il coraggio di affrontare la vita e...le fiabe


il coraggio di affrontare la vita e...le fiabe

 

            Vorrei evocare  antichi sopiti e ormai forse indefiniti ricordi, accostando il coraggio, che immediatamente ci trasporta nel mondo delle responsabilità reali, dei nostri impegni e delle nostre scelte, alla fiaba che sembrerebbe alludere al mondo fantastico che, sempre che lo abbiamo conosciuto, è stato relegato in un angolo del nostro intimo, appena chiusa l'età dell'infanzia. Visti così, coraggio e fiaba potrebbero apparirci antinomici, ma potremmo anche vederli connessi e addirittura complementari, ripensando al coraggio di eroi ed eroine che nelle fiabe combattono con armi diverse l'Orco, la strega, il Male, le proprie paure... E se li osserviamo da questo punto di vista, ci balena alla mente che forse oggi sono diminuiti gli esempi di coraggio individuale e collettivo, come  diminuita è la presenza della fiaba, del'immaginario, della forza di andare oltre il visibile e provare la nostra creatività.

            Oggi, in effetti, la realtà è commista a ciò che reale non è, il virtuale, ma tra realtà virtuale (già di per sé un ossimoro) e fiaba la lontananza è siderale: il virtuale, pur non essendo concreto, come reale viene percepito e definito esattamente nei minimi dettagli così come chi l'ha creato ce lo propina. Non lo possederemo mai, saremo spettatori più o meno coinvolti, crederemo veramente di essere sull'orlo del precipizio che "vediamo" sotto i nostri piedi pur stando al sicuro in una stanza a pianterreno, o sentiremo il calore dei raggi solari cocenti in un atollo, anche stando in ambiente chiuso a 13°, ma quando toglieremo quelle "app" che ci hanno consentito il viaggio, che cosa ci porteremo dietro e dentro? In qualche modo abbiamo forse potuto allertare la nostra immaginazione? o forse non abbiamo fatto altro che provare esattamente e solo ciò che ...era previsto?

            È questa la lontananza siderale dalla fiaba e noi adulti ci siamo immessi ormai da qualche tempo, seguendo la fiumana di tanti altri, in una strada che appare più gradevole, più facile, più accattivante per i piccoli e le nuove generazioni (ed anche più rilassante per noi, meno defatigante): quella lastricata di giochi interattivi elettronici, definiti giocattoli educativi, che si propongono come tablet sicuri ideati per i giovanissimi, dal design alla moda e resistente a prova di bimbo, per offrire ore e ore di ...divertimento.  Ma siamo proprio sicuri che ciò che concorre alla crescita delle giovani generazioni sia solo "questo" divertimento?  Come per ogni esperienza umana, proviamo a ristabilire, almeno come educatori, un qualche equilibrio tra divertimenti diversi: bene il tablet, bene allertare e allenare le abilità dei nativi digitali, ma anche alleniamo e nutriamo la loro predisposta capacità di immaginazione e fantasia, facciamo in modo che contattino la positività del coraggio e dello spendersi attivamente per un'impresa che sia frutto della loro creatività.

 “Io credo questo: le fiabe sono vere, sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna”.

            È così che italo Calvino definisce le fiabe di cui tanto si è occupato e delle quali ci ha donato una preziosissima raccolta sapientemente "restaurata", stillante vitalità nel profondo, autentico rispetto delle nostre tradizioni popolari.

Chi meglio di Calvino, che per un'intera vita con  precisione e metodicità scientifica ha osservato il mondo presentandolo a se stesso e a  noi come un  complesso e variegato intreccio tra realtà e immaginazione, tra Bene e Male che solo se commisti e intrecciati consentono di assaporare il valore dell'umano, avrebbe potuto esprimere e comunicarci il potere della fiaba, dell'immaginario che assurge a ruolo di "vero" interprete della realtà?

            E il suo vero obiettivo non era certo di estraniarsi nella fantasia, al contrario, era proprio modalità, ponderata e lucida, direi razionale,  per leggere la realtà, per  comprenderla e al contempo restarne affascinati: mossi da una consapevolezza per così dire esterna, Calvino ci comunica che possiamo riuscire ad appartenere alla realtà e allo stesso tempo fondare e conservare la nostra autonomia.

 

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

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