REIMPARARE LA GRATUITÀ DEL"GIOCOSO". IL recupero del Bambino Libero

Inviato da Nuccio Salis

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Nel counseling a orientamento analitico-transazionale è possibile ascoltare e mettersi in contatto con la parte del Sé Bambino del cliente, cioè quella che tende al soddisfacimento di istanze di piacere, di condivisione affettiva, di curiosità esplorativa, di desiderio della scoperta, di ricerca del contatto e della reciprocità, di consolidamento di una relazione da cui saper ricavare senso della fiducia, protezione, prossimità, gestione dell'intimità. Sono questi tutti elementi profondamente connotati da gioia e forza vitale, ovvero da quell'energia prorompente che ci ritroviamo purtroppo ridotta e annichilita dalle circostanze.

Come specialista della relazione di aiuto sento di dovermi rivolgere soprattutto a quella dimensione per la maggiore taciuta e censurata nella nostra esistenza, che rischia di essere avvinta dalle frustrazioni e bandita dalle espressive risorse funzionali di una personalità ricca e resiliente. Questo accade anche perché si è poco istruiti su come possa essere considerato il Bambino interiore, secondo per l'appunto l'ottica transazionale, finendo cioè per rappresentare il Bambino che è in noi secondo la comune visione squalificante sul significato di "infantile". Accezione proposta per la maggiore con declinazione dispregiativa, quale fosse oltre che disdicevole anche di ostacolo al regolare processo di crescita e maturità dell'individuo.

È proprio lo stesso Eric Berne, ideatore dell'approccio analitico -transazionale, a dimostrare invece la necessità di integrare gli aspetti positivamente adattivi e liberi di quello stato dell'ego che egli chiama Bambino Naturale. Il fatto è che una volta divenuti "grandi", questo status interiore viene mortificato dalle circostanze e schiacciato dal peso delle richieste, degli impegni e delle responsabilità che regolano una vita adulta fatta principalmente di stress, incombenze, compiti legati quasi esclusivamente ai doveri.

Tutto questo finisce per far avvizzire quella parte di noi che chiede di vivere secondo parametri di gioia e condivisione del tempo secondo modalità che sviluppano tutti quei requisiti dapprima già descritti e annoverati dell'io Bambino. La persona adulta accantona la gratuità del vivere con gioia, aderendo al credo mistificatore che questo non sia più possibile, perché l'adulto oramai deve vivere solo di costrizioni, dove rinunciare al benessere psicoemotivo per fare sacrifici è considerato maturo, e rimuovere il diritto ad essere almeno sereni è considerato un atteggiamento responsabile.

E così, questo adulto odierno, condizionato da queste manipolazioni culturali a scopo di controllo, finisce per perdersi, ammalarsi, spegnersi e sentirsi vuoto di ogni significativa coordinata. È davvero necessaria così tanta scienza per capire cosa gli è successo? Giammai. Tant'è che può essere sufficiente anche un counselor. Ricavo tutte queste mie sintetiche riflessioni soprattutto dalle esperienze di contatto nella relazione di aiuto, dentro cui ciò che misuro per la maggiore è la sensazione restrittiva (divenuta insopportabile) dell'ingabbiamento dentro un ruolo. L'individuo riferisce il dolore nel non sentirsi più riconosciuto per il suo essere, ma solo per quello che fa. Alienazione e spersonalizzazione sembrano essere i più diffusi mali contemporanei.

Al lavoro si è solo dipendenti o capi di, in famiglia si è madri, mariti, ma non donne o uomini. Perfino con gli amici ci sono ruoli da giocare e da rispettare nell'investitura esterna fatta di percezioni e aspettative tendenti a difendere la stabilità e la coesione di un gruppo e dei suoi modelli relazionali. Ma allora quale può essere una sufficiente contromisura a vantaggio di un recupero controllato della sana parte bambina? Personalmente propendo sempre a sostenere la libertà del gioco. Stavolta l'espressione non va intesa come all'interno del lemmario analitico-transazionale, quanto piuttosto di una libertà nel lasciarsi andare con leggerezza, permettendo di far fluire al proprio interno un rinnovato sentire che produca una rilanciata centratura del Sé.

Essa conterrà anche la percezione del diritto ad esistere secondo la prospettiva della gioia e della gratuità originaria di questa condizione già data. Certo, non è facile scardinare la versione "sei nato per soffrire" per chi è stato invischiato nella dinamica di eseguire tale comando interiore. È chiaro che la teoria proposta può essere ben lontana dalla realistica efficacia pratica , tangibile e verificabile. La ludoterapia richiede in fondo, come peraltro già incluso fra i princìpi del counseling, un contributo consapevole e motivato da parte di un soggetto integro e libero da affezioni di una certa rilevanza clinica.

Si tratta di ricostruire un approccio alla giocosità che permetta l'accettazione della stessa e un uso sempre appropriato. Si pensi per esempio all'umorismo, alla sua inarrestabile forza di ridimensionare scenari catastrofici, di rovesciare figura e sfondo, di infrangere cornici di lettura fin troppo deterministiche e di sottolineare aspetti in modo caricaturale, come modalità per rendersi conto di limiti fino ad allora trascurati, e che possono diventare sfide per migliorare sé e le proprie condizioni di vita, per imparare a riflettere con più profondità e ricavare preziosi insegnamenti.

Attribuisco grande valore alla risorsa giocosità. D'altra parte, gli elementi cardine del gioco rientrano in modo inappuntabile proprio sulle caratteristiche che si intende sollecitare per indirizzare il cliente ad un costruttivo percorso di autoformazione. Tali punti di notevole importanza possono essere identificati nella funzione esplorativa che sviluppa la ricerca di senso e può rendere raggiungibile una valida motivazione intrinseca nel proseguire il cammino esistenziale come scoperta e rivelazione di cose nuove.

Ciò obbliga a tenere in considerazione limiti, ostacoli ma anche risorse e possibilità, per avere una visione speranzosa e realistica sul proprio divenire progettuale, puntando sulla dimensione dell'autocontrollo non più come elemento inibitore ma come motore di conoscenza di sé. Anello chiave, peraltro, di un itinerario formativo di robusta qualità. Seguendo questo paradigma, il soggetto imparerà come relazionarsi all'imprevisto, gestendo con efficacia processi di adattamento e problem-solving.

La giocosità è anche l'area espressiva per eccellenza della capacità immaginativa e dell'inventiva, cioè quella dimensione in cui le regole possono essere prodotte, sperimentate, rinegoziate, re-interpretate e rivalutate in funzione di nuove contingenze e delle emergenze contestuali. Il vantaggio è di sviluppare un coping a maggiore rilievo adattivo, nell'auspicio di tracciare percorsi che possano rivelarsi salutari all'indirizzo dello sviluppo e del mantenimento di un corretto equilibrio psicoemotivo.

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