LA LETTERA CHE NON HO MAI SCRITTO

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"LA LETTERA CHE NON HO MAI SCRITTO.

IL CONFINE TRA APPARTENENZA E DIFFERENZIAZIONE"

 

“Venire al mondo è come essere gettati in un libro

in cui esistono già personaggi e storie,

è entrare in contatto con una realtà

le cui regole sono già parzialmente scritte.

La nostra presenza cambierà la trama, forse addirittura il finale,

ma non potremo mai prescindere dalle pagine

 che precedono la nostra entrata in scena,

e da quelle pagine saremo inevitabilmente influenzati

perché ne siamo i figli”

(Maurizio Andolfi, 2003).

 

INTRODUZIONE: IL PENSIERO SULLO SFONDO DEL WORKSHOP

Liquidità come instabilità, precarietà, fluire rapido degli eventi, dei cambiamenti sociali, culturali e tecnologici che corrispondono inevitabilmente alla capacità di adattamento creativo delle persone che ne fanno parte. Tutto avviene in modo veloce, come un susseguirsi momento per momento o meglio, secondo per secondo, che non ci lascia nemmeno il tempo di pensare, di riflettere, non abbiamo tempo per apprendere ciò che di nuovo c'é, e ci è richiesta capacità flessibili di adattamento costante e permanente, che non lascia spazio a chi resta indietro, a chi va lento, a chi ha bisogno di stabilità, di punti fermi, di relazioni stabili. In tutto ciò anche le famiglie di oggi variano con la stessa velocità, legami precari, relazioni di compromesso, matrimoni che nascono già "divorziati", famiglie allargate, famiglie ri-costituite o ri-costruite. Non potevamo così esimerci dal dare il dovuto e meritevole spazio alla famiglia di oggi. Il Residenziale ha permesso di trovare uno spazio in cui fermarsi, in cui riflettere, in cui prendersi cura di sé apprendendo dalle relazioni con gli altri una nuova visione delle cose.

La famiglia è il gruppo primario per eccellenza, quel nucleo che offreall’individuo la sua prima e più concreta esperienza dell’unità sociale e costituisceper l’individuo un riferimento relativamente permanente. Qui nasciamo e cresciamo, apprendendo stili e modelli relazionali di comportamento propri del sistema. In una famiglia la prima responsabilità della qualità dei contatti appartiene ai genitori.

La famiglia è un sistema complesso che si caratterizza per una stabilità dinamica volta, da un lato, alla conservazione dello stato attuale che vive, dall'altro, al perseguire un'evoluzione che consiste in un processo integrato di perdita di equilibrio e di riorganizzazione verso un nuovo ordine. Il processo evolutivo della famiglia implica, quindi, un progressivo sviluppo verso nuovi stadi di crescita e, contemporaneamente, un recupero all'indietro nel tempo finalizzato all'integrazione del "nuovo" con il "vecchio", il vissuto dell'esperienza passata con l'orizzonte futuro.

La psicologia della Gestalt cosi come la psicologia sistemico-relazionale ci insegnano che il cambiamento di un membro di un gruppo produce inevitabilmente un mutamento in tutto il sistema. La famiglia, così, rompe il vecchio equilibrio per adattarsi creativamente alla nuova trasformazione del singolo. II presente workshop, infatti, evidenzia come l'integrazione tra due correnti di pensiero, la gestalt e la psicologia sistemica-relazionale, possano convivere verso lo stesso obiettivo.

 

LA STRUTTURA DEL WORKSHOP

Il workshop è iniziato dal livello cognitivo verbale (esercizio n.1 - Presentazione) per proseguire con il livello immaginativo (esercizio n. 2 - Visualizzazione guidata). Dopo il secondo esercizio, i partecipanti sono stati invitati a scrivere il nodo problematico che hanno visualizzato, che ancora oggi li influenza negativamente, mettendo in figura il loro vissuto e le loro emozioni (esercizio n. 3 - la lettera). Abbiamo concluso la prima parte, con il livello esperienziale (esercizio n. 4 - la scultura familiare drammatizzata) in cui un volontario del gruppo ha letto la propria lettera ed infine, con l'aiuto del gruppo ha drammatizzato i personaggi presenti nel racconto.

Sia la gestalt che la psicologia sistemica relazionale, ci insegnano che il momento presente, il qui ed ora, sono di fondamentale importanza per gli "addetti ai lavori". Non bisogna mai perdere di vista il proprio sentire e, soprattutto lo sfondo. Così durante la seconda parte del workshop abbiamo principalmente lavorato sul livello corporeo ed emotivo che è emerso dal primo lavoro esperienziale. Abbiamo lavorato su ciò che lo sfondo ha portato in figura coinvolgendo tutti i partecipanti. (esercizio n. 1, 2, 3 e 4 - II° parte)

Abbiamo concluso con l'invito di scrivere, quando se lo sentivano e lo ritenevano più opportuno, la "risposta" alla prima lettera mettendo nero su bianco ciò che oggi sono, con lo scopo di far rispondere dall'adulto di oggi al bambino di ieri.

Al termine attraverso una canzone ("A Te" di Lorenzo Cherubini) ho invitato tutti ad ascoltare le parole ed a dedicarsela.

 

v  ESERCIZIO N.1 - "PRESENTAZIONE"   

Abbiamo cominciato i lavori con una breve presentazione delle due conduttrici e un invito verso i partecipanti di presentarsi uno ad uno mettendo il focus su quell'aspetto di sé che ritengono necessario far conoscere agli altri presenti, un comportamento che ha a che fare con me quando sono in relazione. Partendo da “come mi sento ora…” e “di solito nelle relazioni sono…”. L’ esercizio èservito per creare il clima del lavoro, basato sulla conoscenza e sulla fiducia, far conoscere un aspetto di sépoco conosciuto, permettere di abbassare le barriere comunicative, allontanare i pregiudizi e creare elementi comuni, interdipendenti che portano a sentirsi improvvisamente nella stessa barca (definizione Gruppo di Kurt Lewin).  

 

v  ESERCIZIO N. 2 - "VISUALIZZAZIONE GUIDATA"  

Dopo la creazione del clima, proseguiamo, attraverso la visualizzazione, con la creazione dello sfondo del campo relazionale. La teoria del campo, da un lato, pone l’attenzioneai processi percettivi e dall’altro intende il campo stesso come metodo psicologico di analisi dei fenomeni sociali, vistinella loro interdipendenza. La teoria prevede l'esistenza di uno spazio psicologico dove sono presenti dei comportamenti che sono funzione degli spazi di vita formati dalle persone, dagli ambienti e dalla loro relazione. La visualizzazione permette la creazione dello sfondo del campo sul quale poi emergeranno successivamente i bisogni, le necessitàindividuali e le richieste non espresse.  

 

ora trovate una posizione comoda  

appoggiando bene i piedi a terra…  

schiena appoggiata comodamente….  

e ci concentriamo sul respiro….  

L’aria che entra dal naso ed esce dalla bocca…  

  

sentite le spalle  

il collo…

la testa…  

tutto il vostro corpo ècomodo.. rilassato  

se avvertite qualche tensione cercate di scioglierà, portando l'attenzione e respirandoci...  

ora che siete nella vostra posizione comoda, chiudete gli occhi (chi non riesce a tenerli chiusi può guardare in basso)...  

l'aria entra dal naso ripercorre il corpo ed esce dalla bocca …  

mentre inspirate ed espirate ….   

immaginate di essere tornati indietro nel tempo, di 20, 30, 40 anni fa...  

siete alla vostra infanzia...  

vi vedete da bambini,  

come siete vestiti.  

come sono i vostri capelli…  

che scarpe e che vestito indossate  

siete a casa….  

osservate la vostra casa…  

riuscite perfino a sentire gli odori…

guardatevi intorno …

improvvisamente accade qualcosa…

una scena, un episodio che non potete dimenticare…  

osservate dove vi trovate.. chi c'è con voi…

cosa dite o cosa non dite …  

cosa viene detto... e da chi..  

….  

prendete contatto con le vostre emozioni  

cosa provate …  

cosa sentite ….   

come vi sentite…

ora facciamo tre respiri profondi … e piano piano lasciamo la nostra casa…  

lasciamo la vita da bimbi e torniamo nella sala...   

riprendiamo il contatto con il respiro, con laria che entra e laria che esce  

riprendiamo il contatto con il nostro corpo…  

lentamente cominciamo a muoverlo….

le dita delle mani, i piedi, le gambe…

quando vi sentite pronti potete aprire gli occhi  

  

Ci guardiamo un attimo intorno, guardiamo la stanza, i compagni, chi siede al nostro fianco …  

 

Nella visualizzazione guidata si dà molto valore al rispetto del tempo, deve esser lento con molte pause e lunghi silenzi. Ciò permette non solo di “seguire” il fluire delle immagini che i partecipanti stanno ripercorrendo nella loro mente dandogli il tempo di visualizzare, ma consente anche al conduttore di vederli e sentirli, di accompagnare nello scorrere degli eventi senza mai perdere di vista il contatto con la realtà.

 

v  ESERCIZIO N. 3 - "LA LETTERA"

Scrivere, dare forma, rendere reali le proprie emozioni ri-emerse, dar voce al bambino che in quel momento non si è espresso. Con l'attenzione alla scena ricordata e allo stato d'animo emerso abbiamo chiesto di scrivere una lettera, nella quale viene raccontata l'emozione contattata, per permettere di focalizzare il nodo, i non detti, le difficoltà o il problema familiare.

Mettere per iscritto il sentire lo rende presente, vivo attuale e tangibile. Con questo passaggio giungiamo alla fase della CONSAPEVOLEZZA secondo il ciclo dei Bisogni della teoria della Gestalt, passando per la SENSAZIONE per arrivare con l'esercizio successivo alla MOBILIZZAZIONE DELLE ENERGIE.  La narrazione è, pertanto, uno strumento “transpersonale”: riguarda l’individuo ma lo oltrepassa. In quanto strumento linguistico, la narrazione permette di condividere con gli altri il senso a cui si è pervenuti. Esso è “una strategia conoscitiva che consiste nella costruzione di storie come modelli interpretativi della realtà” (Demetrio, op. cit., p.33). Dal punto di vista psicologico la narrazione può essere considerata come “uno strumento linguistico flessibile per interpretare e parlare della realtà – Sé e il mondo”. Possiamo diventare consapevoli, gradualmente o improvvisamente, di alcuni eventi che ci colpiscono sensorialmente o percettivamente. La consapevolezza è una forma del fare esperienza, ed è una costruzione di significato. In questo stato di risveglio emozionale l'oggetto figura o i bisogni si fanno piùchiari e distinti, generando le immagini e l’energia delle possibilitàper il loro soddisfacimento.

 

ESERCIZIO N. 4 - "LA SCULTURA FAMILIARE DRAMMATIZZATA"

I° PARTE - IN FIGURA

La scultura familiare è una tecnica, della psicologia sistemica-relazionale, utilizzata per rappresentare delle emozioni, degli stati d’animo; per vedere, con gli occhi del paziente, come questo vede l’altro o gli altri membri del sistema. In questo caso lo sculture, che si è offerto, ha utilizzato insieme agli altri protagonisti il livello corporeo ed il livello cognitivo-verbale, dando "vita e voce" alle sculture.

Abbiamo così integrato tecniche della psicologia sistemica-relazionale (la scultura familiare) con le tecniche della metodologia Gestaltica (livello corporeo e cognitivo-verbale) drammatizzando la scena descritta nella lettera.

Viene chiesto chi vuole leggere la lettera...

Una volta letta chiediamo se la persona vuole lavorare ...

Guardandosi intorno deve scegliere i protagonisti della lettera (la madre ed il padre) ricordando che le persone prescelte possono anche rifiutarsi di lavorare ...

una volta scelta la madre ed il padre si chiede di sistemarli: sistemazione fisica e spaziale.

La sistemazione dei corpi deve essere precisa, vanno sistemate le posture, vanno date indicazioni anche in riferimento allo sguardo ed alle vicinanze/distanze che questi devono assumere.

L’ultima persona a sistemarsi nella scultura è lo scultore stesso che ha rappresentato il tutto. Tale posizione viene mantenuta per un minuto per far rendere conto a tutti i componenti come ci si trova in tale posizione, che cosa stanno provando, come sono i loro corpi in quella posizione, com'è il loro respiro, se la distanza è giusta o meno...

Si chiede alla protagonista, che chiamerò Carla (nome inventato) come vede gli altri membri, che cosa vorrebbe dire ad entrambi... così comincia ad esprimere il suo sentire ...

Carla parla ed in seguito i genitori rispondono, prima la madre e poi il padre...

Dopo i primi 10 minuti chiediamo alle persone presenti nello sfondo, se si sentono più o meno vicini ad uno dei personaggi, se hanno delle risonanze particolari con qualcuno di loro e di mettersi dietro alla persona che più li rappresenta ...assumendo la stessa posizione ...

Ci fermiamo un attimo per riconcentrarci sul corpo, sul sentire delle "nuove" persone e su quello dei protagonisti ...

Diamo la parola alle "altre" 6 figlie, poi alle altre 3 mogli ed infine agli altri 6 papà...

Dopo una serie di confronti e scontri, visioni diverse dello stesso problema, esplorazione dei diversi punti di vista ...

Chiediamo ai padri se ora hanno voglia o piacere di fare qualcosa per le figlie...

a turno, senza accordarsi, ogni padre sceglie una figlia (7 su 7) ... chi un gesto d'affetto (carezza  e abbracci), chi un'azione (ballare un lento), chi regala un dono simbolico e chi "semplicemente" la propria presenza ...

Feedback di tutti i partecipanti in figura ...

Le persone dietro i protagonisti della scena, hanno svolto la funzione di amplificare, confermare o disconfermare un pensiero ed il sentire del protagonista. Contemporaneamente, però, i punti di vista della stessa storia sono stati molteplici, hanno dato una diversa chiave di lettura sia verso il personaggio drammatizzato che verso gli altri.

Il livello corporeo ha attivato subito il livello emotivo, facendo emerge la rabbia delle figlie e la tristezza dei padri nel sentirsi inadeguati, tanto che ad un certo punto le madri si sono sedute con la “giustificazione” di avvertire tensioni alla schiena (il peso della responsabilità). Visto che "nulla succede per caso", verbalizziamo la scena ai padri/mariti che avvertono una rigidità nei loro corpi, ma hanno però il campo libero per potersi esprimere con le figlie senza che qualcuno ricopra il ruolo di intermediario (madri/mogli).

Ciò che emerge è che i genitori che abbiamo sono comunque gli unici e ci mostrano il loro amore come possono e come hanno imparato a fare.

 

II° PARTE - LO SFONDO

Osservando lo sfondo e considerando il carico emotivo che la drammatizzazione ha generato, a seguito della pausa, riprendiamo i lavori e l'attenzione non può che spostarsi sulle persone che non hanno, esplicitamente-direttamente, lavorato. Sappiamo bene che il lavoro in figura coinvolge tutto il gruppo che osserva, le risonanze, le personificazioni sono inevitabili.

 

ESERCIZIO N. 1 - II° PARTE

Giovanna (nome inventato) si sente appesantita, capisce il carico che è sulla madre, vuole sentirsi leggera, vorrebbe essere vista ma ci dice che odia il con-tatto, il coccolare e l'essere coccolata.

Le chiediamo se vuole sperimentare la possibilità di sentirsi leggera senza essere toccata o contatta fisicamente in alcun modo.

Prendiamo un lenzuolo grande e chiediamo a Giovanna di mettersi in posizione fetale al centro di questo ...

tutti i partecipanti prendono i lembi, lo alzano e cominciano a dondolarla ...

Le dico di vivere a pieno questo momento, che ci siamo noi a dondolarla....

Le chiedo di sentire il suo essere leggera ed il suo essere coccolata dal gruppo ...

Dopo un pò adagiamo delicatamente il lenzuolo a terra sopra una serie di cuscini...

Giovanna ha bisogno di tempo per sé, per accogliere l'esperienza in quel suo pianto liberatorio ...

Chiedo a chi vuole di mostrare il proprio esserci a Giovanna, ribadendo che non vuole essere con-tattata, che l'incontro con l'altro è sacro, va rispettato e mai violato...

piano piano il "nuovo" sfondo si avvicina, chi si sdraia accanto, chi si mette in ginocchio, chi la copre con una coperta, e Giovanna ancora rannicchiata comincia a sentire il calore ...

Ci sono 8 persone intorno a lei e nessuna la contatta ...

una ragazza allunga un dito vicino alla sua mano e Giovanna si concede "il lusso" di unirlo con il suo indice

Una persona dopo un pò si allontana e Giovanna dice di non sentire più la presenza di qualcuno (che neanche vedeva), una partecipante si era effettivamente alzata e si rimette nella posizione di prima ...

Dice di star bene di sentire il corpo più leggero ma ha fastidio in una mano che non riesce ad aprire ...

viene accarezzata in quella mano da due persone che cercano di sciogliere quella rigidità con il loro calore

 

Lasciamo a Giovanna tutto il tempo per godere appieno l'esperienza del contatto, la relazione di vicinanza con le altre persone e cominciamo lentamente a fare un giro sul sentire corporeo delle persone nel suo campo relazionale...

Una ragazza esprime il piacere di avere la mano di Giovanna sulla sua ...

e Giovanna, che ormai è sdraiata da circa 20 minuti, con sforzo la apre e la appoggia sopra la sua ...

Lasciamo Giovanna e gli altri partecipanti in questa posizione, continuando a fare il giro dei feedback con le persone che erano rimaste nello sfondo.

ESERCIZIO N. 2 - II° PARTE

Contemporanea nello sfondo Arianna continua a piangere seduta in un angolo, tutta rannicchiata, è stata il papà della drammatizzazione. Dice di non riuscire a lasciarsi andare, dice di aver sbagliato tutto nella vita, di essere un’incapace.

Così mi siedo accanto a lei e le chiedo se posso mettere un braccio introno alla sua spalla ed il permesso ora di poterla abbracciare, mentre Vania si avvicina e le si siede accanto nell'altro lato ...

Mentre l'abbraccio l'avvicino a me, facendola appoggiare, il pianto è ininterrotto e continuo ad abbracciarla dandole il tempo di sfogarsi e di sentire la nostra presenza ...

Poi con calma le chiedo dove vorrebbe essere in questo momento ... a casa mi risponde Arianna....

cosa fai per rilassarti quando sei a casa? Metto i piedi sul tavolo ...

Qui abbiamo una sedia ed un tavolo ... se ti va puoi mettere i piedi sopra il tavolo ... e così fa calmandosi ...

 

ESERCIZIO N. 3 - II° PARTE

Ora è il momento di Maria che piange dall'inizio, ci racconta della morte del fratello avvenuta tanti anni fa e di come quel peso sullo stomaco fosse un macigno insostenibile per lei ...

Le chiedo se ha fastidio nell'essere contattata e se posso chiedere a due compagne di poterla massaggiare…

Maria si sdraia nel divano e due ragazze le massaggiano il torace cercando di sciogliere quel nodo...

Maria piange e comincio a respirare insieme a lei ... inspirando dal naso ed espirando dalla bocca, di contattare il suo respiro e sintonizzarsi con quel macigno che si sgretola lentamente sotto il caldo calore delle compagne del suo gruppo ...

Lentamente Maria si tranquillizza e si risiede dicendo che il peso che provava ora è più piccolo...

Condividere il dolore con altre persone rende il peso più sopportabile, è come averne dato "metaforicamente" una parte agli altri partecipanti.

 

ESERCIZIO N. 4- II° PARTE

Rita piange per la perdita della madre ed osservando la scena di Giovanna, ancora in essere, si pente per non aver compreso che la mamma avrebbe voluto dei gesti affettuosi da parte sua, ma forse non era in grado di chiederlo.

Che cosa vorresti fare in questo momento? Vorrei sdraiarmi accanto a Giovanna.

Rita si sdraia e mentre una compagna la abbraccia da dietro in un pianto a dirotto, Giovanna, che odiava il contatto, la accarezza dolcemente sulla testa.

Molto lentamente dico che quello che abbiamo visto è che spesso per entrare in relazione con qualcuno, così come per ricevere delle coccole, non c'è bisogno del contatto, a volte la semplice presenza fisica basta per far sentire all'altro che ci siamo, che gli siamo vicini, rispettando i suoi tempi ed il suo modo di essere e di vivere le relazioni.

Il cerchio gestaltico dei bisogni, metaforicamente, si chiude: dal ritiro al contatto. Tutti sono pronti per differenziarsi e “ritornare a casa” dove avranno tempo e modo di metabolizzare ed integrare le esperienze apprese ed effettuare l’ultima fase del ciclo: il ritiro.

L’idea del ciclo non concluso è una idea centrale della Gestalt per spiegare il modo in cui l’energia risulti bloccata o interrotta. Quando le persone non si muovono con facilità e spontaneità lungo il ciclo della consapevolezza per soddisfare i propri bisogni l’evento non è concluso: qualche bisogno dell’infanzia della nostra storia da bambini, è rimasto insoddisfatto e la persona non ha completato il ciclo del bisogno. In modo funzionale sia psicologicamente che biologicamente.  

Per questo motivo un'attenta osservazione oltre che della figura anche dello sfondo di quanto emerso per una chiusura delle Gestalt consente una “stabilizzazione”del livello emotivo e permette di affrontare il ritiro che avverrà nei giorni a seguire al termine del residenziale!

 

Invitiamo tutti i membri del gruppo a scrivere quando avrebbero avuto modo, tempo e voglia, una lettera in cui comunicare ai protagonisti di quella iniziale, chi sono qui ed oggi.

L'adulto di oggi risponde al bambino di ieri, con maggiore consapevolezza, con la possibilità di potersi e poter perdonare.

Infine per chiudere il workshop, e completare la differenziazione, chiedo a tutti di dedicarsi la canzone che staranno per ascoltare "A Te" di Lorenzo Cherubini.

 

CONCLUSIONI

Il Contatto non è un comportamento (anche se naturalmente può esserlo) ma un vissuto corporeo e relazionale e mai come in questo workshop ne abbiamo avuto la prova. Le vicende del contatto, riuscito o interrotto, sono connesse con il corpo. Un contatto genuino, infatti, nasce come spinta del corpo, ed è portato avanti se il corpo continua ad aprirsi ad un respiro più pieno, accade nel consegnarsi e viene assimilato come esperienza che placa e distende.

Abbiamo sperimentato, nella prima parte, l'appartenenza familiare e la sua differenziazione, mentre, nella seconda parte, l'appartenenza al gruppo e la differenziazione da questo.

Il concetto di differenziazione in psicologia sistemica-relazionale, ha a che fare con la misura in cui una persona diviene emotivamente differenziata dal genitore. Tale processo determina lo stile di vita della persona e le sue relazioni. Lo sforzo di differenziazione è quello che avviene nel sé in relazione a ciascun altro sé. È proprio qui che in Gestalt entra in gioco il campo relazionale dove si trova il NOI, il luogo in cui sperimentiamo l'appartenenza, ad un gruppo o all'altro, ed è sempre qui che comprendiamo che l'altro è diverso da me.

Il workshop ha portato i partecipanti a sperimentare proprio questa danza tra la due polarità: appartenenza e differenziazione, fornendo visioni e punti di vista, grazie al loro essersi messi in gioco ma soprattutto all'essersi fidati ed affidati al gruppo.

L'esperienza appresa verrà portata al di fuori del residenziale andando ad aggiungere, in modo più o meno consapevole, un pezzo del puzzle alla creazione della propria identità.

Questa esperienza ci ha profondamente toccato ed emozionato, abbiamo vissuto e condiviso gli stati d'animo dei partecipanti, che ci hanno commosso ed entusiasmato. Le soddisfazioni che ci riportiamo a casa nutrono la nostra passione e ci fanno capire che chi opera nel mondo della relazione d'aiuto non svolge un lavoro ma ha un privilegio.

 

A cura di Fabiana Solustri e Vania Tsaneva

 

 

Su "Come acqua che scorre. Adattamento creativo ed esperienze di confine nella società liquida". Disponibile ebook

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