IMPARARE A VIVERE L’ESPERIENZE SPIACEVOLI IN MANIERA COSTRUTTIVA


vita felice

Quello che cerchiamo nella nostra vita è la felicità. Per raggiungerla utilizziamo tutti i mezzi in nostro possesso, ovvero i nostri 5 sensi. Compriamo delle cose belle, perché i nostri occhi possano essere soddisfatti, mangiamo cibi che appagano i nostri palati, ricerchiamo ascolto nelle cose che acquietano la nostra mente. Ma a volte, nonostante le cose esteriori siano al loro posto, nonostante sembrerebbe che abbiamo tutto quello che potremmo desiderare, non riusciamo a provare quel senso di felicità, senso di completezza e di soddisfazione. Il problema è che con tutti i nostri sforzi cerchiamo di soddisfare noi, il nostro ego, cerchiamo di renderlo felice, ma non funziona. L’ego è insaziabile, quando raggiunge una cosa, va subito alla ricerca di un’altra.

 

E non c’è niente di male nel voler migliorare la propria vita, ma non nel momento in cui non siamo mai soddisfatti di quello che già abbiamo. Quindi i grandi saggi dicono che dobbiamo imparare a godere di ciò che già abbiamo, di essere presenti qui ed ora per poter apprezzare tutte le bellezze che la vita ci ha già donato. Ma come fare, se ogni giorno capitano delle cose più o meno grandi o piccole, che ci portano via il nostro equilibrio e che scaturiscono dei sentimenti come la tristezza, la rabbia, il fastidio o il senso di colpa?

 

Per riuscire a star bene in questo mondo, la prima cosa che dovremmo imparare è di essere proattivi. Proattivo, secondo il dizionario, è colui che ha la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile non lasciandosi condizionare dalle proprie impulsive remore psicologiche dalle circostanze ambientali esterne.

Quindi dovremmo imparare e ricordare sempre a noi stessi che il nostro stato interiore, non dipende da fattori esterni, da quello che succede fuori, ma dalla nostra spiegazione di questi fattori, da quello che noi scegliamo di pensare e di sentire riguardo alla situazione che stiamo vivendo.

Perché spesso noi non abbiamo la facoltà di cambiare la situazione spiacevole, ma possiamo cambiare il nostro atteggiamento verso la condizione che stiamo vivendo.

Di solito, quando viviamo un momento di disagio, cerchiamo con tutte le forze di eliminare il malessere che ci fa stare male, utilizzando tantissimi sforzi ed energia. Tante volte nei nostri rapporti interpersonali cerchiamo di cambiare l’altro. Vogliamo che soddisfi le nostre aspettative. Desideriamo cambiare la realtà esterna per sentirci soddisfatti ed appagati. Questo desiderio non crea altro che il senso di insoddisfazione, di frustrazione e di sofferenza.

Invece sarebbe utile chiedersi, che cosa posso imparare dalla situazione che sto vivendo, che cosa la vita vuole insegnarmi? In che altro modo posso vedere la situazione, il modo che non danneggia il mio essere?

Le cose succedono, e noi abbiamo la scelta: arrabbiarsi e rimanere attaccati al rancore, oppure trovare il senso, una lezione per noi in quello che succede e andare avanti.

 

Il noto psichiatra viennese Viktor Frankl, un sopravvissuto ai campi di concentramento, elaborò un metodo di psicoterapia che si chiama “ logoterapia”. La concezione secondo la quale l'equilibrio psichico dell’ essere umano dipende dalla percezione significativa del sé e del proprio vissuto.

Frankl afferma che ogni realtà ha un senso, e la vita non cessa mai di avere un significato, che lavita non è mai priva di significato, e anche nellesituazioni più negative(sofferenza colpa e morte) possono emergere dei significati.

Quindi il nostro stare bene non dipende dalle nostre esperienze, ma da come noi percepiamo noi stessi al’interno di esse.

Se una persona all’interno dei campi di concentramento, dove ha perso i genitori, il fratello e la moglie, è riuscito a trovare un senso per se stesso in questa terribile esperienza, non sarebbe forse possibile anche per noi migliorare la nostra vita prestando attenzione a dei significati più grandi, rispetto a quello che riusciamo a percepire nell’ immediato?

Riuscire a non essere centrati solo su se stessi, di uscire da se stessi, di non rimanere centrati su di sé, sull’io, ma di centrarsi su di un tu; un tu che può essere una persona, un compito, un lavoro da realizzare, la creazione di un qualcosa.

 

A questo punto vorrei raccontarvi una storia, che rispecchia perfettamente l’idea che vorrei portarvi. Immaginiamo una tranquilla domenica mattina di primavera. Non è ancora l’estate, dove c’è un flusso grande di persone che si affrettano per andare al mare, non è neanche sabato sera, quando le persone si incontrano per uscire a mangiare una pizza. È una tranquilla domenica mattina di primavera. Voi uscite di casa,  e decidete di prendere il tram per andare a fare una piacevole passeggiata al mare. Siete in uno stato di tranquillità e di pace interiore. Pensate che finalmente, dopo la settimana dura di lavoro riuscite ad avere un po’ di pace per voi. In questo stato di quiete siete seduti nel tram, quando alla prossima fermata entrano tre ragazzi molto giovani, con una persona adulta. Sembra che l’adulto sia un loro accompagnatore. Lui si siede di fronte a voi, e i ragazzi cominciano ad urlare, saltare e correre avanti e indietro nel tram. Per un po’ riuscite ad avere  pazienza, ma man mano la situazione va avanti, sentite salire una forte rabbia verso i ragazzi, come anche verso il loro accompagnatore, che tra l’altro è tranquillamente seduto con il viso girato verso il finestrino e lo sguardo completamente assorto. Completamente disinteressato a quello che stanno facendo i ragazzi. Insomma è la vostra giornata tranquilla, e la cosa così non entrava proprio nei vostri piani. Quindi il nervosismo per il fastidio a voi provocato diventa insostenibile, cosi decidete di fare notare questa cosa al’accompagnatore.

Dopo che voi avete scaricato il vostro nervosismo su di lui, lui si gira verso di voi e vi dice che avete perfettamente ragione, si scusa del loro comportamento e vi comunica che in realtà stanno venendo dal’ospedale, dove i suoi figli hanno appena perso la madre. Vi dice che però loro non lo sanno, e lui non sa proprio come comunicarli questa notizia.

Qui all’improvviso la rabbia scompare, e il suo posto prendono la compassione e il dispiacere. Dite che vi dispiace molto, gli esprimete le vostre più sentite condoglianze e gli chiedete se potete fare qualcosa per lui e i suoi figli.

 

Uscendo da noi, e andando verso una comprensione più vasta delle cose e dell’altro, vediamo e sentiamo le cose in maniera diversa, diventiamo molto più tolleranti e comprensivi. Verso le persone, situazioni e la vita stessa.

 

Allora perché non proviamo al posto di essere reattivi, diventare proattivi, non proviamo a dare delle spiegazioni di noi stessi e del nostro vissuto che favoriscono lo stato d’animo gentile. Dobbiamo raccordarci sempre; scegliamo noi il modo in cui vogliamo sentirci. La nostra vita non può e non deve dipendere dagl’altri.

A volte non possiamo scegliere le nostre esperienze, ma possiamo scegliere il nostro modo di viverle.

 

Oksana Varcenko

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