Vivere il qui e ora


 hic et nunc

Vivere il qui e ora

Nella mia esperienza di counselor la dimensione del “qui e ora” è una traccia importante per accompagnare il cliente nel suo dispiegarsi, nel suo disvelamento. Il tempo è una variabile cogente per colui che soffre, soprattutto se ha già provato patimenti.

Ma che cosa è il tempo? E’ un insieme di accadimenti.

 E solo chi li ha vissuti può misurare come è e quanto è. Il cliente sofferente si rivolgerà più spesso al passato, sia il passato felice – che fungerà da rifugio nell’illusione – sia il passato infelice – che gli serve da copertura. Il presente riporta la sofferenza e la responsabilità di autoguarigione. Il counselor ascolta, fa’ da specchio, sottolinea, ma vive profondamente e in maniera unica la relazione con il cliente, nel qui e ora, cioè nel presente che è l’unica dimensione esistente. Il counselor guarda il cliente e gli rimanda ciò che vede. Ora in maniera neutrale e senza giudizio. Lo accompagna nella esplorazione di sé e nella attivazione di possibili risorse. Spesso dopo una rottura, una lacerazione, una perdita, il cliente desidera rinascere: a secondo del ciclo di vita effettivamente si rinasce. Come la nascita dell’infante, ci si stacca dal corpo materno, culla e protezione, e si viene al mondo, spesso non senza dolore.  Il processo di individuazione, ovvero di creazione di identità, è complesso e può durare tutta la vita: identità familiare, identità sessuale, identità sociale. Con una identità completa non si è immuni dalla sofferenza, ma sicuramente più pronti a rialzarsi ed assumersi la responsabilità della caduta.

 

Nella prima faseil counselor accompagna il cliente ad identificare i suoi punti di vista sul mondo, le sue percezioni soggettive del “senso” e l’elaborazione di informazioni che arrivano dal mondo. <Quale è il senso della tua esistenza?>; <Quale è la tua missione?>; <Quale è la tua visione?>.

Il secondo passaggio– trasversale alle tre identità in formazione – è la organizzazione in categorie mentali, in enti, in cui si generalizza, si parcellizza persone e cose per meglio interagire ed affrontare. Vale sempre il detto: <Se guardo la foresta mi fa paura. Se guardo il singolo albero posso   abbracciarlo ed è più facile guardarlo>.  Nel colloquio il counselor rimanda una generalizzazione, una proiezione, una semplificazione che possono aprire il cliente ad un altro punto di vista o ad approfondire la conoscenza. 

Terzo passaggio fondamentaleè l’immagine di sé che si costruisce fin da piccoli, ed è più difficile da cambiare se non piace e/o non procura non procura benessere. L’idea che ciascuno ha di sé è spesso l’idea che gli altri hanno di lui. E con queste immagini il cliente è andato nel mondo, ha conquistato mete, ha risolto rompicapi, è stato accettato, amato e ha anche perso.

Ma è proprio ciò o chi sceglie di essere?

< Credo che noi abbiamo un’idea di “me stesso” solo perché a un certo punto impariamo a proiettare di noi l’idea di essere umano, di compagno, che l’evoluzione ci ha portato a sviluppare nel corso di millenni per trattare con gli altri membri del nostro gruppo; siamo il riflesso dell’idea di noi che cogliamo nei nostri simili> C. Rovelli “L’ordine del tempo” Ed. Adelphi.

L’essere umano procede e si sviluppa per “trasformazione”, cioè utilizzando le proprie emozioni, percezioni, vissuti e memoria di ciò che è e vuole essere nel mondo. Il percorso di counseling può aiutare ad essere pienamente se stessi.

 

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