Facilitare nella difficoltà. Strategie di fronteggiamento e obiettivi dell'aiuto

Inviato da Nuccio Salis

strategia scacchiCiascuno di noi adotta varie strategie per affrontare ostacoli e difficoltà che si presentano nel corso della propria esperienza di vita. Il livello di destabilizzazione del nostro equilibrio è una complessa risultante fra la forza turbante dei fattori esterni e le competenze personali nell’interpretarne le conseguenze ed attribuire loro una dimensione interdipendente anche coi fattori di natura intrapsichica, ovvero le nostre capacità di rappresentarci un fenomeno, fornirgli un significato aderente coi nostri scopi ed i nostri costrutti di valore, e valutare le possibilità concrete di pianificare azioni di risoluzione. Da questo intrico di variabili si sviluppano i vissuti, la cui qualità espressiva può dare luogo ad una gestione degli stessi tale da poterli utilizzare come bussola di instradamento verso esperienze dalle aspettative appaganti.

 

In altre occasioni e circostanze, come è facilmente constatabile e dimostrabile, è proprio l’avvicendarsi di vissuti frustranti e caratterizzati da elevato grado di insoddisfazione a determinare un comportamento di ritiro, arrendevole o di autoannullamento, nutrito dalla percezione di “non essere all’altezza di...”. esposti quindi al fallimento, alla delusione, al dolore psichico. La voce stessa delle emozioni e degli stati affettivi, dunque, può indicare la rotta verso cui muoversi, e la scelta qualitatevole di tale direzione è stabilita dal livello di consapevolezza che appartiene all’individuo in termini di capacità di pianificazione e gestione efficace delle proprie strategie di fronteggiamento.

Non tutti gli individui dispongono di un elastico repertorio di risorse da utilizzare per sostenere un percorso di risoluzione di un problema personale. È a questo proposito che si inserisce il senso di un sostegno attraverso la relazione di aiuto. Il fine diventa cioè quello di arricchire l’individuo di strumenti di confronto con la propria realtà, e di espandere le sue capacità di prendersi carico delle proprie problematiche o questioni irrisolte o sospese, aumentando le probabilità di successo e di assunzione di un atteggiamento di autonomia responsabile. Ciò infatti costituirà il nucleo protettivo ed attivo mediante cui ciascun soggetto può intraprendere il suo personale impegno nel far fronte ai nodi problemici della propria storia.

Come possiamo aiutare, nel vivo di un’esperienza di incontro strutturato sull’aiuto, a costruire efficienti abilità di fronteggiamento? Credo che, prima di tutto, sia necessario ricordarci che nessun individuo è una passiva tabula rasa, e che probabilmente egli avrà già condotto uno o più tentativi per affrontare una situazione problematica, o percepita tale dentro la cornice fenomenologica in seno a ciascun individuo. È dunque possibile ricorrere alla ricerca di punti di forza già attivati, meglio se si riconducono ad abilità emergenti o esaurientemente possedute dal soggetto. Dunque, ciascuno di noi è attivo, e se non va ricostruito da zero può sicuramente essere potenziato.

Rendiamoci conto, dunque, che esistono varie possibilità di fronteggia mento verso una situazione “difficile”, e che queste possono essere scelte anche istantaneamente sulla base delle tendenze generali della personalità di ciascuno. Possiamo dunque articolare tali strategie nelle seguenti tipologie:

_ Cambiamento: la persona cerca di modificare la situazione nel tentativo di mediare situazioni di divergenza e conflitto fra bisogni personali e richieste sociali. Il soggetto può impegnarsi in lunghi e meditati confronti con i soggetti coinvolti nell’evento generatore del problema.

_ Ridefinizione: il soggetto fa inconsapevole ricorso alle sue strategie reattive, stravolgendo l’ordine di senso degli elementi implicati nella faccenda problematica. Ciò che era percepito come catastrofico o irrinunciabile viene consegnato a un nuovo piano di significazione. L’intera questione viene ristrutturata per lenire le ferite narcisistiche ed emozionali, senza in genere avviare un decoroso tentativo di cambiamento autentico e concretamente propositivo.

_ Controllo: in questo caso il soggetto si impegna nel tentativo di arginare fastidiosi correlati emozionali conseguenti a un accadimento spiacevole. Ansia, rabbia, frustrazione o altre componenti emozionali, vengono gestite nello sforzo di connotarle ad aspettative future di minor impatto negativo e maggior delucidazione sui rispettivi significati.

Naturalmente, non tutte le modalità attraverso cui il soggetto agisce lo aiuteranno a prevedere e promuovere i risultati desiderati. Soprattutto se ci troviamo di fronte ad una certa rigidità della struttura  pensiero-azione-emozione. Cosa possiamo fare, allora, per offrire un valido percorso di sostegno che divenga poi autosostentamento efficace? Provo a sintetizzare qualche importante punto:

a). Task analysis e progettualità degli obiettivi: Occorre, a mio non valevole parere, aiutare il richiedente aiuto a scoprire che la finalità del suo percorso può essere programmata secondo criteri di scomposizione che possono essere affrontati uno per volta. Questo potrebbe restituire un’idea di un percorso agevolato, strutturato secondo micro-obiettivi, quindi affrontato sulla base di tempi, luoghi e modalità congruenti con le abilità reali e le caratteristiche personali di cui si dispone e verso cui si fa sincero affidamento.

b). Rovesciamento figura-sfondo: È necessario a volte sollecitare l’interlocutore a ribaltare l’inquadramento percettivo degli elementi in gioco, anche mediante prove e tentativi di immaginazione creativa, protetti dunque dentro la cornice del “possibile e sotto controllo”. E da questo punto, inoltre, condurre il soggetto a svelare a se stesso eventuali interferenze sul pensiero efficace, dovute a distorsioni cognitive e ad un sistema di credenze personali obsoleto ed incongruente rispetto al piano di realtà.

c). Obiettività: È importante ricondurre ogni azione immaginata all’interno di un progetto fondamentalmente fattibile. Evitare all’interlocutore false aspettative e proteggerlo da seguenti delusioni è un compito primario. Né catastrofici senza essersi feriti e nemmeno ingenuamente ottimisti, ma agganciati a ciò che è probabile e verificabile.

d). Evitamento di “giochi” e trappole proiettive: Diverse persone in stato di bisogno non hanno una visione lucida circa la natura dei problemi che si sono generati nelle trame delle loro vicende storiche, e di come queste possano avere una relazione con le strutture e le funzioni della loro personalità. A seguito di ciò, essi tendono ad agire secondo un loro copione sociale che cerca involontariamente di fagocitarci dentro certe proiezioni drammatiche, adescandoci in un ruolo che conferma tutte le dinamiche eziologiche e in divenire del soggetto. Il fattore legato alla preparazione tecnica e personale diventa qui rigorosamente irrinunciabile. La gestione efficace di tale fenomeno apre all’individuo la possibilità di un percorso di consapevolezza e rinascita, limitatamente all’impegno in prima persona profuso dal cliente stesso e dipendentemente alle sue caratteristiche cliniche.

e). Sollecitazione dell’autonomia: Ciascun individuo, che in un primo tempo svilupperà inevitabilmente una certa dose di dipendenza, nel legame con l’operatore dell’aiuto, dovrà sempre essere incoraggiato ad instaurare una rete di rapporti allargata da cui trarre giovamento e sostegno. Tutto ciò in vista della sua capacità ad auto-aiutarsi, a dare a se stesso una direzione, ponderando scelte, risorse e mete evolutive.

f). Promuovere il training: Può rendersi necessario o essenziale, a volte, insegnare possibili strategie di adempimento, atte a favorire soddisfacenti epiloghi rispetto alla propria tematica intrisa di problematicità. Il facilitatore può fare questo allestendo vere e proprie scene simulate, coll’aiuto, il coinvolgimento e la partecipazione del cliente, che si da la libertà di sperimentare in tutta sicurezza un eventuale nuovo scenario esistenziale. Egli illustrerà le modalità efficaci della comunicazione interpersonale e dell’atteggiamento assertivo, facendo della relazione medesima col cliente il modello che dovrà ispirare nel cliente la nuova azione da intraprendere.

Complesso e stimolante al tempo stesso, dunque, risulta il compito dell’operatore dell’aiuto nel condurre la relazione su un piano di efficacia e costruttività, poiché la moltitudine degli elementi implicati non ci può far prescindere dal doveroso impegno di una continua e pervicace formazione. 

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