EDUCARE GLI ADOLESCENTI. Fra ricerca-azione e dicotomie evolutive

Inviato da Nuccio Salis

adolescenti

1. Quando si parla di adolescenza, puntualmente spunta come in automatico la parola "crisi", naturalmente impiegata con una connotazione di negatività e problematicità. Il processo di crescita di un adolescente, effettivamente, è decisamente associato alla "crisi", da intendere però nel suo più ampio significato originario, ovvero come percorso di cambiamento e rivoluzione.

In una società austera e conservatrice, quale quella legata al modello culturale capitalista, che mal sopporta trasformazioni radicali e progressi profondi, l'adolescenza viene spesso accolta come quel periodo disturbante che tende a distruggere le teorie consolidate in merito a stili di vita e orientamenti valoriali considerati capitali inespugnabili dalle generazioni più adulte.

Di certo, l'enorme portata delle ricadute del periodo adolescenziale su famiglia, scuola e comunità tutta, non può sottrarre nessun addetto ai lavori dal compito di comprendere le dinamiche trasformative osservabili nella odierna quotidianità. Il dovere di indagare ed approfondire le tematiche legate alla finestra evolutiva adolescenziale, risulta un impegno che dovrebbe essere teso a sgomberare prima di tutto ogni ragionamento da elementi viziati da impressioni soggettive, vissuti ed esperienze personali ed influenze da percezioni comuni e largamente condivise. In secondo luogo, tale ispezione scientifica dovrebbe essere in grado di rendere conto sia della natura complessiva di tale processo, sia del suo concatenarsi agli eventi personali ed esogeni dell'adolescente, cioè di tutti i fattori fisiologici e socio-culturali in interazione fra loro, in modo da scoprirne ed evidenziarne il rapporto causale. Come terzo punto, tale osservazione dovrebbe di conseguenza offrire una piattaforma di dialogo e di confronto fra soggetti coinvolti ad occuparsi di adolescenti, al fine di proporre un possibile corollario di risposte e di misure atte a fronteggiare questa importante fase della vita, nella prospettiva della cura e dell'interesse preventivo rispetto ad eventuali problematiche.

E forse, più di ogni altra cosa, è necessario non dimenticare che l'adolescenza è uno stadio di transizione, verso cui occorre guardare evitando sia da una parte eccessi di allarmismo, sia di contro un atteggiamento lassista e teso a minimizzare l'enorme e comprovato potenziale di disagio a cui tutti i giovani di quell'età (13 – 19 anni) vanno incontro. Se dovessimo oscillare fra questi due riduzionismi concettuali, ne scaturirebbe un'azione educativa impropriamente detta, in quanto risulterebbe inefficace, ingenua ed eccessivamente guidata da contaminazioni soggettive.

Insomma, occuparsi sul piano educativo di adolescenti significa corroborare un piano di intervento che sia in grado di restituire una visione completa del fenomeno evolutivo, affrancata sia da contenuti estremamente sfiduciati e disfattisti, sia da spiegazioni così semplificate da apparire grottesche e poco professionali. Quindi come dovrebbe essere articolata una strategia di intervento sugli adolescenti? Forse, in prima battuta, dovrebbe quantomeno considerare la necessità di ampliare la conoscenza su un momento dello sviluppo di cui si hanno tante informazioni sull'adolescenza, ma probabilmente si sa ancora poco sull'adolescente. Mi spiego, il rischio di generalizzare la risposta, contando su una mole di dati ad elevata rilevanza statistica, è piuttosto alto, e contiene l'incresciosa conseguenza di orientare un focus più sul fenomeno che non sull'individuo. È utile ricordare che anche le teorie ed i risultati delle ricerche scientifiche sull'adolescenza, tendono ad orientarsi generalmente verso un paradigma a carattere clinico, con una sorta di vizio di forma a impronta psicanalitica che, se da un canto è straordinariamente meritorio per ricchezza di contenuti e fascino epistemologico, d'altra parte rischia di far degenerare la descrizione dell'adolescenza in una rappresentazione a contorno essenzialmente patologico, o comunque problematico. All'altro estremo, non si può nemmeno affidarsi ad un pittoresco ed immaturo idealismo pedagogico, che corre all'opposto il pericolo di sottostimare o addirittura ignorare le evidenti e reali problematiche che attraversano il periodo adolescenziale.

Tirando le somme, in definitiva, ciò che occorre è un indirizzo di ricerca che ai dissoci dalle trappole riduzioniste che fanno percepire i ragazzi come "né carne né pesce", per il solo fatto di trovarsi in un passaggio evolutivo che, fra l'altro, come dimostrato dalle ricerche antropologiche, non sarebbe nemmeno inscritto geneticamente nell'essere umano come tappa obbligatoria, ma risulta invece un coacervo intricato di variabili intrapsichiche ed ambientali.

Complessità è dunque la parola chiave da utilizzare, per muoversi verso un itinerario di ricerca che non sia, questo sì, "né carne né pesce", ma "sia carne sia pesce", casomai, esattamente come gli adolescenti, i quali non possono essere visti e considerati come contenitori vuoti, ma riscoperti quotidianamente nelle loro più remote e profonde istanze. Per comprendere i ragazzi della cosiddetta "età della crisi", dunque, visto il loro repentino mutare, sarebbe utile applicare uno stile di indagine basato sulla ricerca-azione, dentro il cui percorso è prevista la ridefinizione continua dell'oggetto di studio, per tenere aperte possibili ipotesi di completamento, sintesi, e collegamenti che re-inviano a ulteriori stimoli di approfondimento e soprattutto integrazione pluridisciplinare.

Credo altresì che ciò potrebbe non bastare se si trascurasse il fatto che ogni intervento educativo efficace tiene conto della specificità individuale del destinatario, offrendo un genuino compendio fra rintracciabili caratteristiche generali e peculiarità marcatamente originali. Ciò dovrebbe preservarci dalla rigidità di un focus complice di una visione troppo tesa a classificare secondo statistiche, che potrebbe sfociare in spiegazioni e teorie a sfondo adultocentrico, in assenza di riscontri con una dimensione più locale e contestualizzabile con maggiore affidabilità.

Occorre dunque, nella ricerca sull'adolescenza, cercare di comprendere l'adolescente, ovvero rimettere al centro la persona, compenetrando fra quelle sfumature ove spesso si annidano quei famosi potenziali di disagio, cioè tutto ciò che è sostanziato da ferite emotive, aspettative disfattiste e disistima, o da una visione avvilente e nichilista vissuta spesso in un dolore mai comunicato.

 

2. Naturalmente la ricerca in se sarebbe un frutto avvizzito senza la linfa di un congiunto approccio educativo, concreto e costruttivo che si mette in discussione passo dopo passo, con l'obiettivo, soprattutto, di considerare il fenomeno delle ambivalenze, nel periodo adolescenziale, ovvero quei vissuti che generano un senso (sarebbe meglio dire un nonsenso) come di frattura o disorientamento interno, da parte del giovane.

Proviamo ad individuare i principali:

_ Vero Sé / Falso Sé: Una delle principali dicotomie nel vissuto adolescenziale si riferisce al rapporto fra la complessa sintesi autentica e naturale degli elementi egoici fra loro integrati, e l'immagine esteriore che l'adolescente esibisce per vincere la paura delle paure: non essere accettati dal gruppo. L'adolescente conserva l'in-group pagando il pesante scotto di mascherarsi e rinunciare ad essere se stesso. Talcolta tale situazione si presenta o viene esperita come un out-out che non ammette mediazioni: o ci si omologa o si viene derisi e rifiutati.

_ Corpo maturo / Psiche infantile: L'adolescente cresce all'interno di un corpo che è sottoposto a modifiche fisiologiche in toto. La comparsa dei peli, il cambiamento del tono vocale, l'accrescimento e la funzionalità degli organi sessuali in senso riproduttivo, tutto contribuisce al preludio di una età che tramonta. Qualcosa muore all'interno del giovane, e questo senso di morte non è risolto ed elaborato con semplice linearità. Le richieste sociali si fanno più pressanti, ma il corpo esprime un'adultità che non è ancora psicologica. Chi vive ancora dentro, fondamentalmente è un ragazzo o una ragazza dalla indomita insicurezza, in cerca di un nuovo lido che dia un'identità maggiormente stabile. Tale passaggio non è per nulla indolore.

Lo descrisse molto bene la nota psicanalista Francoise Dolto, esperta di adolescenza, che chiamò questo passaggio "il problema del gambero", riferendosi alla necessità che hanno i crostacei, in natura, di crearsi una nuova corazza, durante certe fasi di crescita e cambiamento, e ciò espone tale animale marino ad un momento di massima vulnerabilità, poiché quando l'involucro che lo protegge risulta ancora molle, egli può essere più facile preda dei pesci.

_ Emancipazione / Attaccamento: Una delle più evidenti dicotomie nel viatico all'età adulta è senza dubbio l'altalena fra desiderio di emancipazione e distacco e conseguente fantasia di perdita e sradicamento, proprio nel momento di maggiore fragilità. Gli adolescenti, è riscontrabile, possono comunicare con ostentata sicumera la loro voglia di svincolarsi dai lacci genitoriali, pur tuttavia, non possedendo ancora una chiarezza progettuale in merito alla direzione e al senso di tale scelta, mostrano poi la necessità di essere ancora guidati e supportati. In questa ultima istanza, inoltre, è da tenere presente quell'aspetto legato alla comodità, all'opportunismo ed alla stabilità che fa godere al giovane quei vantaggi che solo la dimensione della domesticità famigliare spesso offre, e che per questa ragione, secondo alcuni osservatori di tale fenomeno, fa persistere l'adolescenza, a livello di caratteristiche psico-comportamentali, ben oltre la fine anagrafica della stessa.

Tutti questi aspetti, naturalmente, seguendo il ragionamento precedente, dovrebbero essere integrati secondo una prospettiva di centratura sulla persona, affinché sul piano operativo pedagogico sia presente quella auspicabile combinazione fra identità soggettiva e identità collettiva, onde poter apprezzare e valorizzare all'unisono entrambe le dimensioni, nell'impegno e nella speranza di apportare un lodevole contributo alla crescita ed al supporto dei giovani e delle loro esperienze di sviluppo.

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