LA CREATIVITA’ COME QUALITA’ TOTALE. Creatività e adattamento

Inviato da Nuccio Salis

creativita e adattamento

Tratto dal mio saggio sulla creatività, un capitolo che illustra il legame fra creatività e adattamento.

 

Seguendo la storia della psicologia si può constatare la presenza di un interesse decisamente crescente nell’osservare le dinamiche del rapporto fra l’individuo e l’ambiente. Diverse scuole di pensiero hanno cercato di focalizzare questa relazione secondo parametri di spiegazione propri di ciascuna metodologia.

Nonostante la possibile eterogeneità delle prospettive di studio e di ricerca, tutti i diversi approcci finiscono con il concludere che tale rapporto sia profondamente determinato da una reciprocità dinamica che da luogo ad una relazione di interdipendenza e di cambiamento vicendevole fra i due elementi. A partire dagli anni Ottanta, questo fenomeno è stato coniato col nome di “accoppiamento strutturale”.

Si può così considerare l’adattamento come un processo non isolato ma co-evolutivo, in cui cioè lo sviluppo dell’individuo incide e viene a sua volta inciso dall’ambiente di riferimento.Avviene così una sorta di dialogo sincronico (nda) fraindividuo umano ed ambiente. L’ambiente, inoltre, è soggetto ad una molteplicità diaccezioni; esso può essere identificato infatti con i gruppi sociali primari, con quelli secondari siano essi formali od informali, con la comunità in tutte le sue possibili estensioni e con gli elementi propriamente fisici, architettonici o naturalistici di un territorio. In ogni caso, ciò che deve essere messo in evidenza è l’interazione dinamica fra tutti gli elementi presenti nel sistema ambiente. Tale legame interdipendente, infatti, visto attraverso il concetto di “campo” dello psicologo Kurt Lewin (1890-1947) e della psicologia della gestalt, determina la complessa relazione di forze e di fattori su cui si fonda l’equilibrio del sistema nella sua globalità . Vi sono cioè concetti che richiamano in campo tutte le scienze sociali, antropologiche, ma anche la psicanalisi e la pedagogia. Il rapporto individuo umano/ambiente è dunque un fenomeno complesso, in grado di impegnare probabilmente tutte le scienze umane nei rispettivi percorsi di ricerca.

 

La stessa psicologia ha sviluppato una branca di studio allo scopo specifico di valutare l’individuo umano secondo una prospettiva cosiddetta “ecologica”, ovvero che mira a considerare l’importanza della qualità del rapporto individuo umano/ambiente, affinché possa originarsi un legame costruttivo che promuova elementi di equilibrio e processi di adattamento non distruttivi.

Questa preliminare parentesi è servita per evidenziare che le numerosissime e significative implicazioni del rapporto individuo umano/ambiente non possono aver lasciato indifferente la ricerca sperimentale. Tale interesse, infatti, si è sempre manifestato nella direzione di comprendere come l’individuo umano risponda alle sollecitazioni ambientali, e come per la legge della reciprocità produca dei comportamenti attivi in grado di garantirgli la sopravvivenza e l’equilibrio delle proprie strutture biopsichiche (omeostasi).

Ciò che è sempre stato un privilegiato oggetto di interesse della psicologia, riguarda dunque lo sviluppo di quelle capacità motorie, cognitive, di regolazione emozionale etc., che consentono a ciascun individuo di adottare strategie più o meno flessibili e complesse di adattamento alla realtà prospettata dall’ambiente di appartenenza. L’adattamento, infatti, non è più inteso soltanto come una strategia che attiene soprattutto al substrato genetico, predeterminato da meccanismi biologici autoregolati che spesso vanno sotto il nome di istinto, ma viene invece considerato come una risposta che mette in atto processi mentali superiori e modalità induttive ed astratte del pensiero. Capacità che si determinano soprattutto dal momento in cui l’ambiente costringe l’individuo a ricercare il proprio stato di equilibrio funzionale complessivo, il quale non è soltanto da intendere come un’istanza puramente biologica legata alla sopravvivenza, ma come una motivazione più profonda che tende a gratificare le aree più evolute e più profonde dell’esistere umano. Quello che si sta cercando di mettere in risalto è che l’adattamento, se inteso come atto puramente meccanico, garantirebbe il raggiungimento del soddisfacimento dei bisogni sostanzialmente primari. Mentre, per il soddisfacimento di esigenze legate a dinamiche più profonde della nostra dimensione psichica e psicologica, le modalità di adattamento situazionale (coping) farebbero ricorso ad un mondo esperienziale e ad un repertorio opzionale offerto dal pensiero creativo, che induce alla prova e alla sperimentazione.

La creatività, allora, oltre a chiamare in causa processi di pensiero atti al raggiungimento di una soluzione di un dato problema (problem solving), sembra proporsi come istanza mediatrice di una dimensione esistenziale profonda che tende al soddisfacimento di ragioni metafisiche, nel senso di motivazioni riconosciute oltre il dato sensibile e tangibile. La creatività sembra essere una forma di energiache si pone al tempo stesso come mezzo e come finedel processo esperienziale di crescita dell’essereumano.Aiuterebbe cioè lo stesso ad identificarsi nell’ambito di bisogni superiori. Al vertice di tali istanze viene identificato dagli psicologi umanisti, e in particolare da Abraham H. Maslow, il bisogno di autorealizzazione. Naturalmente, tale concetto può evocare per esempio il raggiungimento di un ruolo prestigioso con cui affermarsi nel mondo produttivo ed economico, quindi un traguardo legato a mete sostanzialmente materiali; ma può anche richiamare al tempo stesso il progetto dell’individuazione. A questo proposito, la creatività potrebbe affacciarsi come opportunità a vantaggio di un percorso in cui autorealizzazione non significa tanto realizzazione di se, quanto piuttosto realizzazione del Sé, nella sua piena autenticità, per quanto investito di sovrastrutture culturali e sociali.

Le motivazioni legate alla spinta creativa potrebbero dunque innescare un processo di autoaffermazione della propria dimensione interiore, che aiuterebbe l’individuo a differenziarsi, per esempio, rispetto alle sovrastrutture sociali che spingono il pensiero e gli atteggiamenti in modo omologante e convergente. A questo punto, la creatività diventa una risorsa essenziale per l’individuo che vuole astrarsi rispetto alla simbiosi ed alla massa indifferenziata delle idee, dei comportamenti e degli stili di vita che riguardano la maggior parte delle persone.

A tale proposito, però, il discorso assume qualità metapsicologiche, nel senso che per comprendere cosa significa ‘creatività’ sembra che non si può fare a meno di coinvolgere, in questa complessa disamina, l’essere umano nelle sue dimensioni più profonde ed impenetrabili, nelle sue ignote ed arcaiche tendenze verso la trascendenza. Questo discorso potrebbe, in un certo senso, riqualificare non soltanto la creatività come processo mentale, ma lo stesso essere umano che, attraverso l’espressione di tale qualità, compie un’esperienza ricca e profonda di raggiungimento e piena manifestazione dei nuclei profondi del suo Sé. Parafrasando

Socrate, l’individuo si “maieuticizza”, partorendo se stesso ed estrinsecando le sue qualità nascoste, le sue istanze latenti, e soprattutto rapportandosi al mondo come entità non soltanto spiegabile attraverso parametri biologici e misurabili. La creatività, in questo senso, ridisegna il valore dell’individuo umano, accentuandone e giustificandone le sue istanze di rinnovamento e di pieno compimento del Sé. Gli restituisce dignità, rivelandolo nei suoi aspetti più profondi, più misteriosi ed affascinanti, e lo riafferma come entità non puramente meccanica e prevedibile. Quindi, considerare il rapporto individuo umano/ambiente come relazione interdinamica mediata da reciproche modalità creative, significa aggiungere parametri di osservazione psicologica che non si riducano a sequenze comportamentistiche stimolo-risposta.

La creatività, così come l’inconscio, costringe a guardare l’individuo umano secondo paradigmi più complessi, fra loro reciprocamente comparabili ed interconnessi, che attraversano tutte le scienze umanistiche. Mediante un approccio attento ed interessato alla scoperta delle dinamiche creative, è possibile pensare all’essere umano come individuo a più dimensioni. Riaffiora così la critica della scuola sociologica di Francoforte ed in particolare di Herbert Marcuse (1898-1979), sugli avvilenti processi di omologazione del pensiero e sul ripiego acritico e passivo del medesimo. In assenza di un processo di pensiero critico e creativo, in estrema sintesi, il soggetto umano viene svuotato della sua dimensione interiore, considerata specialmente come luogo in cui si producono le istanze, i contrasti e le opposizioni in riferimento ad una società tecnologica che indottrina falsi bisogni e congela ed annulla il pensiero critico, in modo da allineare ciascun soggetto ad acquisire concetti e comportamenti in difesa dello status quo dei gruppi di potere.

In questo senso, il soggetto umano si pone oltre un rapporto dialettico con l’ambiente, in cui si esperisce l’adattamento come conflitto costruttivo fra ciò che è dato e ciò che è possibile, e finisce invece per far parte di un processo di mimesi e di identificazione immediata con le contingenze storiche e culturali della società di appartenenza. In pratica viene condotto un assalto all’individualità da parte di una società che si regge sul profitto e sul consumo, e vengono messi in atto spontaneamente processi di rifiuto, di discredito e di emarginazione nei confronti di coloro i quali non risultano intellettualmente ed emotivamente allineati ai bisogni alienanti indotti dalla civiltà tecnocratica e materialista.

Si potrebbe dire che la creatività è resistenza.

Essa impone inoltre un prezzo da pagare, poiché nella società analizzata da Marcuse tale risorsa può costituire un pericolo per chi perpetua il dominio politico, culturale, economico e tecnologico sulla collettività. Il pensiero creativo, infatti, potrebbe risvegliare tutte quelle capacità analitiche e induttive che possono mettere in discussione l’universo semantico, i valori e le credenze che fanno da guida al vivere sociale ed al suo rapporto con la conoscenza e con le istituzioni. Può originarsi un “comportamento sperimentale”, dettato da un approccio curioso e critico nei confronti della realtà, motivato da un’istanza dialettica che promuove il sapere e sollecita le varie forme dell’intelligenza. Ovvero l’unico e vero antidoto al male assoluto, che Socrate (469-399 a.C.) identificava con l’ignoranza.

La creatività si proporrebbe quindi come strumento della filosofia socratica, ovvero come propensione alla ricerca della verità, come modello di pensiero e di comportamento aperto a riconoscere e valorizzare la pluralità dei fenomeni sociali e individuali, invece che costringerli ad un sostanziale appiattimento in una massa indifferenziata, in cui l’obbedienza acritica alle mode del consumo vanifica l’essenza autentica di ogni coscienza. La creatività non si limiterebbe dunque ad una mera qualità strettamente personale di un individuo, ma potrebbe costituire un prodotto sociale in grado di mediare nuove forme di comunicazione. In modo particolare di modelli cognitivi e sociali appropriati per accentuare istanze di sviluppo e di evoluzione propriamente umane.

La creatività sembra cioè assumere una funzione di emancipazione dell’individuo umano, sembra proiettarlo al di là di una semplice sommatoria di componenti, legata a leggi determinabili e prevedibili. Forse, gli approcci della pedagogia e delle pratiche educative potrebbero essere influenzate da una sorta di antropologia della creatività, in cui la dimensione costruttiva ed innovativa dell’essere umano verrebbe a costituire il punto saliente da valorizzare. La creatività potrebbe realmente essere il sostegno maggiormente adeguato al raggiungimento di tutto ciò che è considerato facente parte dei bisogni espressi ed inespressi dell’individuo. La pedagogia attiva dovrebbe mettere al centro di ogni suo progetto la stimolazione dell’istanza creativa nell’individuo, per valorizzarne la sua soggettività, così come già si propone nei suoi obiettivi principali.

La scuola è adeguatamente strutturata per incoraggiare e nutrire la propensione creativa, oppure siamo tutti bevitori di cicuta?

Ritornando al tentativo di identificare una differenza utile a segnare i confini fra creatività ed adattamento, questa potrebbe essere proprio riconosciuta nei termini di un legame nell’ambito dei bisogni espliciti ed impliciti dell’essere umano. Lo psicologo americano Grossman, per esempio, traccia a questo proposito una linea di demarcazione molto netta fra motivazioni facenti parte dei bisogni biologici innati (che egli chiama motivazioni omeostatiche), e quelle invece assimilabili all’attività esploratoria ed alla ricerca di esperienze ambientali (che egli chiama motivazioni non omeostatiche). L’adattamento sembra a questo punto ascrivibile alla prima area dei bisogni suddetti, mentre la creatività tende a generare forme di esperienze e di apprendimento legate all’iniziativa personale e ad un approccio costruttivista con la realtà. Tutto ciò può avere la conseguenza di rilanciare una vita intellettuale dinamica ed avvincente, ovvero di utilizzare l’intelligenza come elemento propriamente attivo e vitale, che prepara ed organizza un’esistenza creativa, che può essere definita come una scelta o uno stile di vita basato sulla ricerca e motivato dalla curiosità. Sulla base di questo tipo di rapporto, l’intelligenza e la creatività si alimenterebbero a vicenda, producendo la completa unità psichica dell’individuo.

In modo inevitabile, il discorso sulla creatività attira argomentazioni che hanno estese implicazioni sociologiche, filosofiche e politiche. Esaminare la creatività significa anche restituire una nuova idea di essere umano, pronto a cogliere ed esperire novità, a vivere secondo parametri di pensiero critico e divergente, nonché mediante atteggiamenti flessibili ed aperti alla costruzione di nuove strutture dell’esistere, anche in ambito sociale.

La creatività sembra dunque assumere funzioni che vanno assai oltre gli obiettivi epistemologici che si sono posti in partenza. Avvicinando lo sguardo a tale fenomeno, si scopre infatti un oggetto di studio assai più complesso e multifunzionale di come si poteva inizialmente immaginare. Sulla base di tutti questi assunti finora esposti, si possono ricercare ed evidenziare almeno tre importanti funzioni a carattere esistenziale attinenti alla creatività come strumento di evoluzione e di autodeterminazione. Tali funzioni, proposte esclusivamente in questa sede, sono caratterizzate da tre A:

 

Autenticità: la creatività sollecita il processo di individuazione (essere da sé). La stessa si propone come risorsa che determina una convinta e ricercata propensione verso il raggiungimento della reale essenza dell’essere.

Autonomia: la creatività, avendo un imprescindibile valore di autoaffermazione delle proprie funzioni complessive, richiede all’individuo un vissuto di autosufficienza (far da sé), affinché questo possa realizzare pienamente i suoi progetti. La creatività stimola l’autonomia del soggetto, poiché questa favorisce un percorso svincolato da automatismi mentali. La creatività spinge all’autonomia nel senso di un sentimento di indipendenza emotiva dal giudizio o dalla presenza od assenza degli altri. Con questo tipo di autonomia, l’individuo vive bene la sua solitudine, ne ricava serenamente spazi di espressività e può volgere uno sguardo introspettivo alla sua realtà intrapsichica, con curiosità e senza timori.

Attivazione: la creatività esercita ad essere continuamente curiosi ed attenti a cogliere le dimensioni della realtà, e quindi ad interagire con essa testando le nostre capacità, le nostre attitudini, sviluppando le nostre abilità e accrescendol’esperienza e la conoscenza. La creatività spinge cioè all’atto di volontà che diventa costruttivo, ricercatore, produttore di nuove realtà.

 

Tali funzioni sopraelencate sembrano definire risorse adattive superiori rispetto al substrato dei bisogni primari garantito dall’adattamento inteso come processo di conservazione e sopravvivenza.

Comunque, prima di addentrarci più approfonditamente sull’intimo legame fra creatività e personalità creativa, si può provare ulteriormente a definire il confronto fra creatività ed adattamento.

Sulla base delle conoscenze in merito, che la psicologia ha accumulato in tutti questi decenni, è auspicabile definire la creatività come una qualità della mente, un’attitudine del pensiero attraverso cui diventa possibile organizzare le informazioni in possesso secondo schemi nuovi e originali. In altre parole, la valutazione dei dati di conoscenza già posseduti può essere assunta secondo nuove interpretazioni, anche nella prospettiva di giungere a una soluzione originale posta da un situazione problemica. Sotto questo aspetto, l’atto creativo sembra coincidere con il concetto di accomodamento, secondo i canoni della psicologia genetica. Ma è vero anche che la creatività, considerata come qualità totale e totalizzante dell’individuo umano, non può ridursi ad una sola parte del processo. Tuttavia, se consideriamo tale processo nella sua interezza, scopriremo che l’organizzazione delle informazioni e delle esperienze già note (assimilazione), viene ri-programmata sulla base di nuove circostanze problemiche (accomodamento).

L’atto conclusivo di tale processo determina una condizione di equilibrio che prende il nome di adattamento. Dunque, per evitare una sovrapposizione dell’uso dei termini, si deve attribuire alla creatività, ancora una volta, una disposizione che proietta i bisogni dell’individuo al di là delle categorie funzionali dell’adattamento come dato biologico.

La creatività inclina l’individuo umano a realizzare il suo potenziale di conoscenza e di esperienza, per creare un tipo di adattamento ambientale che trascende il dato biologico, per manifestare invece bisogni legati all’espressività, alla socialità, alla cultura, ai valori spirituali; in modo da garantire l’equilibrio delle funzioni superiori dell’essere umano, quindi delle sue istanze più evolute. Quindi, se la creatività non è adattamento, come propriamente descritto dall’epistemologia piagetiana, è comunque una forma di conservazione dell’equilibrio delle funzioni mentali superiori. Tale conservazione non sembra però essere passiva e fine a se stessa, ma è invece attiva e propensa alla sollecitazione del nuovo, della scoperta, della ricerca. È la creatività a guidare tale predisposizione, proponendosi come forma di pensiero risolutore e produttivo, che permette di scoprire un modo nuovo di interpretare un problema consueto, di ristrutturare una serie di dati dando luogo a qualcosa che prima non c’era, elaborando nuove soluzioni e nuove formule in risposta a determinati problemi.

È tuttavia possibile accostare reciprocamente il contenuto di entrambi i termini, ovvero creatività e adattamento?

Nel farlo, si realizza una formula molto interessante, che prende forma sotto il nome di adattamento creativo. Cosa si intende precisamente con questo termine? L’adattamentocreativo consiste nell’espressione di una tensionetrasformativa verso le cose e l’ambiente.Esso rappresenta cioè un potenziale di crescita, nonché la condizione di ogni apprendimento; è una sorta di curiosità che induce a sperimentare, a pianificare un’azione creativa nell’ambiente, al fine di costruire e ridefinire i concetti e i significati della realtà. Mediante tale procedimento, la crescita e l’esperienza vengono mediate da fattori in grado di riflettere in ogni momento sui contenuti della realtà. La stessa esperienza dell’apprendimento, considerata sotto questo aspetto, non si limiterà ad essere centrata esclusivamente sull’acquisizione di dati e sulla ripetizione degli stessi in termini di integrazione con la realtà; ma l’individuo stesso diventa costruttore del mondo che lo circonda. Egli impara cioè a determinare il senso del Sé e dei significati di tutte le cose, attraverso capacità di elaborazione originale ed innovativa dei dati provenienti dall’ambiente esterno. L’individuo diventa così, secondo l’approccio costruttivista, riproduttore di segni e significati che diventano referenti culturali per lo scambio e la mediazione sociale. In sintesi, i simboli attraverso cui si dà senso e rappresentazione alla realtà, diventano strumenti di negoziazione attiva e partecipata da parte di tutti gli attori sociali. La cultura diviene cioè un elemento plasmabile e suscettibile di cambiamento, ed ogni esperienza può essere in tal modo interpretata e riletta alla luce delle proprie competenze critiche e riflessive. Tali asserzioni costituiscono il viatico preliminare per poter introdurre più avanti il rapporto fra creatività e metacognizione.

Tali fenomeni dovranno essere tenuti nella massima considerazione, soprattutto da parte delle scienze pedagogiche, poiché un progetto educativo dovrà favorire la dinamicità psicologica nel soggetto, e sollecitarlo ad appropriarsi consapevolmente del suo percorso evolutivo di crescita e di individuazione.

Ancora una volta, la creatività sembra confermarsi uno strumento ineccepibile che trasforma l’individuo e la realtà circostante. Come oggetto di studio, la creatività ritorna ad assumere un aspetto multiprospettico e multifattoriale, di cui non è possibile occuparsi marginalmente o limitatamente, poiché la stessa, per sua natura, si colloca oltre un discorso esclusivamente pedagogico o didattico.

La creatività si ricollega al cambiamento, al processo di autoaffermazione del Sé, quindi ritorna a proporsi come risorsa valida per sostenere e guidare il pieno raggiungimento della propria espressività e della propria autenticità interiore. L’adattamento creativo, infatti, conduce il soggetto a trascendere dalla ripetizione dei prototipi comportamentali ormai noti e collaudati, spesso anche in modo improprio, come nel caso di comportamenti devianti o autodistruttivi. Tale processo richiede all’individuo una propensione verso la consapevolezza della propria creatività, legata ad un atto che può dare luogo ad un cambiamento o al raggiungimento di una soluzione posta da una situazione problemica. Durante l’ esperienza complessiva e totalizzante dell’elemento creativo, nella personalità e nella vita di un individuo, si assottiglierebbe la differenza fra atto creativo ed atto funzionale prodotto per esempio durante la fase delle reazioni circolari terziarie in un bambino. Con questo termine si intende un tipo di interazione manipolatoria con gli oggetti, caratterizzata da un nuovo comportamento sperimentale, in cui gli schemi di azione riprodotti dal bambino col fine di determinare certi eventi, vengono sottoposti a variazioni sequenziali attivamente ricercate dal bambino stesso.

Insomma, una domanda potrebbe essere la seguente: poiché a partire da circa 18 mesi, il bambino comincia ad utilizzare supporti quali bastoni, cordicelle ecc., come strumenti ausiliari per attuare soluzioni rispetto alle situazioni problemiche presentatesi, sta compiendo un atto creativo? Se la qualità del pensiero creativo fosse considerata soltanto in termini strettamente cognitivi, si concluderebbe che ciascun individuo, da un certo momento in poi nella sua vita, diventa una persona creativa. Ma per parlare di creatività, come ci si è proposti in questa sede, è necessario riconoscere tale qualità nell’ambito del repertorio complessivo dell’esistenza di una persona. In altri termini, per poter affermare di trovarci di fronte ad un atto creativo, è necessario che questo si riveli totalizzante, ovvero capace di investire tutti i settori espressivi della personalità, tutte le dimensioni psichiche e psicologiche dell’esistenza.

Non sarebbe sufficiente, dunque, secondo tale chiave interpretativa, attribuire carattere di creatività ad un atto che è portatore di istanze motivazionali sostanzialmente legate a bisogni primari. Per riconoscere l’atto creativocome tale, è fondamentale che lo stesso producaforme originali di costruzione e rappresentazionedella realtà, che si ponga come atto che inclina alcambiamento e che sostiene l’evoluzione globaledelle proprie strutture.L’atto creativo è tale dal momento in cui diviene strumento ri-costruttore di significati, di vissuti e di esperienze, dall’istante in cui ci connette in una dimensione sociale presso cui scambiare e modificare gli elementi di significazione, ovvero concetti, idee e rappresentazioni della realtà. Si riconosce l’atto creativo da questa sua forza pervasiva di cambiamento totale, che può richiedere dunque una maturità sufficiente a farne uno strumento consapevole di guida verso obiettivi evoluti. In forza di tali ragioni, la domanda formulata in precedenza meriterebbe una risposta negativa. Infatti, si dovrebbe intendere la creatività come quella forza dell’intelligenza che si estrinseca dal momento in cui vi è disponibilità all’apertura, al nuovo, all’inconsueto, alla ricerca. Si può dunque annoverare la creatività fra i processi secondari dell’intelligenza, congiungendola ad una tendenza della personalità ad esplorare ciò che non è noto.

In questo senso la creatività può costituire una risorsa efficace per l’apprendimento, in modo particolare per quelle forme di apprendimento che non si riducono all’assorbimento di nozioni ma assumono un valore di crescita totale, di esercizio del pensiero induttivo, della capacità critica e della lateralità del pensiero.

Con tale termine si vuole propriamente fare riferimento al pensiero laterale secondo la fortunata espressione coniata dallo psicologo maltese Edward De Bono. Egli, con tale termine intende la capacità del pensiero di affrontare diverse modalità risolutorie logiche rispetto ad un problema dato.

In estrema sintesi, se il nostro comportamento adattivo non è una risposta personale che tende a modificare le nostre strutture del pensiero e del sentire, ma una sorta di risposta automatica, sarebbe come se fossimo dei camaleonti che non sanno di cambiare colore. La creatività ci astrae dalla metafora del camaleonte, per offrirsi come risorsa guida verso la costruzione di un atteggiamento che estende le sue possibilità adattive, e non solo in termini passivi. La creatività ci offre la consapevolezza delle nostre azioni ed allarga le nostre possibilità in merito alla qualità della nostra esistenza ed alla ricchezza del nostro repertorio esperienziale.

Nella società contemporanea, d’altronde, tale flessibilità sembra essere diventata una sorta di parola d’ordine, per orientarsi in un mondo socialmente frammentato, dinamico e complesso. Si intuisce che, maggiore è la pratica creativa tanto più un individuo ha possibilità di modificare le sue strutture in vista dell’adattamento. Il mancato equilibrio potrebbe creare forme disfunzionali di comportamento, modelli reattivi che rilanciano ed accrescono il disagio dovuto alla mancanza di flessibilità. Sembra questa essere una caratteristica da cui non si può prescindere dal momento in cui si parla del rapporto fra individuo e capacità di affrontare e superare ostacoli posti dalla vita stessa. Fin dalla fine degli anni Settanta, la psicologia ha assunto come oggetto di studio il fattore resilienza, inteso come quella attitudine che permette a ciascun individuo di non cedere alla pressione dell’ambiente, ma al contrario di reagire in un modo cosiddetto proattivo, ovvero allargando il proprio spazio di autonomia rispetto al problema da risolvere.

Fra gli ingredienti riconosciuti per espletare un’azione efficace e resiliente (ovvero funzionale sotto l’aspetto adattivo-proattivo), nei confronti di una situazione problemica, sono annoverati l’atteggiamento esplorativo, la curiosità intellettuale, l’approccio ludico, l’attitudine all’umorismo.

Tutti questi elementi, considerati fattori salvifici dell’equilibrio mentale e della struttura della personalità, sembrano collimare in modo pertinente con l’atteggiamento creativo.

Gli elementi sopraindicati, infatti, sembrano promuovere efficacemente un rapporto con l’ambiente di tipo dinamico e teso al cambiamento, alla sperimentazione di differenti approcci e rappresentazioni della realtà. Sembra proprio che sia il superamento di ogni rigidità cognitiva e della personalità a costituire il fattore risolutivo nell’approccio ai problemi che la realtà e la vita presentano. È in quest’ottica che la creatività mostra pienamente la sua funzione di mantenimento e tutela dell’equilibrio e della salute mentale di un individuo, poiché basa l’interconnessione del rapporto individuo umano/ambiente secondo un approccio di tipo ecologico, che previene e promuove il reciproco equilibrio fra le parti in questione.

Potrebbero interessarti ...