LA TUA FRAGILITA’ E’ LA TUA FORZA!Il nuovo mondo avrà bisogno dei “deboli”

Inviato da Nuccio Salis

vincere il mondo

Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che gli appartiene. Poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho eletti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Vangelo di Giovanni, 15, 18-19)

L’altra faccia dell’umanità, quegli anti-eroi che se ne stanno un pò in disparte, coloro che non vogliono vincere, sono quelli che non spingono per avere il loro angolo di gloria, coloro che procedono feriti, che non si amano troppo e non sospettano del loro potere. Fin troppo neutralizzati da un senso costante di inquieta vulnerabilità. Soltanto pochissimi eletti godono il privilegio di vederli affacciati dalle loro corazze. Essi talvolta sbucano, timidamente, come se fosse giunta stagione, confidando in chi nonostante tutto sia riuscito a gettare una luce nella loro tana. Magari uno che li somiglia un pò, è possibile, visto che una tale vicinanza non è di solito concessa a chi parla il linguaggio del mondo. Loro sono quelli che aspettano, e ne hanno di pazienza, sono quelli che fanno passare, che cedono, che ancora immaginano e sperano che vi sia chi li ricambi con altrettanta tenerezza.

 

Loro sono quelli che incedono sentendosi schiacciati dalla folla. Sono quei chicchi di sale che sanno che le loro qualità (considerate difetti) ritorneranno di moda, o forse per la prima volta addirittura saranno contemplate come speciali risorse dell’individuo umano. Perfino una certa psicologia li vorrebbe correggere, adattare agli stili ed alle richieste della cultura dominante. Timidezza e discrezione sono sempre più considerate gambe monche e dal passo claudicante, che rendono indifesi in un mondo di predatori in lotta per primeggiare, anche se non si è capito mai quale sia poi il trofeo.  Eppure loro incedono, seppur stanchi, di quella stanchezza che conosce soltanto chi si porta addosso la disapprovazione e il prezzo dell’impopolarità. Eppure procedono, mostrando forza, fedeli ai loro solidi principi, mostrando coerenza. Una minoranza schiacciante che dissemina ciò che verrà, molto spesso in quasi totale anonimia.

Loro posseggono una forza scambiata per il suo contrario, ed un coraggio senza pari, a ritrovarsi opposti ad una società che sospinge per la visibilità e il nascondimento delle proprie zone più deboli.

Resistono a quella spinta chiamata “Sii forte”, nell’ambito degli studi ad orientamento transazionale, e che consiste nell’aver ricevuto insegnamenti da figure parentali che direzionavano al formarsi la capacità di essere sempre all’altezza, di poter affrontare tutto, di mostrarsi sempre vincenti, decisi e determinati. Sono quelli che non avevano il permesso di cadere, o che comunque dovevano rialzarsi subito, trattenere le lacrime e fare un sorriso.

Allora non c’è più ribelle di un fragile, perché il suo opporsi spesso inconsapevole è il miglior balsamo guaritore per una società che ne ha davvero bisogno, anche se lo disconosce. Egli ci obbliga a rivalutare una concezione di mondo che rifiuta un certo tipo di competizione, specie quella basata sulla logica della sopraffazione. Spesso si sente accettare il fatto che sia giusto che il più forte imperi e schiacci il più debole, e questa cinica mentalità viene poi trasferita ed implementata a diversi campi dell’agire umano politicamente organizzato.

Da piccoli, ci siamo sentiti dire di rispondere colpo su colpo, perché la società è violenta e vige la legge della giungla. Ma forse quasi nessuno si è mai domandato se questo atteggiamento fosse la causa piuttosto che la conseguenza di un tale modello sociale, perdente e disdicevole.

La società umana non ammette debolezze, e difatti guarda all’handicap con un misto di pietismo e di paura, perché in fondo rimane incapace di accogliere e valorizzare tutto ciò che non si conforma. Di conseguenza non può che rivolgere il medesimo sentimento alla personalità “fragile”, verso cui si attiva per ridimensionarla dentro una nuova struttura di valori e di atteggiamenti che la ‘normalizzerebbero’ per poterla preparare a stare in piedi dentro un mondo di duri. Perché la moda impone di avere autostima, e bisogna stare attenti a non prestarla ad errate interpretazioni, per esempio a non confonderla con la presunzione e la boria di sé. Forse ciò accade molto più facilmente di quanto non si creda, soprattutto se la finalità di guadagnare stima di sé viene associata all’essere più grintosi e agguerriti nell’ambito del lavoro e del profitto. Degenerare in un patologico narcisismo ed in una successiva sicurezza di sé, può rivelarsi una condizione molto sfavorevole sia per se stessi che per le persone che dovranno avere a che spartire con un simile soggetto.

Ed allora tanto meglio la fragilità, che rilancia il diritto ad essere umanamente vulnerabili, trasparenti, legati a bisogni autentici e profondi. Non un difetto, tantomeno nemmeno un handicap o una imperfezione, quanto una caratteristica di cui prendersi amorevolmente cura, accettare ed ospitare con sé, come fortunata e preziosa risorsa da custodire e proteggere.

Sono dell’idea che necessita rivalutare la fragilità, uscendo dagli abituali canoni concettuali che la relegano come un ostacolo alla crescita e all’auto-affermazione. Ma non credo sia giusto ignorarla, piuttosto può essere colta come abilità in grado di orientare verso un agire che tiene conto dei nostri naturali limiti. Una soft skill che restituisca all’individuo umano il piacere di sperimentarsi secondo un nuovo ordine di valori, in quanto riconoscendola ci si fa portatori di un bisogno di cooperazione; condizione che attualmente sembra maggiormente auspicabile per promuovere rapporti di reciproco sostegno e di solidarietà fra individui, ed anche per sostituire, a conti fatti, modelli di relazione infelicemente competitivi con principi di aiuto e di pro-socialità.

Esiste a mio parere una forza insospettabile che può generare questo nuovo orizzonte di umanità: la fragilità. Amala, vivila, non cacciarla, perché parla di te, e ne parla bene.

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