che cosa è oggi per noi l'esperienza?


che cosa è oggi per noi l'esperienza?   

 

            Le generazioni trascorse hanno esibito l'esperienza come il segno di un divario incolmabile tra adulti e giovani, tra chi era esperto e chi si affacciava timidamente alla vita sociale, lavorativa, al mondo di chi contava qualche decennio in più e che lo presentava come la vita unica e vera in cui non ci sarebbe stato più spazio per il divertimento, per l'errore e sulla quale avrebbero pesato solo oneri e responsabilità. Quanto durasse questo arduo passaggio dalla vita "spensierata" del giovane a quella faticosa e dominante dell'adulto è difficile da stabilire, ma è certo che fosse guidato (ostacolato?) secondo i sani princìpi di un'educazione severa e rigida che inevitabilmente prolungavano l'apprendistato e non solo in ambito lavorativo. E quel divario, sentito dagli adulti come un monolitico potere indiscusso, aveva un effettivo concreto peso in tempi in cui pochi e di scarso rilievo per  ogni attività erano i cambiamenti o le innovazioni.

 

            Quel mondo oggi può dirsi quasi scomparso, i criteri educativi oscillano tra iperprotezione e permissivismo e le nuove generazioni hanno abilità e conoscenze nuove, in linea con il nostro accelerato tempo, che mettono in scacco l'adulto, quando addirittura non lo pongono in posizione di soggezione, contravvenendo e inquinando il rapporto educatore/educando, aumentando la confusione di ruoli e suggerendo tortuose quando non infruttuose linee guida. Oggi non è l'esperienza concreta degli adulti, nel lavoro, nelle attività imprenditoriali e neppure nelle modalità comunicative che possa essere d'aiuto alle giovani generazioni, poiché innovazioni e cambiamenti, preponderanti e a ritmo continuo, richiedono interventi strutturalmente diversi rispetto anche al recente passato e competenze allenate, persino abilità che solo una formazione mirata e continuamente aggiornata consente. In una simile mutata realtà (nella quale con rammarico registriamo anche la perdita di campi di senso e valori), come sarebbe possibile considerare immutato il peso e soprattutto il senso, la struttura dell'esperienza?

             Dell'esperienza continuiamo tutti a sentire la necessità e per questo la citiamo continuamente, la introduciamo in ogni attività come elemento essenziale, ma ne abbiamo una percezione assai diversa mai definitivamente conclusa e in fieri.  Consideriamo l'esperienza supporto formativo per ciascuno di noi, adulti e giovani, segno inequivocabile che ci siamo liberati dalla convinzione che essa possa essere appannaggio di qualcuno e meno che mai trasferibile ad altri; la definiamo quarta modalità di apprendimento, fondamentale cioè per riuscire ad individuare e gestire un cambiamento di prospettiva e siamo quindi orientati a credere che la coerenza fine a se stessa alle nostre idee, azioni, convinzioni ecc...sia da superare, quanto meno da vagliare e monitorare. Oggi per adulti in formazione oltre che per le giovani generazioni chiediamo e desideriamo fare esperienza e Corsi di formazione, in ogni ambito, si strutturano con sperimentazione attiva, esperienza concreta, tecniche basate su esperienza e ricerca... Ma pur con queste preponderanti diversità, resta un nodo antico: essere convinti che l'esperienza   sia fondamentale nella nostra vita, è sufficiente per far sì che sappiamo trarne qualche frutto? Ben convinti che l'esperienza possa avere valore solo per chi la compie, quando e come possiamo trarne qualche frutto? A quali condizioni? Quando rifletto sulla difficilissima capacità-abilità di saper trarre giovamento dall'esperienza, mi torna alla mente la risposta di generazioni plurime di alunni sedicenni alla domanda a che serve la Storia? La risposta corale era puntualmente quanto irrimediabilmente contraria all'evidenza: "Ad imparare a non commettere più gli stessi errori del Passato".

Sapevo bene che era una risposta dettata da buone intenzioni, miste tra captatio benevolentiae e candido, ingenuo modo di riconoscere il mio ruolo di nuova insegnante di Storia alla mia prima lezione con loro e aveva tuttavia un bellissimo, fortissimo impatto formativo-didattico per far nascere un centro di interesse e così si cominciava ad esperire senza infingimenti, liberi di poter affermare, anche davanti alla docente di Storia, che la Storia troppe volte non ha insegnato proprio nulla per tante e indagabili motivazioni legate al comportamento degli uomini...

            Ecco, forse è questa ancora l'abilità da allenare per gustarci e far fruttare ogni esperienza: riprenderci la libertà dai nostri vincoli, dalle nostre strettoie e aprirci al cambiamento possibile.

            Conoscete qualcun altro che meglio di Zigmunt Bauman abbia esaltato, pur nella sua aspra visione liquida del mondo, ogni nostra possibilità umana? Una breve citazione:

            Tutti i punti di riferimento un tempo stabili sembrano in piena trasformazione.

Si ha la sensazione che vengano giocati molti giochi contemporaneamente, e che durante il gioco cambino le regole di ciascuno. La nostra vita è un'opera d'arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no-  e come ogni artista, dobbiamo porci sfide difficili; dobbiamo scegliere obiettivi che siano ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza. Dobbiamo tentare l'impossibile. 

Zigmunt Bauman, La società individualizzata: come cambia la nostra esperienza, Bologna, 2010, pag. 159

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi       

 

 

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