Liquidità, complessità, progettualità: contributi pedagogici (Chapter 1)

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La società odierna è una società del cambiamento continuo, è una società «Liquida» (Bauman). Viviamo nell’epoca dell’incertezza cronica ed anche noi siamo diventati incerti, flessibili e soprattutto Liquidi; il termine ed il costrutto di liquidità fanno pensare alla precarietà, all’incertezza, alla turbolenza, all’instabilità, alla volatilità, alla transitorietà, alla rapidità del cambiamento. La liquidità è divenuta un’esperienza pervasiva che caratterizza il senso della nostra identità, la nostra vita quotidiana, il mondo del lavoro, le nostre famiglie, le nostre relazioni affettive.

Nello specifico «liquidità» indica il fatto che le situazioni in cui viviamo si modificano così velocemente che non abbiamo tempo di consolidare abitudini, procedure, stili, strategie, apprendimenti e comportamenti che, utili oggi, possono essere utili ed efficaci anche domani. Pensate al primo smartphone! Tutti quanti abbiamo vissuto la “difficoltà della transizione”, il problema del cambiamento: eravamo abituati ai vecchi modelli di telefonia fissa e siamo stati chiamati a dis-abituarci ed a ri-adattarci ad un nuovo modo di comunicare e di utilizzare uno strumento diverso. Il fatto è che proprio nel momento in cui stiamo consolidando la nostra competenza nell’uso dello smartphone (proprio nel momento in cui acquistiamo sicurezza, dimestichezza ed iniziamo a muoverci con disinvoltura sui tasti, sulle APP, sulle fotocamere ecc.), assistiamo all’innovazione ed ecco che è già pronto il nuovo modello che ci costringe a modificare il nostro comportamento, che ci impone un nuovo sforzo di attenzione, una nuova modifica delle abitudini consolidate ed ancora una volta ci obbliga a dis-abituarci per poter riapprendere le nuove funzioni! Ora: pensate che questo processo di innovazione che comporta una “modifica di me in relazione allo strumento” è diventato permanente ed è diventato sempre più rapido! La cosa ci spaventa: tutti i giorni corriamo dietro a qualcosa che cambia allo stesso modo in cui corriamo dietro agli aggiornamenti continui di facebook! Abbiamo giusto il tempo di lamentarci della novità (che grossomodo corrisponde al tempo del download degli stessi aggiornamenti) e subito si riparte. Viviamo come cavalli spinti in avanti da una inafferrabile carota: corriamo, corriamo, corriamo e, purtroppo, non abbiamo una direzione, non abbiamo una meta, non abbiamo un senso! La stessa corsa si è fatta leggera, liquida, fine a stessa e congelata nella frenesia dello “stare al passo” e niente più. Viviamo col fiato sul collo, sopraffatti dall’agitazione, dall’ansia, dall’iperstimolazione e condannati ad un iperattivismo che ci proietta all’esterno ed all’esteriore facendoci perdere la bussola interna, facendoci smarrire in ogni luogo del vivere. Il cambiamento, con la de-stabilizzazione che comporta, è diventato “normale” e, lungi dall’essere confinato nel mondo degli smartphone, si insinua dappertutto:

  • Il lavoro è precario, non esistono più posti fissi o carriere prevedibili
  • i giovani sono disorientati e faticano a trovare consapevolezza, valori, missioni esistenziali, interessi, impegni stabili, competenze da spendere
  • le relazioni sono «usa e getta»(il partner viene cambiato come uno smartphone!)
  • le famiglie? I confini sono sfumati, le relazioni conflittuali, aumentano le famiglie monoparentali, aumentano i divorzi, proliferano gli amanti
  • Ie persone faticano a trovare se stesse, a trovare coerenza tra passato-presente-futuro, ad impegnarsi in progetti, ad investire su qualcosa di «solido»

La de-stabilizzazione è diventata «normale» e questo significa che abbiamo bisogno di metodi, strategie, competenze che ci consentono di camminare sulle sabbie mobili! La de-stabilizzazione è diventata «normale» e questo significa che al giorno d’oggi è diventata fondamentale la capacità di dis-abituarsi e ri-abituarsi (Bateson) in un mondo che ci chiede di essere “educati alla complessità” (Morin)

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