conoscere se stessi, tra desideri e bisogni


conoscere se stessi, tra desideri e bisogni

 

            In un mondo in cui la conoscenza autentica di sé è sempre più rara, il counseling è strumento efficace e sostegno agevole che conduce la persona a scoprire il sé a se stessa.

            Per agevolare l'alleanza operativa e il progressivo fidarsi e affidarsi della persona che chiede aiuto, ogni counselor affina nel tempo esercizi e modalità relazionali improntati certamente alle strategie più elettive della sua formazione, alla tipologia di approccio che ha consolidato  e da lui o lei interpretate con una sensibilità, con un calore e un'intensità di accoglienza che rendono la relazione con la persona in aiuto e quel colloquio un'esperienza unica.

 

            Il feed back della persona in aiuto è l'elemento essenziale per vagliare ad ogni incontro l'efficacia e l'attendibilità di ogni intervento e per puntualizzare il focus del problema o dei problemi. In effetti, siamo consapevoli  che anche la persona più estroversa, quella che ama raccontarsi e che a fatica riusciamo ad interrompere perché rallenti la sua corsa e accetti di riflettere per guardare la situazione con altro sguardo, ci porta la sua versione del problema, le sue convinzioni mescolando e intrecciando dati di fatto e giudizi personali senza neppure avvedersene.

            Un esercizio che trovo efficacissimo soprattutto in tali situazioni, nel momento in cui si fa più severo il giudizio della persona nei confronti degli altri considerati la vera causa dei problemi che ci sta raccontando,  è quello che ha inizio con una domanda apparentemente semplice e ovvia: "Che cosa sente più importante e vicino al suo io?"

            A questa domanda, la persona quasi sempre segue rimane perplessa e per un lungo momento in silenzio, poi comincia a chiedere informazioni per capire meglio che cosa si intende per vicinanza al proprio io. Chiarire che si tratta di realtà, bisogni, valori che qualificano la sua vita, che dunque vengono considerati irrinunciabili, non scioglie quasi mai la perplessità della persona in aiuto che, allontanandosi ancor di più da una riflessione su di sé, comincia ad elencare quali sono i suoi desideri e sono naturalmente tanti e non soddisfatti come avrebbe sperato. Credete che giovi precisare che non si tratta di  desideri bensì stiamo cercando di far emergere i bisogni più profondi? No, non giova quasi mai e allora, di fronte a questa evidente conferma che la persona, tutta presa dal guardare fuori e valutare le situazioni e gli altri, è abitualmente distratta da sé, occorre presentarle un... disegno che può facilitare l'avvio di questa "nuova" per lei prospettiva: al centro del foglio è una grande ruota (come quella che incontreremmo al luna park) con tanti raggi che si dipartono dal centro in cui è scritto IO e ciascuno arriva a toccare la circonferenza in corrispondenza del punto in cui potremmo sederci, proprio come nella grande ruota panoramica del luna park. Alla persona in aiuto si richiede come prima azione di nominare i sedili (che appaiono come rettangoli vuoti tanti quanti i raggi della ruota, dieci, dodici e potrebbero essere ancora più numerosi) con valori, bisogni, realtà, ruoli...che la persona sente importanti per sé. È questo il momento più delicato e importante dell'esercizio, teso tra due difficoltà, la prima legata alla  persona in aiuto che permane disorientata, in quanto sa che cosa non va indicato in quei rettangoli, ad esempio  i suoi desiderata, ma ignora o almeno crede di ignorare che cosa altro c'è per sé di tanto importante nella vita e l'altra difficoltà è esclusiva e peculiare della professione del counselor che si trova nella condizione di suggerire senza plagiare. Mi spiego meglio: il counselor è tenuto ad intervenire con esempi chiarificatori per consentire alla persona in aiuto di "scoprire" i suoi bisogni profondi e dunque sceglierà esempi, come dire, neutri, di carattere generale che funzioneranno da modello trasferibile e faranno luce su realtà squisitamente individuali della persona. Il counselor, ad esempio suggerirà che nei rettangoli potrebbero essere indicati: il ruolo sociale, l'età, l'amicizia...e ciò comporterà lo stabilire quanto conta per la persona il fatto che abbia un certo ruolo nella società, una precisa età, tanti o pochi amici o che o se creda nell'amicizia. A questo punto, solitamente la persona in aiuto comincia ad essere propositiva, consapevole e si concentra sul "compito" con un sorriso e un bel respiro liberatorio. Il counselor osserva allontanatosi almeno di un poco, per dare alla persona la sensazione importante di essere in questo momento sola e concentrata su se stessa. A nominalizzazione compiuta comunque una parte dei bisogni saranno da considerarsi inevitabilmente "suggeriti", ritorneranno con ogni probabilità il ruolo sociale, l'età, l'amicizia ma insieme a questi, altri ne compariranno e la correttezza dell'esercizio non è dunque contaminata.

I tempi di elaborazione di questa fase sono, com'è ovvio, variabili ed elastici (mediamente dieci/quindici minuti), ma di un elemento il counselor deve tener conto: che la concentrazione della persona si mantenga alta e nel momento in cui dal non verbale e paraverbale dovesse comprendere che la persona sta vagando altrove con i suoi pensieri, in quell'istante il counselor è tenuto ad interrompere l'esercizio, persino nel caso in cui solo pochi rettangoli abbiano avuto identificazione. È essenziale prima di tutto che la persona non perda il contatto con se stessa e per questo è comunque preferibile circoscrivere l'attenzione su pochi valori/bisogni.

            La seconda fase ha inizio quando alla persona in aiuto si chiede di osservare quei raggi che si dipartono dal centro della ruota alla circonferenza: ognuno è segmentato, lungo tutto il percorso, da piccolissime tacche orizzontali che ne determinano il valore da uno a dieci (uno il più prossimo al centro, dieci il più lontano); ad ogni valore indicato nel rettangolo la persona è ora chiamata a stabilire, un valore numerico: 1, 5 , 8...

Siamo così giunti alla  fase finale dell'esercizio: la persona, finalmente attiva e curiosa congiunge con un segmento i valori indicati ottenendo un'immagine a forma si pseudostella intorno all'io: è la trasposizione grafica delle "caratteristiche" del suo  io.

Il colloquio che sta volgendo al termine si chiude con le considerazioni emotivo/cognitive della persona in aiuto e l'appuntamento è previsto tra sette giorni al massimo. Compito a casa rielaborare e ripetere l'esercizio sulle due copie da compilare che il counselor avrà consegnato.

             

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

Potrebbero interessarti ...