quando l'adolescente chiede di essere aiutato 4: modalità di intervento e strategie


quando l'adolescente chiede di essere aiutato 4:

modalità di intervento e strategie

 

            Il counseling è finalizzato certamente al sostegno del processo di apprendimento di ogni persona richiedente aiuto e quando il richiedente aiuto è un adolescente questa peculiarità assume un ruolo così decisivo e primario che il counseling è propriamente definito counseling educativo intendendo proprio quell' e-ducere ad , essenziale per amplificare i punti di forza di ciascuno e risolvere i punti di debolezza.  Il counseling rivolto a soggetti in età evolutiva è cioè affiancamento e sostegno per gestire la relazione con il contesto, con i coetanei (quanto e come conta il gruppo per ogni adolescente!) e con gli adulti, per risolvere problemi di apprendimento, per un efficace sostegno all'orientamento ed eventuale ri-orientamento scolastico e professionale, per comprendere e cominciare a gestire le diverse forme di disagio più o meno consapevoli che l'età dell'adolescenza comporta, spesso acuite nella rete di sistemi in cui l'adolescente vive, quello familiare, quello scolastico, quello culturale, economico, sociale fortemente condizionanti per soggetti ancora alla ricerca di una propria identità.

 

Il counseling rivolto all'adolescente è l’insieme di molteplici interventi che qualificano e consentono la “relazione di aiuto”, un rapporto interpersonale finalizzato a comprendere e gestire il disagio presente, a sostenere la stima di sé e le capacità di superare ostacoli di vario genere, tensioni, disarmonie che in un adolescente raramente sono consapevoli e quasi sempre, per questo, produttrici di ansie, malumori, demotivazione e pensieri negativi.

            Esula, da questo nostro specifico ambito, l’ulteriore e più ampia interpretazione applicativa del concetto di “counseling educativo”, rivolto agli educatori in senso lato, insegnanti, genitori, animatori, allenatori…, che hanno bisogno di un aiuto o di una guida sia a livello personale sia professionale; è un'estensione del concetto di “counseling educativo” che si configura come vero e proprio counseling di formazione  . Alcune mie recenti esperienze di coordinatore scientifico e docente in Laboratori teorico esperienziali rivolti a genitori e docenti  mi confortano a credere che il counseling di formazione sia una formula da implementare e rendere strutturale nella formazione degli adulti, troppo spesso inconsapevoli delle funzioni del proprio ruolo educativo, sociale, lavorativo, ecc... Avremo modo di approfondirne qualche aspetto, nel prossimo futuro.

            Torniamo dunque al counseling educativo per l'adolescente e alle strategie più appropriate ed efficaci. Per costruire la relazione con un adolescente, occorre tenere conto di alcuni elementi essenziali che differenziano il mondo degli adolescenti da quello degli adulti e sono, in estrema sintesi, la concezione di TEMPO (e di tempo libero o presunto tale),  di LIBERTÀ,  di MODELLO di vita e di SFIDA con se stessi e/o con gli altri. Queste diversità, che troppo frequentemente allertano il giudizio (negativo) dell'adulto e alimentano l'inevitabile feedback di ostinata chiusura dell'adolescente, sono da subito tangibili e chiare (dal paraverbale e non verbale) al primo incontro, ma il counselor, qualunque sia la sua formazione, abituato in primis a sospendere il giudizio,  agirà efficacemente il proprio ruolo di adulto accogliendo l'adolescente incondizionatamente; così si conquisterà la sua fiducia e lo indurrà ad abbassare le barriere difensive.     

            Quando l'interlocutore è un adolescente inoltre diventa imprenscindibile strumento, cardine del colloquio, riferimento per ogni domanda che il counselor porrà all'adolescente e di ogni esercizio con cui vorrà aiutarlo verso l'autentica autonomia, quella competenza di base sulla complessità della comunicazione che è propria di ogni counselor, indipendentemente dalla specializzazione conseguita e dal tipo di formazione. Mi riferisco, in particolare, alla consapevolezza  delle difficoltà causate dal “linguaggio del rifiuto” (abituale per molti adulti, anche educatori), classificato in dodici categorie o "barriere"  della comunicazione, di quanto sia indispensabile saper gestire e usare il messaggio "io", la conferma positiva, il No positivo e del fatto, ampiamente dimostrato, di come solo orientando la risoluzione dei conflitti con il metodo del problem solving, tutti, e non solo questi, suggerimenti/analisi della comunicazione in Thomas Gordon, 1991.

Di fronte ad un adolescente è essenziale l'approccio pro-attivo, come il far sì che ogni colloquio sia un processo ogni volta compiuto con tanto di obiettivi (e compiti) ancorché minimi e graduali su cui l'adolescente verrà ad  esprimere il proprio punto di vista nel colloquio successivo.

            Tra le competenze di base che consentono efficacia al lavoro del counselor, appena accennati nei precedenti articoli (in particolare quando l'adolescente chiede di essere aiutato 2: i pre-requisiti del counselor) è l'approfondimento delle cause e delle peculiarità del fenomeno dell’adolescenza allungata (Scabini & Iafrate, 2003) e il riconoscere   " innumerevoli adolescenze”.

            Il fenomeno dell’ADOLESCENZA ALLUNGATA,  accompagnato da una nuova visione della fase di sviluppo adolescenziale come periodo indefinito: “l’adolescenza comincia nella biologia e finisce nella cultura” (Palmonari, 2004), è facilmente visibile, ancorché paradossale e in assoluta antinomia con i tempi sempre più stretti del mondo odierno: si protrae ben oltre i diciotto-venti anni (taluni studiosi considerano che arrivi fino ai quaranta anni o addirittura fino a quando non sia raggiunta la completa autonomia anche economica). È questo prolungarsi della ricerca affannosa e problematica della propria identità l'origine delle più profonde incomprensione tra adulti e adolescenti: i primi pretendono, come premio per il loro stile permissivo,  il raggiungimento di traguardi in linea con i "loro" tempi e gli altri, gli adolescenti, proprio a  causa di tante e forse troppe facilitazioni, mancano delle energie necessarie per uscire dalla vischiosa situazione in cui oscillano tra  comportamenti infantili e pretese da persone "arrivate".

            Che l'adolescenza sia "allungata" e permanga come la fase di crescita più difficile non significa certo che sia univoca. Pur mantenendo l'adolescenza peculiarità trasversali per cui  ogni adolescente sente la necessità di mettersi alla prova, di rendersi visibile e di sperimentarsi (Zuckerman, 1971) ed è attratto dalla trasgressività come una sorta di condizione essenziale per avere successo in una società che è sempre più competitiva, esistono innumerevoli “adolescenze” che si differenziano per genere, famiglia di appartenenza, contesto sociale, economico e culturale. Per rendersene conto, è sufficiente osservare come e quanto l’adolescenza di uno studente di ceto sociale medio è differente da quella di un coetaneo figlio di immigrati con problemi di integrazione, e, d'altro canto, quanto diverse siano le caratteristiche dell’attuale famiglia, famiglia un tempo delle regole oggi degli affetti (Charmet), paritaria e puerocentrica che alleva “piccoli apprendisti tiranni”, mononucleare, ma anche allargata, ricostituita, "nuova", con un solo genitore, coniugata o con coppie di fatto... e tuttavia sempre "sistema"  di complesse reti di relazioni interfamiliari e criticità profonde. Il counselor ben consapevole di questa ramificata complessità, su questa sua non facile competenza fonderà il riconoscimento dell'alterità dell'adolescente che ha di fronte, di quel ragazzo o di quella ragazza che è lì a misurarsi con sé per sbrogliare la difficile matassa del suo vivere.

L'efficacia della delicata relazione con l'adolescente dunque sarà l'effetto positivo dell'accettazione incondizionata, dell'ascolto, dell'empatia e offrirà all'adolescente l’opportunità di esplorare ed esplorarsi, acquisire una maggiore consapevolezza di sé, esprimere i propri timori, ansie, paure, gioie; in un ambiente protetto e sicuro, in assenza di giudizio, l'adolescente implementerà  la propria autostima e attiverà la risorsa della resilienza, ovvero il potenziamento di sé, la capacità di usare l'esperienza dell'aver superato e risolto situazioni difficili per vedere  il futuro. Solo allora, gli o le sarà possibile intraprendere un cammino ad quem  verso un obiettivo, un'aspirazione, un bisogno che gradualmente porteranno gratificazione e pacificazione con se stessi  e con  gli altri.

            L’adolescente, alla ricerca di una sua IDENTITÀ è per questo alla ricerca di modelli  e ha “compiti di sviluppo” che comportano un complesso cambiamento; avverte contrastanti e tuttavia complementari bisogni interiori: essere riconosciuto, valorizzato, autonomo e amato, accolto e libero e soprattutto il bisogno di un sostegno adattivo. E i suoi stessi confusi bisogni di crescita lo rendono oggetto di tanti altrettanto  pressanti e talvolta devianti bisogni indotti.

È pronto il counselor ad accogliere il suo SOS :  Sostegno Organizzazione Sfida?

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

 

 

 

 

 

 

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