Clienti non pazienti


Che differenza c’è tra essere cliente ed essere paziente?

Personalmente credo ce ne sia tantissima.

I counselor hanno clienti, mai pazienti.

Se qualche collega usa – impropriamente - questo termine, forse perché abituato a farlo per via di altre specializzazioni e ruoli professionali.

I dottori hanno pazienti. I counselor hanno clienti.

Io di natura paziente non lo sono mai stata, ho sempre mal tollerato tutto ciò che riguarda l’ambito medicalizzato, patologie e co.

Rivendico il diritto del cliente a restare cliente e non paziente.

A scegliersi un percorso di benessere e non necessariamente di cura e guarigione intrapsichica.

Rivendico il rispetto per le nostre scelte di persone, di poter desiderare in alcuni momenti della vita un “semplice”  percorso di sostegno ed ascolto e niente di più profondo ed impegnativo.

O di poterli scegliere entrambi, dove in una sono cliente, adulto e con qualità e potenzialità, ed in un altro sono paziente, con ferite da guarire.

Rivendico la mia scelta di cliente, specie quando nella mia vita mi sono trovata mio malgrado in un ambiente totalmente estraneo e spersonalizzante, di desiderare a gran voce e con tutta la mia forza, un counselor in mio supporto e non uno psicologo.

Perché di camici bianchi e di medici già ne vedevo troppi e non ne volevo altri.

Non volevo vedermi trattata da paziente oltre che per la mia patologia fisica.

Anzi, anche di quello ne avrei fatto volentieri a meno.

Non é mia responsabilità che la professione di psicologo in Italia sia orientata sulla medicalizzazione (per la specializzazione in psicoterapia sono ammessi medici, oltre che laureati in psicologia).

Io qui non parlo (solo) da counselor, ma da persona, che proprio quando sente che sta perdendo il controllo ed il potere sul suo proprio corpo, deve sentirsi in grado di poter fare altre scelte, senza ulteriori imposizioni.

L’emozione che forse vi arriverà da questo articolo tradisce certamente la mia esperienza personale, ma proprio per questo motivo ho voluto farne testimonianza.

Perchè ho fatto percorsi di counseling e di psicoterapia, perché sono professioni in cui credo, perché ho colleghi psicologi e psicoterapeuti che ammiro tantissimo, a cui faccio invii e di cui sono fiera di poter vedere lavorare, collaborare o, semplicemente esserci amica.

Ma ci sono soprattutto alcuni ambiti, più di altri, in cui la persona deve essere lasciata libera di scegliere, nella consapevolezza che possa farlo e sia in grado di farlo.

Basta persone che pensano di saperne di più di altre e di sapere cos’è meglio per l’altro.

La dignità ed autodeterminazione dove è ancora possibile vanno salvaguardate ed incoraggiate.

Chiudo, prendendo a prestito le parole del dottor Bernardo Bonanni

"C'è la classica triade consolidata, medico, psicologo, infermiere e vi si può inserire con questo nuovo tipo di ruolo che è quello del counselor che aiuta senza andare cercare il danno ORGANICO che è compito del MEDICO senza cercare il danno PSICOLOGICO che è il mestiere dello psicologo, ma indipendentemente da ciò- aiutando l'utente a decidere una cosa che è per lui o per lei - in quel momento cruciale. Questo è un pò il counseling.
Noi ci crediamo tanto".


Potete vedere il video integrale qui 

Paola Bonavolontà

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