Ma tu come mangi? Alimentazione, abitudini e famiglia


come mangiSe l’argomento cibo è sempre stato importante, al giorno d’oggi esso è divenuto anche impellente. Urge porre la questione in primo piano e considerarla non solo un fatto di assimilazione di nutrienti.

Il punto sta nel fatto che l’alimentazione oltre ad essere necessaria è un fatto culturale e comportamentale, inevitabilmente quindi diventa anche una questione educativa. Il tema dei disturbi della condotta alimentare, ad esempio, fa da ponte ai tanti aspetti che connettono al cibo elementi anche molto diversi da esso, connessioni sulle quali occorre riflettere, almeno quanto occorre riflettere sul modello alimentare che adoperiamo e trasferiamo ai nostri figli.

La fretta e la comodità hanno lasciato ampio spazio a soluzioni che ci portano a mandare i nostri bambini a scuola con merendine ed altri cibi confezionati, spesso le pubblicità fomentano le scelte e sono i nostri stessi figli a chiedere a gran voce questo o quell’alimento, questa o quella bibita. Lagnanze, capricci, argomentazioni del tipo “la mamma di X glielo compra sempre!” ci spingono a riempire i carrelli prima ancora delle pance.  Difficilmente un bambino ci chiederà frutta e verdura, se noi non lo abbiamo abituato a consumarla ed apprezzarla, difficilmente un bambino considererà uno yogurt più appetitoso di un gelato se non ci siamo fatti venire in mente delle strategie perché lui possa valutarlo secondo nuovi parametri.

Facciamo un facile esempio. Esistono in commercio basi di yogurt bianco ricche di fermenti lattici, potremmo andare insieme a nostro figlio dal fruttivendolo e scegliere un tipo di frutta di stagione che lo ispira di più, poi, con l’atteggiamento giocoso e spontaneo (che dovrebbe sempre accompagnare le cose fatte insieme) potremmo tornare a casa e, frullatore alla mano, seguirlo mentre lui prepara l’aggiunta speciale da incorporare alla base. Quindi, alimentando un’atmosfera un po’ magica, guidarlo a mescolare il tutto, magari aggiungendo qualche sfizio (un po’ di frutta secca sbriciolata) per dare vita ad una merenda che non solo sarà ottima in termini nutrizionali, ma avrà il sapore ineguagliabile del “fatto da me/noi”.

Identico discorso vale quando si tratta di scegliere tra cibi diversi. Spesso accade che l’ansia di far mangiare i bambini ci conduca a trasformarci in una specie di ristoratori alle prese con clienti difficili: “questo non lo voglio, questo non mi va, questo non mi piace” e noi chiediamo allora: “cosa ti preparo?” e giù ad elencare una sfilza di proposte nella speranza e nel tentativo di estorcere un sì. Ancora una volta l’amore ci ha fatto lo sgambetto. È giusto tenere conto dei gusti, come è giusto preparare pietanze varie, ma anche per mangiare occorrono regole adatte e non si tratta solo di regole pratiche.

L’aspetto tangibile di questo discorso si lega infatti ad un aspetto ben più sfumato, profondo, che riguarda quanto di emotivo noi in effetti spostiamo sul cibo. Poiché il legame tra madre e figlio nell’allattamento non è mero scambio di alimenti, è piuttosto facile comprendere come nutrire, mangiare, assaporare siano tutti atti che assumono un significato che va ad interessare livelli differenti, per tale ragione può accadere che, ad un certo punto, in certe relazioni, essi vengano confusi, divenendo sostituto l’uno dell’altro. Così invece di dire al nostro partner “mi dispiace di averti ferito” gli prepariamo il suo manicaretto preferito, invece di ammettere con noi stessi “sono infelice”, mangiamo cioccolato, invece di ideare momenti di pura condivisione affettiva con nostro figlio, risolviamo con una o più “concessioni” alimentari.

Il punto non è contrassegnare come negativi questi atti, ma cercare di non renderli dei sostituti abituali.

Ciò che davvero ci serve è quindi predisporre una strategia mentale che ci faccia uscire dal parcheggio in cui siamo entrati, onde evitare di rimanere immobili, ed avviare nuove soluzioni, considerando con occhi diversi anche momenti scontati, che invece hanno un grandissimo valore, come ad esempio la cena.

Quando la famiglia si trova a tavola insieme ha l’occasione di sentirsi emotivamente e psicologicamente un nucleo, ha l’opportunità di appartenere e scambiarsi amore, considerazione, ascolto, ma purtroppo sempre più di frequente questo momento finisce per essere frammentato: così qualcuno mangia prima e qualcuno dopo, qualcuno in piedi e qualcuno sul divano, c’è chi si siede a tavola, ma guarda la tv. Sono pessime variabili, che penalizzano le relazioni e che impoveriscono sia l’anima che il cibo.

Si tratta dunque di questioni da affrontare attentamente, per stabilire parametri che, a volte, diventa divertente e fecondo trasgredire INSIEME, come ad esempio improvvisare una serata “speciale” nella quale si fa un pic nic stendendo una coperta sul tappeto del salone o eleggendo un pasto ogni tanto come momento del cibo “proibito”.

La fantasia è sempre un ottimo condimento, cosa che vale non solo per l’alimentazione, e l'azione di un counselor spesso è efficace perché aiuta a riscoprine il valore... Nutriente!

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