Il counseling della riprogrammazione

Inviato da Mario Papadia

ImageIl counseling della riprogrammazione esistenziale è uno strumento per affrontare i disagi esistenziali e le problematiche della crescita personale nel nostro tempo. La parola riprogrammazione, per indicare questo tipo di approccio alla relazione d’aiuto, può incutere timore o portare a credere che si intenda l’uomo come una macchina computale. È vero che il termine programmare ha trovato la sua collocazione privilegiata soprattuto nell’informatica, nel senso di “dare istruzioni ad una macchina per farle eseguire compiti complessi”. Ma il suo significato originario è quello di progettare, avere intenzione di fare qualcosa. E on tal senso è stato mutuato dalla biologia molecolare (con il termine riprogrammazione) per indicare la correzione dei codici genetici (programmi) mutanti portatori malattie genetiche. Ed è questa la prospettiva, anche senza la pretesa di operare una ristrutturazione della personalità, in cui si pone il counseling della riprogrammazione.

Il modello evoluzionistico.

Per chiarire il discorso è necessario premettere alcuni concetti di base. La nostra natura è il prodotto di processi evoluzionistici che hanno agito lentamente nel corso di migliaia di generazioni. L’evoluzione è un processo lento che ha richiesto migliaia di anni per trasformarsi in strutture anatomo-fisio-psicologiche specifiche, i cui principi fondamentali sono scritti nel Dna. Anche i comportamenti di base della natura umana sono stati plasmati attraverso la selezione naturale nel corso di millenari archi temporali. Tali comportamenti riguardano gli obbiettivi fondamentali della specie: sopravvivenza, riproduzione, solidarietà parentale e solidarietà non parentale, e tutte le funzioni che ne conseguono come, per esempio, gli automatismi neurofisiologici (emozioni, percezione del dolore, ecc.) e le procedure di valutazione di sé e della realtà (consapevolezza di sé e dei propri processi, soluzione dei problemi fondamentali, ecc.). Gli ambienti in cui ciò avvenne differivano da quello attuale per molti aspetti importanti, ed è in questi ambienti primitivi che la natura umana si è sostanzialmente stabilizzata fino ai nostri giorni. Solo negli ultimi diecimila anni la nostra specie è andata sviluppando una cultura, che ha cominciato a correre sempre più velocemente negli ultimi secoli, creando sinapsi sempre più complesse e comportamenti che possono entrare in frizione con il più stabilizzato programma genetico.
Il Dna e le configurazioni anatomo-fisio-psicologiche che lo traducono agiscono come programmi. Infatti hanno sempre a) un obiettivo che consiste nel problema biologico da risolvere, b) una struttura necessaria per raggiungere quell’obiettivo, c) le istruzioni comportamentali essenziali a fare tutte le azioni adeguate ad esso, d) la memoria dove conservare le istruzioni e iscrivere le soluzioni adottate, e) l’energia utile a compiere il loro lavoro, f) la stabilità che garantisca la sussistenza del programma, g) la malleabilità che dispone all’adattamento.
La specie si realizza concretamente nell’individuo con una infinità di variazioni tante quante sono gli individui. Sono diversi gli aspetti in cui tali variazioni si possono manifestare: in primo luogo nella diversità di dote genetica che codifica le strutture anatomo-fisio-psicologiche automatiche (esempio: diversità individuali nella percezione emotiva di sé stessi e nella decodifica dei sentimenti e delle emozioni altrui). Questo aspetto è il meno malleabile nella personalità di ciascuno. Più malleabili invece sono le variabilità individuali dei sistemi anatomo-fisio-psicologici relativi all’attuazione dei comportamenti, ai processi decisionali, alla salvaguardia delle relazioni sociali, all’autocomprensione e all’automantenimento. Essi infatti sono esposti alle molteplici contingenze ambientali che interagiscono con lo sviluppo infantile e adolescenziale. L’ambiente perciò influisce soprattutto sul comportamento, tenendo tuttavia presente che questo non si limita all’azione, ma anche al complesso dei processi ad esso necessari: percezioni, emozioni ed elaborazioni mentali, in sostanza l’io della persona. Infine vanno tenute in conto, per quanto riguarda l’individuo, le variabili tipiche della cultura antropologica di appartenenza.
Ultimo aspetto da tenere presente, nella definizione delle differenziazioni individuali, che nel corso dell’evoluzione si è verificato un altro tipo di selezione a cui non si dà sufficiente attenzione, ed è quella delle personalità. Dal punto di vista evoluzionistico non esiste una personalità ideale. La selezione naturale non ha favorito una personalità ideale, ma diverse tipologie. Ciò suggerisce che alcuni tratti oggi associati ai disturbi di personalità possono essere il frutto di processi adattivi evoluzionistici. Esistono insomma personalità selezionate nel corso del processo evoluzionistico che in un determinato ambiente attuale possono non favorire una condizione adattiva. Se l’ambiente è loro favorevole possono avere successo (si pensi al caso estremo della personalità paranoide di Hitler); in caso contrario o se la caratterizzazione è troppo pronunciata espongono sé stesse al fallimento o portano danno agli altri.

La vita di ognuno si svolge lungo tappe programmate dall’evoluzione, nelle quali si afferma l’individualità.

Lo sviluppo individuale umano è scandito da fasi programmate dalla natura che operano su molteplici variabili: le caratteristiche innate dell’individuo; le peculiarità affettive, comportamentali e cognitive dell’ambiente, la filosofia e i valori culturali del retroterra antropologico. Il tutto viene iscritto nelle connessioni sinaptiche e nel sistema psiconeuroendocrino.
Lo sviluppo biopsicologico individuale si svolge attraverso all’incirca nove fasi, alcune programmate dal Dna, altre dalla specie. Tale sviluppo, non meno della vita psichica, procede per svolte critiche. È inevitabile che una fase di sviluppo malriuscita possa influire negativamente sulle seguenti.
La vita intrauterina. Il feto è influenzato dai flussi neuroendrocrini collegati agli stati d’animo materni e dalle sue abitudini di fitness (alimentazione, fumo, alcol, ecc.).
La nascita. Le terminazioni nervose che dall’epidermide si collegano con i neuroni motori vengono attivate dal parto, incidendovi a livello cerebrale le sequenze dentro/fuori, cambiamento, passaggio, pressione/liberazione.
La fase primaria o dell’attaccamento, in cui s’instaura, tra madre e bambino, una relazione stretta, somigliante ai due poli di un campo elettromagnetico, fondata sulla comunicazione empatica e la risonanza, un circuito di vibrazioni tra corpi.
La socializzazione infantile. Dal punto di vista psicobiologico si ha una potente ristrutturazione sinaptica. I fanciulli sentono prepotente il bisogno di stare fra coetanei e debbono imparare le regole del gioco. Quando poi il gioco si trasforma in scolarizzazione (che è un’acquisizione della specie, presente in ogni società, anche la più arcaica) il bambino è chiamato a diventare allievo a tempo pieno, vale a dire a decidere di apprendere regole di comportamento mentale: valutare le priorità, le convenienze, la metodologia della soluzione dei problemi. Egli deve allenarsi insomma a costruire le basi della capacità strategica e del progettare.
La sessualizzazione. L’adolescenza rende compiuto il comandamento di sopravvivenza, portando a maturazione due importanti istinti di specie: la sessualità e la forza del gruppo-orda che porta a delimitare con nettezza il campo personale, anche in conflitto con i familiari. L’adolescente alterna a periodi di depressione e d’isolamento momenti d’esuberanze irrefrenabili (dovuti alla rimodulazione del sistema ormonale), senso di precarietà e di sconfinamento angoscioso fino al suicidio. Si fonda in questa fase la caratterstica specifica umana della tendenza alla spiritualità.
Il primo innamoramento. La persona innamorata percepisce sé stessa come legata ad un’altra, al di fuori di sé. Comincia a vivere identificata con la persona amata. Su questa base psicofisiologica si può sviluppare l’atteggiamento spirituale di carattere mistico. L’innamoramento trascina al superamento di sé nell’unione mistica. Chiamerei questo movimento “trascendenza amorosa”. Prima o poi dovrà avvenire il distacco (influenzato nelle sue modalità soprattutto dagli esiti della fase primaria), superato il quale si opera il passaggio alla relazione amorosa matura. L’altra persona diventa un cosmo con il quale si costruisce un campo energetico comune. Ma qui non siamo più nella dimensione spirituale trascendente, bensì nel mondo della relazione spirituale adulta, dell’empatia e della comprensione.
La maturità. L’io giunge a maturazione contemporaneamente all’equilibrio biologico dei suoi emisferi cerebrali, che in questa fase terminano il loro processo di sviluppo. La persona si esprime nella libertà, nella capacità di giudizio e di affrontare i problemi secondo criteri di valutazione armonizzati con il complesso delle sue esigenze di persona in quanto individuo e soggetto in relazione.
Il decondizionamento. La menopausa e l’andropausa modellano questa fase. La fine della predominanza ormonale rende la vita della persona meno condizionata dalla tempesta interna e dalle esigenze biologiche primarie. La mente si focalizza maggiormente verso il mondo interiore. Tutte le possibili connessioni del sapere, insite in quel soggetto, anche quelle inevase, sono evidenziabili.
Lo sconfinamento. L’esperienza interiore più profonda di quest’ultima programmazione della vita, sotto il segno della morte biologica programmata, è la presenza costante del limite, che genera un continuo interrogativo su cosa c’è di là. La vecchiaia, come programma finale induce a confrontarsi con tutte le istanze alla base della trascendenza oltre il proprio sé.

I genitori e la società agiscono sulle giovani generazioni come programmatori: vantaggi e rischi.

Il comportamento tipico dei genitori e della società, in modo particolare nella scuola, nei riguardi delle giovani generazioni è quello dei programmatori. In questo modo la società umana continua il lavoro della natura.
Vi sono due tipi d’educazione. La prima è quella istituzionalizzata ed è il luogo dove, palesemente e metodicamente, vengono trasmesse nozioni ed istruzioni: la famiglia e la scuola. La seconda forma di educazione opera per le vie sociali tramite i linguaggi, i comportamenti, gli spettacoli, l’agorà televisiva e quella dello stadio, l’appartenenza comunitaria.
Che questi attori agiscano come programmatori lo si deduce dall’ossatura della formazione di base. Essa mira a trasmettere le istruzioni fondamentali che saranno i punti di riferimento e che come tali funzioneranno. I bambini e gli adolescenti, proprio a causa della loro estrema malleabilità, le assimilano secondo un criterio d’economicità: ovvero stabilizzano queste prime acquisizioni in programmi-guida, nuclei stabili di comportamenti, linguaggi, emozioni, scale di valori. Essi funzioneranno da attrattori rispetto a tutte le esperienze seguenti, diventeranno le categorie di riferimento della memoria a lungo termine e come tali saranno gli ultimi ad essere dimenticati e, ovviamente, i più difficili da cambiare nella misura in cui sono rigidi.
La formazione, come fenomeno complessivo dalla nascita alla tarda giovinezza, non crea nella persona solo un manuale di istruzioni (unità comportamentali, emozionali e cognitive), ma anche un libro di storia delle vicende della persona stessa, una macchina del tempo che può riattivare esperienze passate o prefigurare tempi venturi. È il nostro codice genetico esistenziale. Senza di esso la nostra esistenza non avrebbe una strategia e sarebbe solo disordine inconcludente. Ma non sempre è adeguato alle esigenze della persona o al suo potenziale, sicché talvolta questa si trova nella condizione di non avere strumenti per la soluzione dei problemi che gli eventi della vita comportano o addirittura può sentirsi esposta al fallimento proprio a causa di quel codice esistenziale.

Il conflitto fra programmazioni è sempre possibile.


La strategia della programmazione ha insito in sé stessa il rischio del conflitto fra i diversi programmi. Nell’ambito di una società possono coesistere diversi tipi di soluzione ai problemi, non necessariamente coerenti tra loro. La storia della civiltà ne è testimone, piena come è di conflitti e contraddizioni, così come lo sono state le diverse società, al loro interno.
Con tutta evidenza anche i programmatori istituzionali, genitori ed educatori, possono essere veicolo di tali conflitti. Si ha conflitto intrapsichico quando i programmi con i quali un individuo è stato formato possono essere incompatibili con la sua struttura potenziale, o per diverse vicende rivelarsi tra loro incompatibili, o gerarchicamente non armonizzati, ecc. Si può anche avere il caso di comportamenti o di assunti cognitivi portatori, per la loro stessa struttura, di conflitti. In genere qualsiasi tipo di conflitto può essere un evento aperto alla possibilità del cambiamento evolutivo, se chi ne è protagonista decide in tal senso e pone in atto le strategie opportune, a meno che non si abbia il caso di una distorsione profonda dal punto di vista della formazione o della struttura stessa della personalità.

Come e dove opera il counseling della riprogrammazione.

Il counseling della riprogrammazione è un metodo che assimila le più diverse tecniche, purché rispondano ai principi fondamentali del modello evoluzionistico, secondo il quale si ha cambiamento se si opera lavorando sulle fondamentali componenti di un programma esistenziale: l’energia, l’obiettivo, la strategia e la memoria.
I pilastri su cui questo modello di counseling poggia sono: la definizione del problema e del programma operante in quel problema attraverso l’indagine, la definizione dell’obiettivo da perseguire nella consulenza, la deprogrammazione, l’immissione del nuovo programma, la messa in moto delle risorse.
Dopo aver ascoltato con un atteggiamento empatico la narrazione del disagio da parte del cliente, il counselor lo aiuta a collocare quel problema nella sua realtà concreta, per averne chiari i fatti e non solo le impressioni soggettive. Egli mette così in atto un’indagine il cui scopo ultimo è di scoprire quale sia la strategia esistenziale specifica, quale programmazione abbia messo in atto per giungere ad una situazione di disagio.
Lo scopo di questa ricognizione (che può essere compiuta con diverse tecniche: domande, disegno, narrazione scritta, test dei colori, ecc.) è sempre di mettere a fuoco la strategia esistenziale della persona, che si rivela soprattutto nella filosofia personale del consultante. La filosofia personale è il sistema di principi, credenze, affermazioni e negazioni, a fondamento della mappa ideale di ognuno. Essa può essere un sistema più o meno organico ed organizzato, più meno rielaborato coscientemente dall’interessato. Spesso contraddittorio, nella misura in cui sono preponderanti gli input introiettati, acriticamente mantenuti nel corso degli anni. Talvolta invece è dominante una qualche esperienza personale rilevante, da cui si traggono massime e direttive universali, applicate ad ogni circostanza, pertinenti o non.
Sarà liberatorio, per il cliente, comprendere che, per quanto la strategia cui sinora aveva affidato la sua vita non sia più adeguata, gli sia tuttavia servita a sopravvivere e ad ottenere qualche successo. Grazie ad essa è giunto laddove ora è, anche se adesso deve andare oltre e quindi riprogrammarla. Il porsi in questa prospettiva facilita, nel cliente, l’assunzione di un atteggiamento di tolleranza verso il proprio passato, sì da non rimanere legato ad esso con vincolo ostile. Questo ragionamento, invece, non sempre funziona in psicoterapia. Il luogo psichico in cui il paziente adesso si trova è la malattia ed è proprio a causa della programmazione in atto che lui è ammalato.
Nel counseling, questo passaggio valorizza la crisi del presente. Si ha crisi quando l’evento critico offre l’opportunità di entrare in uno spazio/tempo di riflessione, confacente ad una nuova progettazione. Il dubbio fa parte della nostra condizione. Ma nel momento di crisi il dubbio si pone al centro della scena della nostra vita. Il dubbio non appartiene solo all’ambito della mente. Dubitare non è incompatibile con il provare emozioni, come quando ci si chiede: «amo o non amo?».
Segue la fase della deprogrammazione. Anche questo è un termine forte. Il primo ad usarlo è stato Steven Hassan nel suo famoso Exit Counseling. Lo scopo è una decostruzione della programmazione operante, attraverso tecniche apposite. In questa fase è più facile che scatti la resistenza. La deprogrammazione interviene sia sui costrutti mentali sia sui legami emotivi. Attraverso le tecniche dei giochi di ruolo, la sedia vuota, lo psicodramma, l’impatto empatico, gli ansiolitici erboristici, i rimedi floreali di Bach, si mette in atto un processo di disaggregazione emotiva. Attravero la confutazione si opera la scoperta e la critica sperimentale dei pregiudizi personali («non bisogna fidarsi delle donne», «io non potrò mai fare questo o quello»), delle ingiunzioni introiettate («se non sei il primo, non sei nessuno»), dei comandamenti assimilati («bisogna saper sopportare per amore dei figli»), delle etichette («ha parlato il sapientone!»). Attraverso il paradosso si mette in luce il nonsenso più vistoso che è sempre, e comunque, quello di non amare sé stessi, pur essendo ognuno il detentore della propria unicità.
Il passo seguente è la costruzione del nuovo programma. Il cambiamento preso in considerazione dalla metodologia della riprogrammazione è il ritorno “al tavolo da disegno”: un ritorno alle origini tradite allo scopo di liberare il loro potenziale strategico, oppure un necessario e formidabile tradimento delle origini stesse, aggiungendo elementi strategici assenti nel programma personale. Si può cambiare per realizzare una delle proprie ipotesi programmatiche, piuttosto che un'altra. Ma si può cambiare anche aggiungendo nuove ipotesi programmatiche alla propria storia.
Tecniche funzionali alla costruzione del nuovo programma sono il procedimento maieutico, la mediazione, l’allenamento alla acquisizioni positive tramite visualizzazione, il training autogeno, la meditazione. Il metodo maieutico, nel counseling della riprogrammazione, è un’interazione dialogica fra counselor e cliente con lo scopo di trarre dall’animo di quest’ultimo la nuova strategia di vita. Il dialogo socratico, nel contesto del counseling, va inteso come un’esperienzia ad apprendere a confrontarsi e dibattere in modo intellettualmente libero per acquisire un metodo. La maieutica non è tuttavia esente da rischi. Il primo rischio è quello che le questioni siano poste in forma di dilemma. Il dilemma è un quesito molto stringente, e non può essere posto fin dall’inizio, ma solo quando il processo maieutico è in fase avanzata sicché il dilemma è l’ultima tappa. Un dilemma posto fin dall’inizio potrebbe rivelare una soluzione preconfenzionata dal counselor. Il secondo rischio sta nel fatto che gli interrogativi siano posti in modo che racchiudano la risposta. La determinazione del nuovo programma deve scaturire dall’interno di ciò che la persona è, non da quello che il counselor presume debba essere fatto. La mediazione, invece, mira a porre in collegamento l’emisfero cerebrale razionale con quello intuitivo e quindi di far leva sulle sue qualità tipiche: imaginazione e metafora.
Il nuovo programma deve anzitutto rispondere al criterio di essere un atto di amore a sé stessi. Counselor e consultante costruiscono insieme ipotesi di nuove istruzioni, idonee a raggiungere l’obiettivo del cambiamento e coerenti con il potenziale della persona, costruite secondo tre peculiarità: efficacia rispetto alla sopravvivenza dell’Io, sicché ne mantengano l’unità profonda, efficacia comunicativa e stabilità coniugata con malleabilità. L’assunzione di responsabilità verso la propria situazione richiede la consapevolezza opportunistica che il miglior investimento energetico è quello diretto a cambiare laddove la persona può intervenire. Le istruzioni che fioriscono nel setting del counseling debbono essere condivise e intelligibili, inequivocabili. Il counselor aiuta il cliente a verbalizzare in forma sintatticamente lineare la sua nuova visione di vita, e le decisioni conseguenti. Ma ciò non basta. Egli sorveglierà che scaturisca da un obiettivo atto d’amore. Il modo migliore di funzionare di una strategia di vita è quella in cui l’«io sono» è il principio di riferimento genetico. Esso, come avviene per il codice genetico degli organismi nella natura, è fonte di stabilità e contemporaneamente di malleabilità, principio di valutazione e contemporaneamente terminale di qualsiasi mutazione. Questa continua spola tra realtà ambientale e realtà soggettiva appare la metodologia più efficace per attraversare gli eventi della vita. Nel cambiamento l’esperienza rassoda ogni piccola conquista e suggerisce una metodologia di verifica della realtà: se si ha una risposta positiva dai risultati, diversa da quella ripetitiva a cui si è abituati, rafforzata da una constatazione di autostima, significa che si è sulla strada giusta.
Qualsiasi acquisizione di nuovo ordine informativo presuppone un consumo d’energia. È quindi importante, nell’ambito del counseling, prevedere il sostegno delle risorse energetiche della persona in senso proporzionale alle difficoltà in cui essa si trova. Nel counseling della riprogrammazione ciò può essere fatto suggerendo di riflettere sull’importanza di alcuni supporti quali il cambiamento del regime alimentare, l’assunzione di adattogeni o ansiolitici erboristici (ovviamente dietro indicazione di chi ne ha la professionalità), la pratica di tecniche di movimento che rafforzano l’energia personale (yoga, taichi, qikong, ecc.) o la consapevolezza del proprio potere personale (meditazione, vocalità, ecc.).
Per quanto profondo e radicale, nessun cambiamento si verifica improvvisamente e senza strascico del passato. Il cambiamento a livello vitale non è né meccanico né automatico e deve fare spesso i conti con il rifiuto dell’ambiente. Perciò è determinante che, nel momento in cui il cliente mette in atto il nuovo programma, venga sostenuto nelle difficoltà che può incontrare, memore che la vita è un’invenzione che ha bisogno di verifica. In tal modo egli, di fronte alla difficoltà applicativa, troverà sostegno nel confronto con il counselor e, ad ogni esito positivo, rafforzerà la stima di sé e la fiducia nel proprio cambiamento.

Per saperne di più:


IL COUNSELING DELLA RIPROGRAMMAZIONE

Mario Papadia
www.counselor.it

editore Armando
€ 16,00, offerto con il 10% di sconto
è un tentativo di portare nell’ambito di questa disciplina una nuova prospettiva.
Potrebbero interessarti ...