CARL ROGERS E IL COUNSELING “POLITICO”. IL pensiero di un uomo che non poteva cambiare il tramonto

Inviato da Nuccio Salis

carl rogers

Un uomo guardava le onde infrangersi sullo scoglio. Osservava quel moto con grande interesse, riparato dalla vetrata della propria veranda di casa. Lo catturava in modo particolare come quel continuo andirivieni si abbattesse con fragorosa violenza, prima di rilasciare la roccia, ammantandola di schiuma, e soprattutto come quel movimento, oltre che colmare e ancora ricolmare la roccia, con insistenza, provocasse anche lo schiacciamento delle alghe marine saldamente attaccate. Queste danzavano col riflusso della mareggiata, lasciandosi accompagnare, esattamente come fanno i fuscelli di grano pettinati dal vento. Non opponendo resistenza, evitavano così di essere lacerate e strappate dalla pietra su cui erano accasate. Quella era a tutti gli effetti una strategia intelligente. Rappresentava anche una sorta di modo di essere. L’uomo pensò che dovesse esserci una certa curiosa analogia fra l’erba marina che riaffiora ogni volta che un cavallone la seppellisce per poi ritirarsi, e l’essere umano che riemerge da eventi della vita decisamente schiaccianti, da prove dure, impervie, ostiche e scoraggianti.


Credette allora che ciascun essere umano, così come ogni alga marina fortemente mantenuta allo scoglio, dovesse avere al suo interno una specie di capacità innata, una risorsa speciale per poter affrontare ostacoli e difficoltà. Ne dedusse che ogni soggetto umano avesse una tendenza ad autoripararsi, magari anche con l’aiuto di altri, se necessario, ma comunque in grado di procedere nonostante le ferite, di vivere ed esistere anche al di là dei suoi problemi. Pensò ripetutamente, a fondo, e decise di chiamare questa forza impiegabile la “tendenza attualizzante”. Quell’uomo si chiamava Carl Rogers.
Mi sono permesso di romanzare un aneddoto riportato in una biografia del noto psicologo statunitense, il quale, col suo impareggiabile contributo al rovesciamento di un paradigma che descriveva l’umano dentro una antropologia senza ritorno, avvinto dalla sua truce storia filogenetica, invasato da pulsioni incontrollabili, strozzato da un magma ingestibile di elementi subconsci, ha aiutato la scienza umanistica a considerare anche l’espressione di una forza naturale positiva, costruttiva, orientata alla cura di sé e del suo prossimo.
Certo, non era egli così ingenuo da poter credere che bastasse avere soltanto un atteggiamento di fiducia verso il genere umano, affinché questo potesse avere modo di potenziare questa intrinseca energia rigeneratrice. Era altresì convinto, piuttosto, che questa spontanea tensione dovesse essere sostenuta da validi e concreti progetti di formazione del singolo, dei gruppi e delle comunità, e che per questa causa dovessero essere impiegate anche importanti risorse per favorire la nascita di un nuovo modello embrionale di una rinata società, capace di produrre relazioni sostanziate da principi di aiuto, cooperazione, solidarietà, equità, pace e giustizia. Gran parte della sua vita qui la dedicò a questo scopo, realizzando e proponendo radicali cambiamenti nell’approccio scientifico alla relazione di aiuto e quindi con significative ricadute sulla generale visione culturale dell’uomo. A suo avviso dovevano essere ridiscussi con urgenza i modelli portanti di una società che investe ancora oggi tutti i suoi sforzi per alimentare un sistema politico, educativo, economico, militare e giuridico basato sul dominio del più forte nei confronti del più debole. Egli criticava l’assetto tradizionalista con cui è impostata l’organizzazione delle istituzioni, tendenti a conservare e difendere lo status quo dei più privilegiati, a danno della moltitudine. Ed era convinto che il cambiamento fosse già in atto, e lo auspicava come in crescita, soprattutto nelle nuove generazioni, verso cui riponeva una fiducia decisamente esaltante.
Un nuovo profilo di essere umano andava delineandosi, a suo avviso, con conseguenze radicali sul piano del vivere sociale. Ogni settore della vita umana aveva ed ha ancora bisogno di innovazioni di consistente portata, affinché cambino le condizioni di tutti coloro che sono oppressi da ogni forma di ingiustizia. La sua non era dunque una psicologia accademica, limitata, ristretta di veduta scientifiche, interessata soltanto a difendere l’establishment, lontana dal prendersi la responsabilità di avanzare critiche sociali e proposte alternative efficaci. La sua era una ‘scienza dell’uomo’ realmente attenta ai bisogni dell’umano, incuriosita da ogni aspetto dello stesso, quindi aperta ad accogliere varie forme di sapere, disposta alla contaminazione interdisciplinare, capace di misurarsi con diverse e integrati modelli filosofici, scientifici e spirituali, senza tabù e senza vincoli assiomatici.
Questa speranza di una nuova fondazione civile e umanitaria, si sviluppa e cresce concretamente in tutti coloro che sono vivamente impegnati nella creazione di una nuova società che prima o poi sarà vincente, visto che la storia le sta dando ragione.
Il problema è: quale persona potrà decidere di predisporsi a un modello di società che trasla tutti i suoi paradigmi, e che accetta di recepire conoscenze, modi di essere e di divenire che prima non conosceva? È una domanda decisiva da rivolgersi, dal momento che anche se si osserva un animale liberato dopo aver passato gran parte della sua vita in gabbia, questo non riconosce la realtà come il mondo al di là delle sbarre della gabbia. Si sente isolato, disorientato, confuso, impaurito, e magari obbedisce all’impulso di ritornare nel luogo della sua prigionia.
È strano a dirsi ma bisognerà abituare l’essere umano alla condizione di libertà. Egli dovrà essere rieducato a non avere di nuovo bisogno di essere schiavo, delegante, indifferente, terrorizzato da se stesso e dal mistero della vita. Occorrerà seguirlo passo per passo, perché quell’ampio terreno che si presenterà all’apertura della gabbia, non gli faccia così paura da fargli rinunciare a esplorare, scoprire, mentre impara da sé a ridiventare alleato della sua gioia, e si riappropria del suo diritto ad essere creativo, esploratore, ricercatore.
Chi sarà dunque la persona di domani, in un avvenire che preme per un cambio di rotta epocale? Lo stesso Rogers ci aiuta ad individuarne alcuni elementi, che sintetizzo e re-interpreto, senza modificare naturalmente l’ossatura indicatane da egli medesimo.
Prima di tutto, il sunto di tutte le qualità umane, che poi contagiano gli interlocutori con cui ci confrontiamo durante la nostra vita, riguarda principalmente il coraggio di essere autenticamente se stessi. Su questo punto, ciascuno di noi dovrà praticamente accettare la diversità altrui. Ciascuno è ciò che è, e tentare di cambiarlo, peraltro con forzature non richieste, indottrinamenti e circonvenzioni che approfittano dell’eventuale debolezza altrui, significa compiere un atto di disonore e di vigliaccheria. Ciascuno è ciò che è, non resta che accettarlo, osservare l’entità persona con sguardo disincantato, perché come dice lo stesso Rogers “non si può cambiare il tramonto”. Egli si esprime come vuole, coi colori che vuole, col tempo che vuole.
La persona di domani dovrà avere un inesauribile spirito di ricerca, dovrà mostrarsi aperta e manifestare un atteggiamento decisamente antidogmatico, tendente a rompere coi paradigmi ristretti della tradizione scientifica accademica, la quale risulta chiusa alle innovazioni e censurante verso le legittime curiosità di ogni pensatore libero. Dovrà porsi con il prossimo in modo incondizionatamente accogliente, solidale, partecipante, empatico, e per poterlo fare con efficacia dovrà possedere (e di volta in volta irrobustire) una buona immagine di sé, integra e appoggiata su una visione globale, di se stesso, degli altri, del Cosmo. Dovrà concepire se stesso in un continuo divenire, suscettibile di trasformazioni, evoluzioni e cambiamenti, soprattutto in merito alla propria capacità di decidere e di applicare la volontà. Dovrà sentirsi in pace con l’ambiente naturale, con cui è da ri-pensare una nuova modalità di relazione basata sulla tutela dell’ecosistema e dei suoi delicati equilibri. La persona di domani dovrà dedicarsi alla meditazione, dovrà incuriosirsi a tematiche di ordine spirituale e trascendente, per esplorare inediti spazi di esperienza e di conoscenza, onde allargare e completare la visione di sé.
I principi fondanti su cui si impernia tale nuova umanità possono dare luogo a seguenti concetti, molto semplici, che rovesciano letteralmente le attuali concezioni, di una civiltà malata dell’ideologia della sopraffazione:
_ La persona prima dello Stato. Il valore dell’essere umano prima della ragion di Stato. Niente che giustifichi guerre, pena di morte e altre forme lesive dei basilari diritti umanitari.
_ L’innovazione prima della tradizione. Basta con il giustificare le mostruosità compiute dal genere umano con la battuta “si è sempre fatto così”. Il coraggio di sperimentare ciò che è diverso potrà essere accolto, e valutato senza preconcetti, senza persecuzioni a colui che rappresenta una embrionale minoranza di un pensiero nuovo.
_ Il coraggio di autodeterminarsi prima della delega ad autorità esterne. Oligarchie di poteri finanziari hanno sostituito la dialettica politica e spogliato di senso la partecipazione comunitaria ai problemi di contesti e culture particolari. Tutto è omologato e soggetto ad imposizioni prescritte da vertici interessati soltanto a ricavare profitti materiale dal loro malaffare, a spese della nostra qualità di vita. È necessario riappropriarsi della capacità popolare di autogestirsi, di rifare comunità, di respingere ogni pressione ad uniformarsi a modelli discrepanti rispetto ai veri bisogni delle singole culture locali.
_ I diritti umani prima della conservazione dello status quo. Vedi anche ‘La persona prima dello Stato’. Non si dovrà più accettare che i diritti umani vengano calpestati e irrisi perché al cucuzzolo della piramide hanno deciso di esacerbare il loro dominio sulle genti.
_ La ricerca della verità prima della accettazione acritica della versione ufficiale. Tante, troppe persone vivono secondo le dottrine inculcate da chi divulga da tempo inesattezze dal punto di vista scientifico, filosofico, spirituale. Ciascuno è chiamato a sottrarsi da questo inganno e percorrere un cammino di consapevolezza, seguendo il proprio paradigma di verità, più adeguato al suo potenziale intellettivo.

Traendone le dovute conclusioni, la tendenza attualizzante è dunque il corrispettivo di una energia che dovrebbe essere adornata da diversi elementi, arricchita da un complesso articolato di fattori che soltanto funzionando all’unisono e in sinergia, permetteranno all’essere umano di riscattarsi dalla sua mortificante condizione schiavile, di cui spesso nemmeno è consapevole, per proiettarsi in un futuro che ci chiede soltanto di esprimerci per davvero sulla base della nostra vera natura, per cui siamo saldamente e originariamente equipaggiati.
 

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