quando? …ora!


quando? …ora!

 

            Come non riconoscerci, almeno in un episodio della nostra vita, con quanto scrive Richard Bandler, a proposito del desiderio di essere felici: 

 “Quando avrò perso dieci chili…”

“Quando andrò in pensione…”

“Quando riceverò l’aumento…”

“Quando finirò l’università…”

“Quando sarò sposato…”

“Quando avrò più tempo per i bambini…”

“Quando, quando, quando… allora sarò felice.”

Quando le vostre frasi iniziano con quando, significa che la vostra attenzione non è rivolta, dove dovrebbe, a quello che sta accadendo adesso.1

            La vita di ciascuno di noi è spesso scandita da propositi e da promesse fatte a noi stessi, per l’immediato o per il prossimo futuro o per un futuro lontano che stiamo appena abbozzando nella nostra mente e nel nostro intimo.

Sono progetti che non sempre si realizzano e che, se siamo tenaci, ci riproponiamo con insistenza ingaggiando una vera e propria sfida con noi stessi,  con gli altri, magari con il mondo intero, o siamo pronti ad abbandonare o a sostituire con altri.  La nostra soddisfazione o delusione è legata al raggiungimento di quell’obiettivo, direi più precisamente alla proiezione della gratificazione che noi abbiamo operato su di esso, impiegando gran parte delle nostre energie e risorse.

            Se ci risulta difficile adoperarci, concentrandoci sul presente, per ottenere ciò che ci consentirebbe di stare meglio, mentre ci appare più naturale rimandare, condizionando ad altro evento la riuscita di ciò che ci piace, non è tuttavia solo a causa di incertezze e incapacità ad agire, quanto per motivazioni profonde che sono parte essenziale della nostra stessa personalità, del nostro modello di vita, “provato” dall’ iter educativo.

Le generazioni degli adulti e over-anta custodiscono, tra le norme più radicate del proprio io genitoriale, talvolta inconsapevolmente più spesso con qualche punta di rancore, il monito a saper attendere perché l’attesa intensifica il desiderio e dunque la soddisfazione per il raggiungimento della meta; per evidente simmetria, avvertono e temono l’impossibilità ad apprezzare ciò che non è abbastanza “sudato”. 

            Tra le controingiunzioni genitoriali sono queste forse le più forti, così radicate da suscitare sensi di colpa ad ogni trasgressione e da costituire un (o forse “il”) parametro per spiegarsi (da parte degli adulti) l’irrequietezza, l’insoddisfazione, il volere tutto e subito e persino la noia delle nuove generazioni, dai bimbi ai neo maggiorenni. E così quei moniti, pur sentiti come ingombranti ed inefficaci si perpetuano e si…riciclano.

Una volta che ne abbiamo consapevolezza, ci rendiamo conto dello sforzo immane che si cela dietro quel: “quando…quando …allora” e facciamo in modo di trarne forza per concentrarci su come abbiamo figurato, come abbiamo presentato quel nostro desiderio a noi stessi, e se siamo in grado di vederlo con chiarezza, nei dettagli, davanti a noi, persino a colori, come creatura pulsante.

            Chiedersi se abbiamo precisato a noi stessi ciò che andiamo cercando, credo che sia un bel passo avanti: aiuta la nostra consapevolezza e ad un tempo rafforza la nostra autostima, perché non sono gli altri a darci consigli su come dobbiamo comportarci, stiamo agendo di nostra iniziativa e stiamo affinando le nostre abilità, in vista di un risultato.

            Ognuno di noi ha la possibilità di porsi una tale domanda: ciò che occorre è nutrire già fiducia in se stessi, motivazione autentica verso l’obiettivo e concreto buon senso che spinge ad agire, condizioni, riconosciamolo, spesso instabili.

E se il nostro dialogo interiore dovesse suggerirci:

è colpa di mia madre (o di mio padre), è ereditario, sono fatto così e basta, proviamo a riflettere sul fatto –provato- che:

le persone disposte a cambiare direzione per seguire l’evoluzione dei propri obiettivi sono più felici di quelle che non lo fanno.

Dunque, come scoprire se i nostri obiettivi sono obiettivi validi? Un buon obiettivo è solitamente facile da visualizzare, grande, luminoso e invitante. Gli obiettivi validi lavorano insieme per creare delle fondamenta, poi si sostengono e si rinforzano a mano a mano che li realizzate. Gli obiettivi inconsistenti, invece, sono spesso mal definiti e si fondano su valori che generano conflitti.2

 

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

1, 2 Richard Bandler Garner Thomson, Come vivere felici usando la Programmazione Neuro-Linguistica, © 2011 Alessio Roberti Editore

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