NON PIU' CONIUGI PER SEMPRE GENITORI


NON PIU’ CONIUGI PER SEMPRE GENITORI

Il counseling Relazionale

Crisi, separazione, divorzio ancora oggi sono grandi taboo, ancora oggi sono motivo di vergogna, ancora oggi accompagnate da frasi del tipo: “non ci separiamo per i bambini” oppure “siamo tornati insieme per i bambini”.

La crisi, la separazione e dopo il divorzio sono fasi molto delicate per l’intera famiglia. Provate ad immaginare il divorzio come quando sbagliate a togliere lo stecchino al gioco dello shangai. Tutto crolla e tutti vengono coinvolti. Le emozioni che prendono vita durante la separazione sono svariate ma quelle più diffuse sono la rabbia e il risentimento.

 

Gli scenari di una coppia tipo che è nel pieno della crisi sono svariati ma ne ho scelti due:

-Non ci separiamo per i bambini;

-Ci stiamo separando perché Lui/Lei è cosi e cosi e cosi ecc.

Ok vediamo un po' i contro di questi scenari:

NON CI SEPARIAMO PER I BAMBINI, la paura di creare sofferenza ai bambini è spesso la motivazione più usata per continuare a portare avanti una relazione che è in disequilibrio. Ok perché questa affermazione ha dei contro? I bambini sono delle spugne, i bambini osservano, i bambini vivono le emozioni in maniera molto più amplificata di quel che possiamo pensare, i bambini CAPISCONO. Due genitori che emotivamente sono distanti e anche in conflitto per quanto possano sforzarsi di mentire e nascondere davanti ai bambini passeranno un’energia di malessere, che i bambini non capiranno e non saranno in grado di elaborare nella forma migliore (quindi malessere, quindi NON CI SEPARIAMO PER I BAMBINI crolla miseramente). Non si sta insieme per i bambini si sta insieme per amore, complicità, progetto di vita, stima, se una di queste cose manca alla coppia è giusto separarsi (o per lo meno provare a risolvere). I bambini hanno bisogno di due genitori non di una coppia di genitori infelici.

CI STIAMO SEPARANDO PERCHE’ LUI/LEI, quando ci si separa c’è rabbia, delusione ecc. Ma se vi state separando per quanto l’altro vi possa sembrare l’artefice del fallimento, la verità è che al capolinea si arriva in due. In egual misura? Mhm questo non è detto ma ci si arriva sempre in due.  Lui/Lei è quel che è, ed era cosi anche quando vi siete scelti, non ha senso adesso rimproverare qualcosa che avete accettato, evidentemente è cambiato altro, che sia l’amore, la stima ecc. Le coppie si lasciano eh! Sono i genitori che non si lasciano ma la coppia si.

Il problema che emerge comunque nella fase di crisi di una coppia o in fase di separazione di una coppia è quasi sempre lo stesso: LA COMUNICAZIONE. Si è cosi concentrati a rimproverare l’altro ( e in alcuni casi a rimproverare se stessi per aver creduto di poter cambiare l’altro) che si rimane incastrati nella fase rivendicativa senza dare la possibilità ad entrambi di passare alla dimensione della comprensione, lasciando che l’altro si esprima liberamente e permettendo a noi stessi di ascoltare davvero l’altro.

Come risolvere questo problema comunicativo nelle tre fasi (crisi-separazione-divorzio)?

E’ qui che entra il gioco al figura del Mediatore/Counselor.

La mediazione è una metodologia di aiuto alla coppia in un momento particolare del ciclo vitale della famiglia. Può essere utilizzata in tutte e tre le fasi dalla crisi/presa di decisione, nella fase legale e nella fase post-sentenza.  Perché un mediatore/counselor e non un terapista? La mediazione si distingue dalla terapia perché è un intervento strutturato e delimitato temporalmente in cui il mediatore/counselor gioca un ruolo più direttivo.

Nel momento in cui la coppia chiede aiuto, il mediatore ha davanti a sé, due possibili percorsi:

  • "controllo-adattamento"
  • "responsabilità-appartenenza".

Il primo percorso (controllo-adattamento) è la mediazione di tipo negoziale (all’americana), in cui si parte dal sintomo della coppia, difficoltà di comunicazione, si lavora sul sintomo con tecniche di tipo cognitivo, razionale, di problem-solving, di negoziazione, per arrivare poi a degli accordi.

Il secondo percorso (responsabilità-appartenenza) è la cosiddetta "mediazione terapeutica" (questo modello può interessare più direttamente il counselling). In questo contesto l’approccio è quello di una mediazione in cui si parte dalla consapevolezza delle emozioni che la separazione, la rottura del legame, la frattura, il divorzio, hanno provocato; quindi si parte dai sentimenti di fallimento, di disistima, dalla rabbia, dal rancore e dal dolore conseguenti alla rottura della comunione/identità di coppia, che devono essere espressi ed elaborati contestualmente all’interno del setting della mediazione, solo un percorso in questa direzione permetterà la reale assunzione di responsabilità verso i figli.

Lavorare come mediatori/counselor significa, tenere conto della necessità che siano i genitori a riassumersi una responsabilità genitoriale, tenere conto che mediare significa lavorare con le emozioni, permetterne un’espressione protetta per poter arrivare ad un momento di comprensione condivisa, ad una riformulazione dei problemi, a degli accordi realmente condivisi da entrambi.

In conclusione: la mediazione è centrata sull’OGGI per Ri-pensare, orientare e Ri-progettare il futuro. L’intervento del mediatore/counselor è mirato a far passare la relazione da un momento rivendicativo ad un momento di comprensione. Per comprendere è necessario ascoltarsi ed ascoltare in maniera non giudicante.

 

Dott.ssa Silvestri Fabiola

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