Osservatorio privilegiato: 2. l’ansia di un adolescente


Osservatorio privilegiato: 2. l’ansia di un adolescente

L'ascolto dona a chi è ascoltato la possibilità di ascoltarsi

 Maurice Bellet, 2006

 

Proseguiamo, con un secondo esempio, la riflessione sul counseling osservatorio privilegiato delle dinamiche della società, di orientamenti valoriali, a scuola, in famiglia, al lavoro: le dinamiche adolescenziali e giovanili e il confronto/dissidio con il mondo adulto modellato su stili di vita che possiamo definire post idealisti, edonisti, gregari, integrati e allo stesso tempo assetati di individualità e affermazione della propria autonomia.

 

L’adolescente che chiede ( personalmente o indirettamente tramite un genitore o un amico) al counselor di aiutarlo, raramente ha consapevolezza di che cosa sia il counseling e tuttavia si affida al counselor che percepisce come persona disponibile all’ascolto più che come “clinico”. Almeno alla mia latitudine (centro Italia) nell’immaginario collettivo permane non solo tra gli adulti e ancor più gli anziani, bensì anche tra i giovani una qualche diffusa ritrosia ad affidarsi allo psicologo. Dunque, per quel passaparola potente per quanto sotterraneo, l’adolescente che vive semplicemente le difficoltà della sua età, ben volentieri chiede “una chiacchierata” al counselor. Con quale obiettivo? Quasi sempre per verificare se i malumori e l’instabilità emotiva che lo/la turbano siano “normali” e anche per capire se la frequente incomprensione con genitori e persino con gli  amici o il giovane partner siano “colpa” sua. Per questo, quando un adolescente si presenta al primo colloquio, al counselor che ascolta compete di allertare l’attenzione sui dettagli della sua richiesta per poter intervenire appena possibile a correggere eventuali distorsioni percettive (ad esempio, condurrà l’adolescente ad approfondire il concetto di colpa, per spostare la prospettiva di osservazione sulle responsabilità, che implicano sospensione di giudizio, ottenendo così nell’adolescente un immediato effetto di serena accettazione di sé e degli altri).

In riferimento al counseling come osservatorio privilegiato, nel colloquio con l’adolescente il punto ricorrente e caratterizzante è inevitabilmente il suo rapporto con la scuola: che sia disamorato e afflitto da un deludente profitto, dalla relazione con uno o più docenti, con i compagni o sia eccellente alunno, lodato e considerato dai docenti e dai genitori il più bravo, che riesca in ogni disciplina ad esprimere le sue abilità, il rapporto dell’adolescente con la scuola è la punta di un immenso iceberg, di complesse situazioni emotive e relazionali profonde e seminascoste, che coinvolgono ogni soggetto con cui egli si relaziona, la società, ogni contesto nel quale vive. E quando ci troviamo a gestire l’ansia di un adolescente liceale per il profitto scolastico, in breve tempo riusciremo a comprendere il complesso contesto ansiogeno che quell’adolescente sta vivendo, in famiglia, a scuola e persino con gli amici e il nostro raggio di azione si amplierà per far sì che ne prenda consapevolezza. Da un circoscritto ambito apparentemente legato ad una disciplina e ad un insegnante più severo di altri (o meno empatico), ci ritroveremo una realtà variegata che si espande fuori dell’aula: in famiglia, che sia coesa o in crisi, almeno uno dei genitori vive l’esito del profitto scolastico del figlio o della figlia con preoccupazione, con ansietà; tra gli amci e i coetanei prevale un confronto/competizione sulle valutazioni finali piuttosto che sulle modalità di gestire i propri interessi e attività; il contesto mediatico e tecnologico plasma e de-forma le relazioni interpersonali all’insegna dell’efficienza a tutti i costi, del multitasking, dell’iperattività.

Ansia, bullismo, vittimizzazione, isolamento, demotivazione, scarsa autostima, difficoltà di relazione con l’insegnante disagio in ambito sociale, emotivo ed affettivo ( ma anche autoreferenzialità, ipervalutazione delle proprie qualità, ignoranza dei propri limiti) hanno radici profonde che trovano nutrimento in questa società liquida.

Nei casi di colloqui o percorsi di crescita con adolescenti, ho potuto verificare che, contrariamente a quanto appare, per ognuno di loro la scuola con tutto il suo universo di sfide, sollecitazioni, valori, bisogni, norme, ecc…è una componente essenziale dalla quale dipende la percezione dell’autostima e dell’autoefficacia. Dall’accettazione o meno di sé e delle sue performances che l’adolescente percepisce a scuola si alimenta o svigorisce in lui/lei la tensione verso/contro chi gli/le  pone, a suo modo di vedere, ostacoli, aumenta o disperde la sua ribellione, insomma modifica il come vive la sua età. Anche quando l’adolescente sorvola sulla problematica scuola e alla domanda del counselor su quali siano le sue percezioni in merito agli studi e all’ambiente scolastico si affretta a rispondere che non ci sono problemi a riguardo,  il counselor non può esimersi dal verificare se e quanto in realtà il rapporto con la scuola sia un punto nevralgico, effetto e causa insieme del suo Bene-Essere o Male-Essere. Ciò che colpisce è che, pur nella diversità di atteggiamenti dell’adolescente verso la vita, i coetanei e gli adulti, in particolare i genitori e i docenti, l’anello forte o debole della sua ricerca di identità resta il mondo scolastico: quando l’adolescente esprime in maniera esuberante la volontà di rottura con il proprio ambiente e tensione verso il diverso; quando è attratto dalla trasgressività e nella vita notturna anela di trovare un palcoscenico sul quale dare il meglio di sé; quando è alla ricerca della propria anima, dell’armonia con il mondo; persino quando è per lui/lei prioritaria l’accettazione di regole, del valore dell’equilibrio e della razionalità, pur non escludendo emozioni e guizzi intuitivi, sempre il mondo scolastico resta uno spazio determinante di valore o disvalore. Sappiamo che l’adolescenza è appunto dicotomia/ossimoro, appartenenza e insieme riconoscimento che ovviamente si esprime a pieno in tutta la sua complessità nel mondo in quella che è la palestra relazionale, la scuola. L’adolescenza è l’età che spinge alla conquista dell’appartenenza al gruppo che induce alla cooperazione, allo scambio, a valori condivisi, ricomposti e riadattati, a omologazione di scelte, marche, atteggiamenti…, talvolta a conformismo, alla ricerca di una stabilità che anneghi il fermento interiore e fisiologico; allo stesso tempo, l’adolescenza è l’età assetata di attenzione per sé, dell’ipersensibilità contro l’indifferenza, desiderosa di riconoscimento della propria individualità speciale, rispetto al gruppo e agli altri, alla ricerca della valorizzazione di sé come identità irriproducibile e mai disposta al compromesso, a rinunciare alla propria autonomia dalle regole e da ogni forma di autorità (come quella rappresentata dalle figure genitoriali e docenti). Il counseling può essere lo strumento efficace per far sì che l’adolescente acquisisca consapevolezza che le sue interiori  contraddizioni sono segnali di crescita dell’età che lo sta traghettando dall’infanzia al mondo adulto, resa più faticosa dai condizionamenti esterni del confuso e poliedrico contesto sociale, culturale, ambientale. Su questa base allenerà la propria resilienza, apprenderà ad accettarsi.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

 

 

Potrebbero interessarti ...