Facciamo counseling con Immanuel Kant (4)

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PRINCIPI PRATICI: Kant intende delle regole-precetti-determinazioni generali della volontà all’interno delle quali ci sono regole particolari. Ad esempio “prenditi cura della salute” è un principio pratico ed al suo interno troviamo “non fumare, fai sport, bevi una tisana). ài principi pratici si dividono in due gruppi: MASSIME (sono principi che valgono solo per chi le adotta, sono precetti che valgono soggettivamente) e IMPERATIVI (sono principi pratici oggettivi e validi per tutti; sono comandi o doveri che esprimono la necessità oggettiva dell’azione senza l’intervento di fattori emozionali/empirici.

Gli imperativi possono essere IPOTETICI (muovono la volontà a condizione che essa voglia raggiungere determinati obiettivi àse vuoi essere promosso devi studiare àl’imperatività è condizionata) oppure CATEGORICI è l’imperativo che determina la volontà non a condizione di obiettivi determinati MA SEMPLICEMENTE COME VOLONTA’ àGLI IMPERATIVI CATEGORICI SONO “LEGGI PRATICHE” CHE VALGONO INCONDIZIONAMENTE PER L’ESSERE RAZIONALE (non “devi se….”… ma “devi perchè devi”) àla necessità della legge morale consiste nel suo valere per tutti gli esseri razionali àla legge morale dunque non dipende dal contenuto e non può dipenderne perché in tal caso cadremmo nell’empirismo e nell’utilitarismo o nell’edonismo àeliminato il contenuto non resta che la FORMA DELLA LEGGE che mi comanda di rispettarla in quanto tale ed in quanto universale (adeguazione della volontà alla forma della legge àagisci in modo che la massima della tua volontà possa valere sempre, al tempo stesso, come principio di una legislazione universale, ossia che la tua massima soggettiva diventi legge universale). Siamo dunque NOI A DARE A NOI STESSI LA LEGGE NELLA SUA FORMA PURA (AUTONOMIA) E L’IMPERATIVO CATEGORICO RISULTA UNA PROPOSIZIONE DA CUI LA VOLONTA’ E’ MOSSA E DETERMINATA A-PRIORI OGGETTIVAMENTE àLA RAGION PURA E’ IN SE STESSA PRATICA PERCHE’ DETERMINA LA VOLONTA’ SENZA ALTRI INTERVENTI/INTERFERENZE. IN questo modo l’imperativo mi comanda la libertà e dunque è un giudizio analitico poiché la libertà non risulta per analisi dal concetto di dovere àlibertà è anche libertà dalla natura e dal meccanismo causale.

Guarda le tue azioni nell’ottica dell’universale e capirai se sono azioni morali o no! Con questo principio Kant realizza la “mediazione” tra l’universale e il particolare àse la mia massima soggettiva, una volta elevata a forma universale, mi consente di vivere in questo mondo in cui la massima personale diventa universale….allora essa è morale.

àQUEL MONDO INTELLEGIBILE E NOUMENICO CHE SFUGGIVA ALLA RAGION PURA RISULTA ACCESSIBILE PER VIA PRATICA: LA LIBERTA’, L’IMMORTALITA’ DELL’ANIMA E DIO… NON SONO PIU’ IDEE REGOLATIVE MA DIVENTANO POSTULATI àNON DOGMI TEORETICI MA LINEE GUIDA  E PRESUPPOSTI DI UN AGIRE PRATICO àESSI NON AMPLIANO LA CONOSCENZA MA DANNO ALLE IDEE DELLA RAGIONE UNA REALTA’ OGGETTIVA E AUTORIZZANO CONCETTI DI CUI ALTRIMENTI NON SI POTREBBE AFFERMARE NEMMENO LA POSSIBILITA’ àLA RAGION PRATICA HA DUNQUE RIEMPITO QUELLE ESIGENZE DELLA RAGION PURA CHE ERANO LE IDEE ED HA DATO LORO UNA REALTA’ MORALE.

Allora: la ragion pura non può cogliere il noumeno ma può conoscere il fenomeno, la ragion pratica può cogliere il noumeno ma senza conoscerlo: nella critica del giudizio Kant cerca di trovare una mediazione tra i due mondi pur ribadendo che tale mediazione non può avere un carattere conoscitivo-teoretico. La FACOLTA’ DEL GUDIZIO LEGATA AL SENTIMENTO PURO sarà la facoltà intermedia fra l’intelletto (facoltà conoscitiva) e la ragione (facoltà pratica).

Il giudizio in generale è la facoltà di sussumere il particolare nell’universale. I giudizi possono DETERMINANTI (quando ci sono dati sia il particolare sia l’universale. Tutti i giudizi della ragion pura sono determinanti poiché nella sintesi tra molteplice sensibile e categoria intellettuale essi determinano teoreticamente l’oggetto) e RIFLETTENTI (ci è dato solo il particolare e il giudizio deve cercare/trovare l’universale àriflessione su oggetti per i quali ci manca una legge, riflessione sugli oggetti già determinati dal giudizio determinante alfine di trovare e rinvenire un accordo con le facoltà conoscitive e le esigenze morali del soggetto) àl’universale proprio del giudizio riflettente non è un universale logico e dunque non ha il carattere dell’intellegibilità ma è un universale corrispondente alle idee ed al loro uso regolativo (quindi non un concetto conoscibile e parte dell’esperienza teoretica ma un oggetto esigenziale, una tensione dell’uomo che non può essere spiegata!!!! àKant parla a tal proposito della finalità della natura e dell’idea di FINE ànon un concetto teoretico ma un bisogno/istanza del soggetto àil concetto di FINE è intermediario tra la natura e la libertà poiché LA NATURA FINALISTICAMENTE INTESA VIENE AD ACCORDARSI CON LA “FINALITA’ MORALE” PERCHE’ LA FINALITA’ FA PERDERE ALLA NATURA LA SUA RIGIDEZZA MECCANICISTICA E RENDE POSSIBILE IL SUO ACCORDO CON LA LIBERTA’.

àIL FINALISMO DELLA NATURA possiamo trovarlo riflettendo sulla bellezza (giudizio estetico e riflettendo sull’ordinamento della natura (giudizio teleologico).

GIUDIZIO ESTETICO: Per quanto riguarda il giudizio estetico Kant dice che il BELLO non è una proprietà degli oggetti ma nasce dal rapporto tra l’oggetto e il soggetto e in particolare  dal rapporto tra l’immagine dell’oggetto commisurata al nostro sentimento di piacere = GIUDIZIO DI GUSTO in cui il bello è ciò che piace senza interessi, ciò che piace universalmente senza concetto, la bellezza è la forma della finalità di un oggetto in quanto questo vi è percepito senza la rappresentazione di uno scopo (il bello in quanto forma si “impone” in modo universale ma non in senso logico-teoretico ma in senso sentimentale-soggettivo àil fondamento del giudizio di gusto è il libero gioco e l’armonia delle nostre facoltà, l’armonia tra fantasia-rappresentazione-intelletto-sentimento àquesto giudizio PRECEDE IL PIACERE PER L’OGGETTO e pur non potendosi parlare di una universalità teoretica, questa è la forma del gusto, è la forma di un piacere senza oggetto. Analogamente avviene per il SUBLIME: anche il sublime “piace per se stesso” e presuppone un giudizio di riflessione ma mentre il bello riguarda la “forma” de-terminante, il sublime riguarda anche ciò che è informe e che in quanto tale implica la rappresentazione dell’illimitato (guardare l’orizzonte) àil sublime che commuove non è nelle cose ma nell’uomo e ci costringe ad “emozionarci” di fronte all’immensamente grande o potente (e sentirci piccoli) ed allo stesso tempo ci emoziona perché ci scopriamo in grado di produrre questa immensità grazie alle Idee della ragione che tendono alla massima estensione possibile (senza poter cogliere l’assoluto) àla definizione di sublime è “ciò che per il fatto di poterlo anche solo pensare, attesta una facoltà d’animo superiore a qualsiasi misura dei sensi”

GIUDIZIO TELEOLOGICO: come sia in sé la natura non possiamo saperlo perché possiamo conoscere solo i fenomeni. Tuttavia noi non possiamo fare a meno di considerarla come finalisticamente organizzata dato che in noi vi è una tendenza irrefrenabile a considerarla in questo modo àa differenza del giudizio estetico in cui si “apprezza” la bellezza senza scopo nel giudizio teleologico si considera la finalità della natura (a prescindere dall’uomo e sempre come giudizio riflettente). Tuttavia non essendo possibile una metafisica come scienza la finalità della natura non è qualcosa che si possa cogliere con intuizione intellettuale ma ha solo un valore euristico

 

 

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