla delusione.
Papà era totalmente identificato nel lavoro, quindi assente ed emotivamente distante? Probabile che i figli maschi adottino lo stesso modello relazionale affettivamente; facile che le figlie femmine, nella più totale inconsapevolezza, si ritrovino in relazione con uomini che prima o poi sono assenti e distanti.

Ma per fortuna non siamo solo il risultato degli eventi della nostra vita infantile, anche se questi hanno un peso determinante nella nostra formazione e richiedono, quindi, un po’ di attenzione, di consapevolezza e di elaborazione.
Siamo anche esseri intelligenti che, dopo averle vissute e percepite, elaborano le esperienze e ne ricavano conclusioni e convinzioni. Attenzione però che sia la percezione sia le conclusioni che si traggono dalle esperienze, sono aspetti molto condizionati da fattori soggettivi.

A quali “posizioni psicologiche” comuni possiamo fare riferimento allora?
A poche. Le possiamo dedurre osservando ciò che accade in natura (ma fior fior di scienziati hanno sviluppato al riguardo varie teorie).
Da un punto di vista delle relazioni, ogni essere umano vive come prima esperienza quella della simbiosi: il periodo della gravidanza, durante il quale sperimentiamo la vita all’interno dell’utero materno; non siamo due, siamo uno, fusi, simbiotici.
Poi, dopo circa nove mesi, la natura definisce che il tempo di un cambiamento: la seconda esperienza relazionale è la separazione, la definizione fisica di sé distinto dall’altro. La definizione psicologica di questa separazione ha tempi molto più lunghi delle poche ore che servono invece al corpo.
Il processo io, tu, noi si sviluppa durante tutta l‘infanzia, privilegiando prima una relazione a due, con la madre, poi a tre (io, mamma, papà), altri famigliari (quando ci sono). Fino al tempo della scolarità e dell’esplorazione delle relazioni al di fuori del nucleo familiare; per proseguire nell’adolescenza, con la definizione dell’identificazione sessuale.

Da questa fittissima e complessa rete di esperienze, modelli introiettati, percezioni su sé stessi e sugli altri, convinzioni ricavate (su sé stessi e sugli altri), elaborazioni (coscienti e inconsapevoli), nascono delle tendenze delle quali, in genere, vedono solo gli effetti, i risultati, nelle proprie relazioni.
In massima sintesi (quindi sicuramente in modo un po’ riduttivo, anche se realistico), queste tendenze possono essere ridotte a tre filoni principali:
i nostalgici della vita simbiotica; ricercano inconsciamente uno stile di legame simbiotico, con confini poco o affatto definiti; in genere sono poco autonomi (emotivamente, a volte anche sul piano pratico) e tendono alla dipendenza dall’”oggetto d’amore”;
gli intolleranti al legame; percepiscono la relazione affettivamente intima come una gabbia costrittiva e la rifiutano; questa posizione è chiamata “contro dipendenza”, lascia le persone molto libere ma anche molto sole; hanno confini psicologici eccessivamente definiti;
quelli che hanno saputo sviluppare l’interdipendenza; la terza posizione è quella auspicabile per una persona adulta: ha confini psicologici sani, ha una giusta dose di autonomia e una buona capacità anche di essere con l’altro, in interdipendenza appunto; non si tratta di essere due mezze mele, piuttosto io sono una mela e tu sei una mela, stiamo insieme?

Siamo un’unità mente-corpo-emozioni, ognuna di queste parti influenza le altre, la percezione e il comportamento. Siamo plasmati dall’educazione ricevuta, dalla cultura nella quale siamo immersi, nelle abitudini che abbiamo acquisito. Ognuno di questi aspetti ha bisogno di essere illuminato dalla consapevolezza; schemi e condizionamenti hanno bisogno di essere compresi e, a volte, trasformati. Non in modo intellettuale ma con un approccio multiplo e integrato, che passando dal corpo liberi le emozioni e sciolga la mente.

Milena ScremMilena Screm
direttrice della scuola Insight di Milano

www.insightformazione.it

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