inversamente proporzionali?


 

inversamente proporzionali?         

 

            Credo proprio che lo siano: meno cose rilevanti abbiamo da dire e più parliamo; non trovando punti di riferimento che meritino una riflessione e una sospensione di giudizio, accade che non resta altro che esplorare al volo ciò che ci circonda, ciò che accade, passando dalle ovvietà al pettegolezzo, ai desiderata, ai bisogni, al lamento tutto in un  bel calderone confuso e ricco, da tenere sempre pronto da rovesciare su qualche altro malcapitato.

 

Anche se ne conosciamo splendide eccezioni, come quando, ascoltando una persona che con spontaneità, garbo e competenza ci affascina, vorremmo non si interrompesse mai, più spesso siamo come catturati da persone che hanno un gran gusto di parlare e ci scelgono come il loro privilegiato ascoltatore,  cioè colui che ascolta, annuisce senza batter ciglio e senza distrarsi. Chi, al contrario, si concede interruzioni, e mentre ci lascia in apnea, comunica con altri, definisce situazioni urgenti, risponde alle chiamate telefoniche di altri amici, solo raramente in vero perdendo il filo del discorso con noi (che efficienza!!!) è proprio la persona che ci sta tenendo praticamente in ostaggio. Senza dubbio anche queste situazioni oggi molto frequenti sono un segno del nostro tempo rarefatto, vissuto di corsa spesso senza una consapevole motivazione.

            E così, mentre restiamo ammirati dal disnvolto agire multitasking, della persona ciarliera ci chiediamo mestamente che cosa potremmo noi fare per provare a divincolarci, per tornare alle nostre occupazioni e alle nostre scelte quotidiane, perché anche noi le abbiamo anche se non così pronte e assolutizzanti. In realtà abbiamo poco margine di azione e in definitiva corriamo il concreto rischio di essere fraintesi, di mostrarci non più disponibili come sembrava che fossimo, per il semplice fatto che il nostro punto di osservazione è mmmmooolto diverso da quello che con sicurezza  nutre la persona che abbiamo di fronte, che, senza averci chiesto se eravamo disponibili ad ascoltarla, ha iniziato il suo exploit e neppure la sfiora l'idea che possa essere inopportuna.

Sarebbe del tutto imprudente ad esempio dichiarare di aver fretta promettendo che ci si risentirà al più presto, perché subiremmo un vero e proprio interrogatorio indagatore sul reconditi motivi per questa nostra "strana" indisponibilità con le persone amiche, con domande sulla nostra vita, su cosa ci turba ecc, ecc. Meglio dunque affidarsi alla ...speranza che arrivi qualcun altro a distrarre la persona, così che potremo elegantemente scioglierci dall'inghippo e riguadagnare il nostro tempo.

            Che le persone ciarliere fino a diventare opprimenti  siano per definizione poi le donne e solo le donne, è tutto da dimostrare ed anzi colgo l'occasione per sottolineare ciò che per puro caso mi è capitato di leggere in http://www.donnad.it/bellezza-in-armonia/benessere/psicologia/il-vizio-di-parlare-troppo:

La 'parola' è un elemento tipico del mondo femminile che accompagna la donna in tutte le fasce di età.

Un elemento tipico del mondo femminile!?! Ma di che cosa si sta parlando? Se provate curiosità, continuate nel sito a leggere e troverete anche esempi che testimoniano quanto chiacchierare sia elemento femminile...

E io che ancora sono rimasta alla convinzione che la parola di cui siamo dotati noi esseri umani è ciò che può con proprietà distinguerci dagli altri animali.

            In un simile confuso modo di affrontare la questione, forse era prevedibile anche attenderci due righe, forse tre,  su diagnosi e persino soluzione per tutte le donne che stra-parlano. Cito sempre dallo stesso sito:

Se ti accorgi di parlare a raffica senza interruzione e senza dare ascolto alla persona che ti sta di fronte probabilmente stai già vivendo una situazione di disagio. Generalmente coloro che parlano 'senza sosta' sono persone ansiose che cercano di riempire il senso di paura che le attanaglia, coprendo ogni pausa o silenzio con la parola. Vivi il silenzio come una crescita, come una conquista e non come un insuccesso, in questo modo potrai dialogare in modo sereno senza che l'ansia prevalga.

            Se le parole avessero la facoltà di concretizzarsi saremmo in un mondo fatato, ma siamo ben consapevoli che così non è e che dunque non è sufficiente dare le indicazioni precise di soluzione perché la persona le adotti e le senta come proprie. Come counselor abbiamo esperienza di quanto sia delicato e spesso irto di ostacoli il percorso che permette la persona in aiuto a giungere alla soluzione, ad auto-aiutarsi; occorre tutta la nostra abilità maieutica e di ascolto profondo della persona perché questo avvenga.

            Un'altra osservazione poi mi sento di fare a proposito del fatto che coloro che parlano senza sosta vivano una situazione di disagio e che siano persone  ansiose che cercano di riempire il senso di paura. E se, accanto a questa evenienza, ce ne fossero altre? Se il parlare e fare in maniera compulsiva fosse semplicemente il segno di volersi sentire all'altezza dei tempi? Se fosse, certo frutto di un terribile fraintendimento inconsapevole, il prezzo che si paga per sentirsi realizzati in questo mondo dell'efficienza a tutti i costi? Credo che di queste ipotesi, di questo rinunciare, più diffuso di quanto non si creda, al proprio essere e sentire per omologarci alla corrente dominante, dovremmo occuparci come adulti, come educatori e certamente come counselor.

            Verrebbe da chiedersi: ma non sarebbe più salutare parlare da soli? Deliziosa l''immagine del "salutare-salvifico" rapporto tra Tom Hanks naufrago e il fantoccio appena creato Wilson, in Cast Away, 2000. Ne guadagnerebbe il nostro dialogo interiore e la conoscenza che abbiamo di noi che non può mai essere definitiva e determinata, visto che cambiamo tutti noi in simbiosi con il cambiamento dei contesti in cui operiamo.

 

Cordialissimamente,

Giancarla  Mandozzi

 

 

 

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