I talenti della plasticità


I talenti della plasticità

Foto di John Hain da Pixabay        

 

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Plasticità, intesa come plasticità cerebrale, fenomeno di complesse caratteristiche proprie del sistema nervoso, non necessariamente omogenee.

Per  quali motivi e con quali giustificazioni, è opportuno che un counselor si interessi anche di sistema nervoso e dunque di neuroscienze? in molti sarebbero pronti a sollevare una obiezione, come se tenersi informati sugli sviluppi e la ricerca nell’ambito delle neuroscienze fosse mero esercizio di un counselor “tuttologo”. In realtà, interessarsi di disturbi, lesioni, patologie per conoscere ed evidenziare i relativi compensi dà conferma che l’unico ambito in cui spazia la professionalità del counselor è la salutogenesi,  appunto un processo dinamico e non condizione stabile.

Porsi domande è risorsa primaria che ciascuno di noi è chiamato a coltivare, tanto più in un mondo, oggi, che insegue solo le risposte (confezionate da altri, soggette a obiettivi e interessi altrui, già belle e pronte e solo da …applicare) e sono convinta che il dubbio e il domandarsi siano la risorsa “tradita” (si veda il mio testo La risorsa tradita, 2019).

Accenno brevemente una risposta sull’importanza, in quanto counselor, di accostarsi alla neurobiologia ed è risposta che non può prescindere da un dato di fatto: il counselor è formatore ed educatore, di sé e della persona in aiuto. In quanto formatore è tenuto a darsi una forma che va definita e ridefinita ad ogni esperienza di vita e professionale e la forma implica conoscenza progressiva di sé, del proprio sistema cognitivo-emozionale, delle implicazioni del proprio sistema nervoso che condiziona e pilota ogni sua scelta. In definitiva, è una modalità che consente al counselor di comprendere e vivere a pieno il rogersiano “modo di essere”, che si alimenta di una consapevolezza di sé continua e attenta.

In quanto, poi, educatore, il counselor come si rende disponibile e aperto al cambiamento per ottimizzare i suoi punti di forza e attutire o risolvere le sue fragilità, allo stesso modo sarà in grado di agevolare la persona in aiuto a scoprire in quale/quali direzioni volgere il proprio cambiamento per ri-trovare o consolidare la propria autostima, fondamentale base per accettare ogni cambiamento.

Proprio nel complesso mondo della relazione di aiuto, la plasticità cerebrale è contributo di grandissima rilevanza, capace di avvalorare principi fondanti del counseling, strategie e tecniche, dando fondamento scientifico alla “tendenza attualizzante”, alla capacità dl cervello di correggere errori anche ripetuti, alla natura dinamica della memoria…

Da un articolo del prof. Alberto Oliverio, ecco alcuni spunti:

sono plastici i comportamenti delle specie animali dotate di un cervello in grado di apprendimenti sofisticati e della capacità di generalizzare, come sono plastiche le modifiche dell'architettu-ra neuronale e sinaptica che si verificano in rapporto agli stimoli ambientali, soprattutto nel corso delle fasi precoci dello sviluppo; ma plastici sono anche i fenomeni di compenso delle lesioni a livello centrale o le modifiche sinaptiche che si verificano nel corso dei processi di abitudine e di memoria. […]

la plasticità cerebrale decresce lentamente con gli anni. I fenomeni plastici, non sono limitati alla fase prenatale o a quella infantile, come si potrebbe essere indotti a credere: so-infatti plastici anche i fenomeni che si verificano durante tutto l'arco della nostra vita in occasione della memorizzazione, come sono plastici i tentativi di riparazione che hanno luogo nel cervello dell'adulto in seguito a danni del sistema nervoso centrale. […]

Per il neurorobiologo il termine "plasticità" ha indubbiamente carattere più riduttivo: si riferisce a fenomeni si-itici o neuronali che vanno da modifiche del numero e dell'attività dei recettori nervosi che tappezzano la superficie di neuroni e su cui agiscono i neurotrasmettitori, a variazioni del calibro dei piccoli "pori" attraverso cui fuoriescono o entrano gli ioni, ai processi di formazione delle sinapsi e crescita degli assoni. Ma sono questi microscopici eventi che, in ultima analisi, sono responsabili dei processi di riparazione nervosa, che interessano più da vicino il clinico. Perciò le odierne ricerche dei neurobiologi sui fenomeni degenerativi che colpiscono la porzione distale di un assone reciso — e spesso il soma della cellula a monte della lesione — rivestono un notevole interesse clinico. […]

Lo studio della meccanica dei fenomeni degenerativi è essenziale per comprendere i fenomeni riparativi, plastici, che si verificano nel sistema nervoso centrale. […]

Le ricerche sulle basi neurobiologiche della memoria sono ormai estremamente numerose e spaziano dagli esseri umani agli invertebrati. É proprio grazie a questi organismi, caratterizzati da un sistema nervoso molto semplice, che è stato possibile stabilire cosa si verifica quando uno o più neuroni reagiscono a stimoli che lasciano una traccia a livello delle sinapsi nervose e/o inducono modifiche dei circuiti neurali.[…]

In seguito a questi esperimenti, diverse ricerche in altre specie animali, anche nei mammiferi. hanno indicato che il consolidamento di un'esperienza si basi su meccanismi abbastanza simili.

La prima fase della memorizzazione dipende infatti da fenomeni bioelettrici.[…]

L’incremento dell'attività elettrica si sviluppa entro pochi minuti dallo stimolo iniziale e rimane relativamente stabile per lungo tempo, in alcune condizioni per varie settimane. È grazie alla maggior attività elettrica di una sinapsi, che uno stimolo può essere memorizzato per breve tempo in un circuito formato da più neuroni e responsabile, in una fase successiva, della codificazione stabile dello stesso stimolo — cioè della stessa esperienza — attraverso la formazione di nuove sinapsi e di nuovi circuiti, cioè modifiche strutturali. Negli esseri umani, gran parte di questi processi si verificano inizialmente nell'ippocampo, un nucleo nervoso sottocorticale connesso alla corteccia temporale inferiore. È l'ippocampo o che stabilizza le memorie e le istrada verso le reti neurali della corteccia cerebrale: una lesione dell'ippocampo si trasforma infatti in forme di amnesia che comportano la difficoltà di memorizzare nuove esperienze o di richiamare quelle pregresse.

La memoria è spesso presentata come un archivio in cui vengono depositate le esperienze: un archivio duraturo che contiene le cosiddette "memorie a lungo termine", consolidate e stabilizzate a partire dalla forma a breve termine o "di lavoro". […]

La psicobiologia della memoria implica quindi un principio di stabilità dei ricordi, codificati in forrma staibile nei circuiti cerebrali: ma questo principio è stato posto in crisi anni orsono dalle ricerche di una psicologa Eiizabeth Loftus,  che studiando la memoria autobiografica ha dimostrato come i ricordi dipendano da un complesso lavoro di rimpasto di "frammenti' relativi a diversi livelli autobiografici. L'immutabilità la stabilità della memoria a lungo termine sarebbe quindi un mito e il processo di consolidamento non assicurerebbe una costanza delle esperienze codificate in forma "stabile". È quanto indica una serie di ricerche, le quali dimostrano che oltre al consolidamento esiste anche il ri-consolidamento, caratterizzato da ri-strutturazioni delle precedenti esperienze.

Il termine "ri-consolidamento" sta a indicare che l'atto di ricordare — rievocare una memoria — rende la traccia mnemonica flessibile, passibile di ri-manipolazioni e ristrutturazioni. La memoria, quindi, anziché essere stabile è dinamica, il che avrebbe alcune implicazioni terapeutiche: vi sono infatti psichiatri secondo i quali focalizzarsi su alcune esperienze traumatiche è essenziale per poterle modificare, per ri-consolidarle in forma accettabile.

Uno degli aspetti del plasticità riguarda un importante problema e concetto quello di periodo critico, concetto che ha profonda mente influenzato l'etologia (si pensi all'imprinting) la psicologia dello sviluppo (si pensi al problen-dell'acquisizione del linguaggio) e, ovviamente, le neuroscienze. Concettualmente, è più facile ipotizzare l'apertura del periodo critico, vale a dire la fase di intensa plasticità che caratterizza le fasi precoci dello sviluppo. piuttosto che la sua chiusura: infatti cosa fa sì che. col passare del tempo, i meccanismi plastici si riducano fortemente in modo tale che la plasticità di un adulto sia minima o decisamente inferiore rispetto a quella di un organismo in via di sviluppo?[…]

La plasticità nervosa ha quindi aspetti diversi e assolve molteplici funzioni: ma i diversi tipi di plasticità oggi sono unificati da un modo nuovo di guardare al :ervello, da un vero e proprio cambiamento di filosofia che si è verificato nel corso di questi ultimi anni. Gli studiosi di neuroscienze non ritengono più che il cervello sia un organo statico, immodificabile, sottoposto a un inevitabile processo involutivo: le ricerche sulla plasticità,[…] hanno infatti rivoluzionato l'immagine del cervello e il modo stesso con cui le neuroscienze guardano al ruolo dell'ambiente e al classico problema eredità-ambiente. Il sistema nervoso, anziché rispecchiare un rigido determinismo, è sede di cambiamenti plastici che sono particolarmente evidenti quando si considera lo svi-uppo neonatale e infantile e, in particolare, l'intreccio tra motricità e processi cognitivi. […]

Sin dai tempi di Maria Montessori è noto che i bambini hanno bisogno di fare esperienze dirette, « motorie, concrete: oggi, invece, si verifica una contra-zione dei giochi all'aria aperta, della partecipazione motoria, del coinvolgimento di altri bambini e ragaz-zi a favore di una "virtualizzazione" delle esperienze ludiche.

Ma i giochi di movimento e di gruppo sono un momento importante e irrinunciabile per struttu-rare la mente, le emozioni e la socialità. A questa co-struzione della mente del bambino contribuisce, ovviamente, l'adulto che lo accudisce: il piccolo ne ri-specchia le azioni e lo imita, formando con lui una diade vincente.

In conclusione, la plasticità nervosa e la variabilità individuale sono due aspetti che, ridimensionando una concezione del cervello basata su un rigido mecca-nicismo, ci presentano un'immagine degli esseri umani meno deterministica, caratterizzata da cervelli, menti e culture diverse, adattabili attraverso strategie che non emergerebbero da un'inflessibile programmazione cerebrale: esiste un intreccio unico tra fattori genetici ed esperienze individuali che solo ora cominciamo ad apprezzare grazie ai risultati degli studi in ambito neuro-scientifico.

[Alberto Oliverio, Plasticità cerebrale e determinismo,  in PROMETEO, anno 38, n. 150, giugno 2020, pp.26-35].

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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