Ritrovare il tempo


Ritrovare il tempo

Paul Cézanne, 1890

Per ritrovarlo, è certo, due condizioni sono essenziali: l’averlo già una volta trovato e avere desiderio ancora di cercarlo e, sappiamo bene, che sono condizioni assai scomode.

Eppure, è evidente che lo inseguiamo il tempo, per abitudine, per una comune volontà di appagamento che prevede, con severa priorità, la corsa. Inseguire il tempo è prerogativa che neppure osiamo mettere in discussione; piuttosto, invece mettiamo in discussione la nostra efficacia, accusiamo la nostra lentezza ad acquisire abilità multitasking, obiettivo dichiarato/imposto per ognuno che voglia sentirsi di questo mondo. Più di qualcosa ci sta sfuggendo, ma il tempo scorre, fugge davanti a noi e non è proprio possibile –in troppi ne abbiamo ferma convinzione– soffermarci ad analizzare, a capire, ad approfondire andando un po’ al di sotto della luminescente attraente vernice che ricopre di appetibilità ogni meta.

 

È così che ri.trovare il tempo  resta confinato alla dimensione letteraria e filosofica, estranea alla concretezza, echeggiando le temps retrouvé di Marcel Proust, ottavo e ultimo romanzo de La recherche du temps perdu. Ci è facile osservarlo come fenomeno interiore altrui, visione di un’interiorità particolare quale fu quella di Proust e ci piace ricordare, di quella sua ricerca, alcuni riferimenti (tra i pochi che ne abbiamo letto, perché la lettura dei sette romanzi + uno non l’abbiamo davvero tollerata ed è riuscita a pochi eletti) che sono patrimonio di tanti, come l’episodio della petite madeleine nel primo romanzo De coté de chez Swann. Quella pagina ci entusiasma ancora perché, è vero, anche noi abbiamo provato come un sapore può riportare la nostra mente a vagare altrove e ripescare dal passato, prima indistinto e poi via via più chiaro e presente, un’esperienza che, pur silente, è restata indelebile.

Ma, non è così semplice. Il tempo ritrovato non è elemento solo letterario-filosofico neppure in Proust. Scrive l’editore nella presentazione de Le temps retrouvé: l'autore comprende che deve scrivere l'opera che il lettore è pronto a concludere un invito a divenire ognuno autore della propria vita. [1]

A ciascuno di noi è accaduto di constatare che confondiamo il tempo con la percezione che ne abbiamo, ogni volta legata alla nostra emozionalità; avvertiamo che ci sta sfuggendo, quando vorremmo ritardarlo, o lo troviamo inesorabilmente statico quasi immoto, se vogliamo appagare subito un nostro bisogno/desiderio. È questa percezione a renderlo il nostro primario antagonista e, solo raramente, nostro favorevole collaboratore. Il tempo è realtà complessa (pure lui!!!), non è solo dimensione esterna a noi, e se ci comportiamo  come se così fosse, molteplici sono le ragioni, ma certamente tra queste spicca un “difettoso” dialogo con noi stessi.

A proposito de Le tempos retrouvé, Bernard Brun, intervistato da Julie Wolkenstein [2] afferma: La prima lezione di Proust è che un'esperienza personale, anche infinitesimale, può avere senso, che noi siamo costituiti da questi niente e accade per tutti: le relazioni misteriose che uniscono le grandi persone e la letteratura può unire di questi niente, quelli che hanno sola e magnifica vocazione di restituirceli, di distinguerli.

E aggiunge:

La révélation que raconte et theorise Proust dans ce dernier volume a agi sur moi comme une libération. J'aurais pu me sentir intimidée: au contraire, c'était comme une permission qui m'était accordée. Pessoa: "La littérature est la preuve que la vie ne suffit pas ". Robert Filiou: "L'art est ce qui rend la vie plus intéressante que l'art".

Dunque, ben più che letteratura e altro dalla concretezza, bensì strumento che amplifica il significato della vita e della realtà.

Ritrovare il tempo, è dimensione perennemente in fieri, non è conclusione, non è soluzione, è cascata di soluzioni, riproduzioni di situazioni simili, uguali o analoghe, suggerisce che la recita non si arresta, non c'è alcuna ragione di arrestarla, proprio perché la dimensione temporale è discontinua e problematica. Il tempo è la dimensione soggettiva della memoria, del ricordo involontario, è la condizione indispensabile perché si riveli almeno qualche parte di verità, è il rapporto del soggetto, di ognuno di noi, con il reale. È la condizione che ha in sé il seme dello sviluppo all'infinito, altalenante e incerto tra un equilibrio trovato e il successivo.

Che il tempo ci sfugga e ci costringa ad inseguirlo è frutto di una condizione che ripetutamente proviamo: pur compiendo ogni azione con ansiosa fretta, non riusciamo a realizzare che una piccola parte degli obiettivi che ci poniamo. Chiediamoci se è semplice questione di velocità, per cui dovremmo correre di più, o è il nostro inseguimento indiscriminato, fitto di mete e obiettivi che non abbiamo selezionato, che non abbiamo scelto, pretesa irrealistica, non commisurata alle nostre reali esigenze, né alla realtà. Forte prende campo in noi il sospetto che non abbiamo considerato affatto rilevante ascoltarci per comprendere quali sono i nostri reali bisogni, le nostre necessità e la giustificazione che non ne abbiamo avuto il tempo, d’improvviso non ci appaga, non ci scusa con noi stessi. È il rispetto di sé che si dilata e si fa rispetto del tempo, del nostro tempo e quando il tempo in qualche modo ci attraversa, come addomesticato, asseconda il ritmo della nostra vita.

Come il dialogo con noi stessi, cresce e si fa autentico se continuamente ne abbiamo cura, così il tempo si farà progressivamente dimensione capace di accogliere ciò che da quella cura è emerso: il campo di senso di ogni nostra decisione che compone e ri-compone il senso della nostra vita.

           Chi, trafelato e scoraggiato, inquieto e deluso da sé ci chiede aiuto, forse da noi counselor, ha necessità –inconsapevole?–, prima ancora che di lavorare sulle soluzioni, di concepire interesse per questa risorsa che dà avvio ad un rinnovato dialogo con se stessi, in una diversa prospettiva.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi


[1] Marcel Proust, Le temps retrouvé, Présentation par Bernard Brun, PGF (Groupe Flammarion) Flammarion, 1986, Édition corrigée et mise à jour en 2011

[2] Ibidem

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