La relazione educativa e di cura


EducatoreIl lavoro dell’educatore, secondo D. Demetrio, “ha per scopo la modificazione di qualche parte di un tutto (in questo contesto, il ragazzo) per ristrutturare questo intero o una qualche sua componente”. La caratteristica di questo lavoro è perciò quella “…di porsi, sempre il problema di un cambiamento di strutture nel lungo o breve periodo” (1). Tale orientamento può con efficacia essere preso in prestito al fine di caratterizzare anche l’operare e l’agire del counselor scolastico. Infatti operare con bambini, con ragazzi o giovani adulti impone sempre la chiara consapevolezza, l’intenzionalità, delle finalità e delle metodiche operative che verranno messe in atto negli interventi relazionali.

 

“Il cambiamento educativo”, citando sempre Demetrio, “è un progetto ambizioso, un incidere, un graffiare intenzionalmente la vita individuale per lasciarvi un impronta visibile” (2) . Poiché “il soggetto non è una tavola a-reattiva, o una carta assorbente desiderosa di intridersi” (3), può non accogliere immediatamente e spontaneamente il contenuto dell’atto educativo, in quanto è portatore di significati non congruenti con quelli degli atti di cambiamento. Come correttamente suggerisce Patrizia Bonagura occorre qui coltivare l’arte di invitare: infatti “l’invitare presenta una caratteristica particolarissima: per compiersi pienamente ha sempre bisogno della decisa collaborazione di un’altra persona […] Saper invitare si profila come quel modo di intervenire nella vita degli altri che è bene attuare (contrariamente ad un pregiudizio comune) perché non solo non soffoca la loro libertà ma, anzi, cerca di promuoverla al meglio”(4).

 

Occorre dunque essere capaci di suscitare nel soggetto degli “spostamenti di posizione” (5) proposti intenzionalmente dall’educatore ma voluti, necessariamente, da entrambi. L’agire può avere questa connotazione dialettica: rendere consapevole l’altro del suo bisogno d’aiuto ed invitarlo a chiedercelo, rispettandone radicalmente la sua libertà d’azione e di pensiero, lasciando l’altro libero di rispondere o anche (6). Da queste considerazioni deriva che “il cambiamento educativo è […] giocoforza relazionale” (7) e che perciò esso si realizza sia grazie all’intervento di cause esterne sia per la scelta e la decisione consapevole del soggetto di cambiare.

 

Credo sia però necessario, ora, 1) chiarire la differenza tra relazione in generale e relazione educativa e 2) perché il termine relazione è quello che meglio qualifica la comunicazione tra educando ed educatore. La relazione, in generale, può essere definita molto semplicemente come il legame che unisce due o più persone. I motivi per i quali le persone si relazionano tra loro sono molteplici e, probabilmente, il principale è insito nella natura stessa dell’individuo, in quella tensione biologica alla consociazione che accompagna ciascuno di noi nella lunga storia evolutiva dell’uomo (8). Una relazione è strutturata su più piani e comprende variabili comportamentali dipendenti dalla natura di ogni individuo, e variabili affettive, dipendenti dal tipo di rapporto, più o meno intenso, che lega le persone coinvolte in esso.

 

Queste variabili si esprimono:

  • a. nella percezione che si ha di se stessi,
  • b. nella percezione che si ha degli altri,
  • c. nel modo in cui ognuno si sente percepito dagli altri,
  • d. nelle conseguenze di precedenti esperienze di relazione,
  • e. nelle aspettative che ognuno ha dell’altro,
  • f. nelle emozioni e nei sentimenti che vengono agiti
  • g. nelle regole che guidano il comportamento di ognuno.

La significatività della relazione è costruita interamente dalle persone coinvolte in essa, che possono renderla più o meno superficiale, più o meno matura, dal modo dunque in cui ciascuna ‘gioca’ se stessa in questa avventura, con quanta trasparenza od opacità è pronta ad agire nel circolo comunicativo e relazionale.

 

E’ perciò essenziale, nello stabilire la significatività di una relazione, il grado di condivisione esistente tra le persone coinvolte, consistente non solo nel fare insieme ma anche nel rendere partecipi gli altri di ciò che si è fatto, detto, pensato e vissuto facendoli in tal modo essere e, presumibilmente, sentire dentro la propria esperienza facendo emergere a consapevolezza il proprio personale e specifico livello di radicamento. Quando la relazione tra due persone ha lo scopo unico di promuovere lo sviluppo e la crescita, oltre che la prevenzione e la cura di particolari stati di disagio, si definisce educativa (9) ed assume anche, sul versante adulto che orienta, accompagna e supporta, la dimensione centrale ed essenziale della responsività.

 

Una delle caratteristiche principali della relazione educativa – formativa o orientativa - è, infatti, l’intenzionalità che fa dell’atto educativo, di questa relazione nel qui ed ora, un evento mirato ad obiettivi precisi e non improvvisato. L’intenzionalità fa agire l’educatore con la consapevolezza e la certezza di sapere sempre i motivi per i quali si fa o non si fa una cosa. L’intenzionalità, infatti, si esprime formalmente nel progetto educativo, la grande trama che giustifica le nostre e le altrui azioni. La scelta del termine relazione, per definire la forma di comunicazione educativa più efficace, deriva dal riconoscimento delle sue peculiarità insite nella etimologia stessa del termine.

 

Il termine relazione è quello che meglio esprime quelle condizioni necessarie perché un rapporto tra due persone sia definito educativo. Se si fa riferimento al latino, il termine relazione può derivare dal composto del prefisso “re” che esprime una ripetizione, oppure del suffisso “res” che indica l’agire nei confronti di un oggetto o un soggetto (10). La prima interpretazione rimanda all’aspetto della continuità che deve esserci nel rapporto tra due persone, la seconda invece si riferisce agli aspetti della referenzialità e della pragmaticità che riguardano un rapporto tra due persone che comunicano, che parlano di qualche cosa dall’atro e parlano l’uno all’altro, ma soprattutto che agiscono, che mirano a cambiare e trasformare ciò di cui si parla (11).

 

La continuità, la referenzialità e la pragmaticità sono i tre attributi, quelle peculiarità, come sopra detto, insite nella etimologia stessa del termine. La continuità implicita nella relazione si riferisce al legame duraturo e intenso tra due individui, che sussiste anche quando la comunicazione interpersonale non è visibile ma continua ad agire nelle azioni e nelle scelte del singolo. La relazione tra due soggetti, infatti, prevede uno scambio continuo di emozioni nuove da sperimentare e emozioni da rivivere attraverso l’altro . La referenzialità e la pragmaticità riguardano l’esistenza di un contenuto di cui parlare che diventa l’oggetto e l’obiettivo dell’intento educativo.

 

L’aspetto referenziale si riferisce al fatto che, nella relazione educativa, l’educatore e l’educando, i due soggetti della relazione hanno sempre qualcosa cui riferirsi. Può essere un problema pratico, un problema personale, oppure può riguardare opinioni, idee, emozioni o sentimenti che si vogliono condividere. Oltre che parlare insieme e riferirsi allo stesso contenuto, l’educatore e il soggetto agiscono in vista di un cambiamento, di una trasformazione nelle biografie personali, di correzioni di tiro oppure di cambiamenti strategici.

 

La relazione educativa, dunque, costituisce la base di appoggio di qualsiasi intervento, la strategia più efficace per costruire un rapporto significativo e di fiducia senza il quale il lavoro educativo risulterebbe molto più faticoso e problematico, dal momento che ogni maturazione o cambiamento è impossibile in assenza di un coinvolgimento attivo dei soggetti nel processo che li rende attuali e possibili.


Francesco Bullegas

note

1) D. DEMETRIO, Educatori di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei servizi extra-scolastici, La Nuova Italia, Firenze,1990, p. 32.

2) Ibidem.

3) Ibidem, p. 33.

4) P. BONAGURA, L’arte di invitare. Il dialogo come stile educativo, Ares, Milano, 1995, pp.19-20

5) D. DEMETRIO, Educatori di professione, cit. pag. 33

6) P. BONAGURA, cit. pag. 245

7) D. DEMETRIO, Educatori di professione, cit. pag. 33

8) Cfr. IRENÄUS EIBL-EIBESFELDT Dall’animale all’uomo. Le invarianti nell’evoluzione delle specie, Di Renzo, Roma,2005

9) Cfr. M. POSTIC, La relazione educativa. Oltre il rapporto maestro-scolaro, Armando, Roma, 1983, pp. 159-160.

10) Il termine relazione, messo a confronto coi termini interazione e transazione, risulta, per le sue peculiarità, quello che meglio qualifica la comunicazione tra educatore ed educando. Cfr D. DEMETRIO, Educatori di professione, cit., pp. 156-161.

11) Cfr. Ibidem.

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