La moralità del counselor


Diventare Counselor in Italia non è particolarmente complesso, non essendovi una regolamentazione che metta ordine in un caos ed in un proliferare di corsi che troppe volte illudono e deludono. No, carissimi Amici e Colleghi Counselors, non nascondiamoci dietro un velo pietoso. Basta pagare fior di rette, e prima o poi, un diploma non si nega a nessuno. Essere Counselor e credere in ciò che si è studiato e, si spera, posto in essere nel proprio vissuto, è tutt’altro paio di maniche.

 


Essere Counselor in Italia oggi è estremamente complesso. Vittime di una cultura francamente povera, decisamente non in grado di comprendere l’apporto offerto dal Counseling. Vittime di un vuoto giuridico che mistifica e offusca la professionalità del Counselor. Vittime di una crisi economica che mette in ginocchio chi, come la sottoscritta, si affaccia al mondo del lavoro “forte” solo di se stessa. Vittime di un nepotismo imperante, che si nutre dell’italico malcostume della classica mano che lava l’altra. Vittime di noi stessi, non sempre candidi e non sempre puliti dentro.

In un’Italia vergognosamente vittima del continuo mercimonio tra soldi e potere, la moralità è quasi una sconosciuta. Per noi Counselors dovrebbe essere la veste del povero lunedì e della ricca domenica, l’abito che fa il monaco. Se abbiamo il coraggio e l’onestà intellettuale di guardarci dentro nel profondo, potremo capire per quanti denari siamo disposti a scendere a compromessi. Letteralmente. Se abbiamo un prezzo, ovvio.

Ciascuno di noi ha sicuramente un percorso travagliato fatto di spiegazioni, di chiarificazioni sul nostro ruolo. Molti di noi avranno ricevuto porte sbattute in faccia o sorrisini pieni di comprensione. Altri avranno avuto terra bruciata attorno, perché perfetti “Signori Nessuno”, privi di parentele o affinità in grado di creare terreno fertile. Nulla di nuovo sotto il sole, potreste obiettare, cari Amici e Colleghi. Vero, verissimo. Se non fosse che noi Counselors siamo sotto la lente d’ingrandimento e la nostra integrità morale dovrebbe essere indiscutibile. Altrimenti, una mela marcia disonora la categoria.

Una seria ed approfondita riflessione mi appare assolutamente necessaria. Diventare Counselor è una cosa, esserlo è spesso ben altro. Mi chiedo, ad esempio, come sia possibile diventare Counselor se non in grado di rapportarsi con determinati possibili Clienti, salvo ovviamente cambiare idea se l’unico sbocco che si profila riguarda proprio la categoria verso la quale ci si trova in difficoltà. Come minimo si presenta un conflitto di natura etico-deontologica. E sì, cari Amici e Colleghi, perché se è vero che ciascuno di noi è un essere umano con tutti i diritti di avere pensieri ed opinioni, è altrettanto vero che laddove non ci si senta autenticamente in grado di svolgere il proprio ruolo, ci si dovrebbe ritirare.

Un esempio concreto: se io Counselor reputo che applicare il Counseling come metodologia di supporto a soggetti in terza età sia poco utile, dovrei eticamente astenermi dall’esercitare il Counseling Geriatrico. Dovrei. Dovrei, se possedessi una limpida moralità, lavorare sul mio disagio. Ciò che non mi dovrei permettere è saltare su quell’unico treno che passa grazie alla spinta di qualcuno che, seppur temporaneamente, conta… Essere Counselor in Italia oggi, adesso, proprio ora, significa, a mio avviso, fare tanta strada a piedi, consumare le suole delle scarpe, mangiare polvere, ma non dover mai scendere a miserevoli compromessi. Per noi stessi, per tutti noi.

Giovanna Rezzoagli Ganci

Counselor F.A.I.P. iscritta al n° 935 del Registro Nazionale

Studio in Rapallo (GE), via Della Libertà 124/4

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http://www.foglidicounseling.org

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