SUA MAESTA’ SMARTPHONE. Nuove idolatrie pagane nelle società del terzo millennio

Inviato da Nuccio Salis

sua maestà smartphone

Le forme della comunicazione subiscono trasformazioni durante il cammino storico di tutte le culture. Soprattutto in Occidente, con il diffondersi di tecnologie multimediali ed informatiche, i modelli delle pratiche comunicative sono sempre più suscettibili di rivoluzionari mutamenti, soprattutto per effetto delle moltitudini opzionali offerte dagli strumenti e dai dispositivi di comunicazione, che permettono attualmente di compiere operazioni che fino a poco tempo fa potevano risultare impensabili. L’accelerata invasività con cui vengono immessi nel mercato i media, e le strategie di vendita che vi sono legate, eleva tali oggetti ad essenziali simboli che esprimono nuove identità, profili psicologici ed orientamenti personali. Cellulari, smartphone, I-Pad ecc. rappresentano i nuovi simulacri totemici del consumatore medio, vitelli d’oro attraverso cui viene soddisfatta la naturale tendenza all’adorazione di un qualche artefatto, per ingraziarsene protezione, evocarne fortuna e sortirne benefici. Cornetti, code di coniglio, santini e rosari, che un tempo riempivano i taschini dei nostri indumenti, sono stati sostituiti da un armamentario di aggeggi che suonano, vibrano, si illuminano, avvisano, interferiscono e disturbano altri apparecchi, interrompono conversazioni e fanno correre via, liquidando all’improvviso l’interlocutore.


D’altra parte, i vantaggi che immettono nella nostra quotidianità sono indiscutibili. La possibilità di agevolarci e semplificarci le attività, sono elementi che devono essere riconosciuti senza alcun dubbio. Questo a scanso di apparire come colui che punta il dito alla tecnologia ed al progresso meccanico, elettronico e informatico; conquiste che invece a mio avviso debbono essere ricercate ed incoraggiate, se il vero fine perseguito coincide con il tutelare il benessere di tutti, aumentare le nostre potenzialità espressive e comunicative e renderci più comoda la vita. Quindi, come fruitore in prima persona di tali beni contemporanei, la proposta di riflessione verte piuttosto a far discutere apertamente su come sia stato possibile trascendere dal mero aspetto funzionale di tale merce, elevandone gli oggetti a forme di culto, permettendo loro di accattivarsi una generale adorazione “religiosa”.
Il vuoto di valori comuni avvertito da tempo, lo svilimento di quei principi e norme condivise che sono in grado di tenere salde le strutture di una società, è stato riempito da un succedaneo materiale, che ha incarnato le istanze di una folla popolata da soggetti che si percepivano sempre più soli, anonimi, perduti a se stessi e naufraghi senza bussola. Nel frattempo, venivano istigati al desiderio di apparire, quindi prefabbricati come futuri consumatori di beni oggettuali coi quali avrebbero sfogato i loro bisogni repressi. Il risultato spiacevolmente constatabile è che non c’è strumento, per quanto sofisticato, che di per sé si sia rivelato come capace di risolvere quel diffuso e straziante senso di nichilismo e solitudine esistenziale che accompagna e caratterizza oggi una larga moltitudine di persone. Questo aspetto ripiega la vita di tantissime persone dentro un mondo virtuale patinato, in cui l’illusione di non essere soli, di avere una platea a cui rivolgersi senza arrossire, protetti eventualmente da un click o da una falsa identità, tende paradossalmente ad esasperare la propria solitudine.
Compito di chi si occupa del benessere altrui e delle forme di aiuto alla persona, è di evidenziare e far emergere tali aspetti critici, affinché ciascuno riesca a rendere conto a se stesso, tutelandosi dal pericolo di una deriva che arrivi ad assumere forme di dipendenza e di attaccamento persistente a tale tecnologie. Occorre aiutare le persone a ragionare su come prevenire gli abusi nell’impiego di tali strumenti, onde evitare di bruciare il loro prezioso tempo e di sottrarlo a tutto ciò per cui ciascun essere umano è qui al mondo: “Fatti non foste a viver come bruti, ma a seguir virtute e conoscenza”. È necessario educare anche alla capacità di leggere criticamente le pervasive campagne promozionali, e divertirsi a scoprirne gli ingannevoli marchingegni (più o meno occulti) che tendono a persuadere ed ipnotizzare per orientare all’acquisto dei prodotti.
È fondamentale evitare di cadere in certe trappole, che promuovono questi nuovi comportamenti tossici,
queste nuove idolatrie riferite ad un neo-paganesimo becero, fuorviante, ripiegato sul materialismo più bieco.
Eppure, in questa moderna tribalità, tali oggetti definiscono ormai lo status della persona, i suoi gusti, i suoi interessi ed attività. L’oggetto, così trasceso dal suo fine strumentale, è investito di una forte valenza simbolica, in quanto conferisce appartenenza ed attribuisce un identikit omologato che può contare sul sentirsi tranquillamente “in group”, in quanto possiede l’oggetto che produce accettazione sociale. E così l’avere vince sull’essere, a fronte di tutti i fiumi di inchiostro e della bella oratoria quotidiana con la quale amiamo raccontarci una fatua ed idilliaca realtà che non esiste. È vero invece che senza l’ultimo modello di cellulare non si è credibili, non si è presentabili, si è facile preda di derisione; ed è su questa angoscia primordiale che fanno leva i creatori pubblicitari, che sanno molto bene che l’acquisto di un prodotto
non avviene solo per utilità pratica, ma principalmente perché provoca suggestioni emotive, costruisce una cornice di senso e di significato nel mondo, appaga e gratifica desideri latenti.
Non si compra una bottiglia d’acqua piuttosto che un’altra seguendo soltanto il prezzo o la convenienza, o ancora il livello degli elementi organolettici presenti nella composizione; si acquista invece perché è l’acqua che beve Miss Eleganza, che deve aver modellato ventre e fianchi sicuramente grazie a quella soluzione trasparente contenuta dentro barattoli di plastica.
I pubblicitari conoscono bene i punti vulnerabili di un certo target di persone: lo hanno creato loro!
E allora, perché non dimostrare davvero che un cellulare è un cellulare e soltanto un cellulare, ed usarlo per ciò che serve, invece che farsi usare da una cosa? Si potrebbe trovare più eccitante evitare almeno per quanto sia possibile, di farsi manipolare da raffinate strategie di marketing sociale, e smascherarle, riconoscerle, imparare a decodificarle. Un fine più importante si prospetta, infatti, dinanzi a noi, immersi in una società complessa, dentro un confuso coacervo di stimoli da intepretare: riuscire a separare la lana dalla seta, selezionare le perle dal ciarpame, praticare il discernimento. L’obiettivo è ambizioso, e ne va della nostra salute personale: sviluppare la propria intelligenza, sottrarsi dal diventare a propria volta merce e prodotto, e difendere la propria dignità di essere senziente, ovvero in grado di agire responsabilmente per gli altri e per se stesso.
 

Potrebbero interessarti ...