Il sogno: connessione con la specie e periodico ritorno all’istintivo


visualizzazione

Nella Gestalt l’utilizzo diretto della metafora fa parte dell’insieme di tecniche attraverso le quali viene attivato, in modo creativo, l’immaginario delle persone, affinché possano giungere ad esplorare ed esprimere pienamente quella che Ginger definisce “la ristretta area del mio spazio di libertà”.[1] Grazie all’uso dell’immaginario, che trova espressione nei diversi linguaggi del sogno, del sogno guidato da svegli, delle metafore, delle fantasie e della creatività, è possibile fare la spola tra le immagini, le ombre e la realtà, tra le parti interne e l’ambiente sociale e relazionale dell’uomo. E’ un costante andare e tornare, una navetta permanente tra il corpo e le idee, la materia e lo spirito, la realtà del qui e ora del processo in corso e i fantasmi evocati dal riaffiorare di situazioni incompiute. Nella Gestalt si lavora sul passaggio dall’uno all’altra, autorizzando e agevolando le fughe nell’immaginario (sogno, sogno da svegli, fantasticherie, metafora, creatività, ecc.), sempre cercando i legami con la concreta e contemporanea realtà sociale.

 

Ginger afferma che “la maggior parte delle sequenze di lavoro in Gestalt si svolgono parzialmente nell’immaginario, il sogno, la creatività. In effetti, è sulla scena interiore che si interpretano i miei sentimenti e le mie emozioni incarnate, i miei ricordi ricostruiti, i miei fantasmi temuti o sperati, tanto quanto le mie prese di coscienza «illuminate». Far luce su questa scena interiore procede dal principio dell’amplificazione dei processi in corso, attraverso ciò che Jung chiama «l’immaginazione attiva», incoraggiata in Gestalt dalla partecipazione impegnata del terapeuta (ed, eventualmente, dell’eco di gruppo) che consente di intrecciare un legame polisemico tra l’immaginario, il simbolico e il reale”.[2]

I Ginger sostengono che il sogno può essere considerato come la riedizione delle nostre informazioni e potenzialità genetiche.[3] Una delle funzioni del sogno sarebbe la revisione quotidiana del nostro programma genetico e l’aggiornamento personale sulla base delle esperienze della giornata; questo comporterebbe anche il momento della manutenzione nella rete neuronale e della riparazione dei circuiti danneggiati. Ogni notte è come se l’individuo potesse ripassare le lezioni del “Grande Libro della Vita”, redatto dalla specie attraverso i millenni e nostro dono di nascita, in quanto impresso nei nostri cromosomi.

Per il teorico francese della Gestalt, il sogno assolverebbe a queste due funzioni opposte ma complementari.[4] Prima di tutto sarebbe “il cordone ombelicale della specie”,[5] in quanto ci tiene legati alle nostre origini anche mantenendo vive le funzioni di sopravvivenza (aggressività e sessualità). Esso gioca anche un ruolo di “difesa contro la cultura”, perché l’educazione si oppone alle nostre pulsioni vitali. A questo proposito Ginger afferma che il sogno può essere considerato come il baluardo contro la cultura attraverso il periodico ritorno all’istintivo.[6]

In secondo luogo, il sogno sarebbe allo stesso tempo un importante fattore di individuazione, ciò che mi rende diverso da un mio simile, per il modo nel quale considero la mia particolare esperienza.

Serge e Anne Ginger tengono molto conto degli studi approfonditi sul processo fisiologico del sogno che hanno compiuto da oltre vent’anni e arrivano a sostenere ipotesi vicine a quelle di Jung, affermando che “il sogno permetterebbe l’integrazione della memoria individuale con la memoria collettiva, assicurando così una essenziale funzione di sintesi fra ciò che è innato e ciò che viene acquisito”.[7] In base a questa ipotesi, sarebbe durante il sonno paradossale che i ricordi della nostra memoria a lungo termine si inscriverebbero nelle strutture del cervello. E’ durante il sogno, il terzo stato dopo veglia e sonno, che si fissano i ricordi, in particolare quelli carichi di emozioni, di esperienze importanti, positive o negative, della nostra esistenza.

 

 


[1]Serge Ginger, Anna Ginger, La Gestalt, une thérapie du contact, Paris – France, Hommes et Groupes éditeurs, 1987 (tr. it. La Gestalt. Terapia del contatto emotivo, Roma, Edizioni Mediterranee, 1990, p. 209).

[2]Ivi, p. 227.

[3]Intervento e comunicazione orale alla  “VI European Conference of Gestalt Therapy”, dal titolo “Gestalt Therapy: Hermeneutics and Clinicas”, che si è svolta a Palermo dall’1 al 4 ottobre 1998, riportato in Edoardo Giusti, Veronica Rosa, Psicoterapie della Gestalt. Introduzione dell’Evoluzione Pluralistica cit., p. 306 .

[4]Serge Ginger, La Gestalt. L’art du contact, Alleur – Belgique, Marabout, 1995 (tr. it.  Iniziazione alla Gestalt, Roma, Edizioni Mediterranee, 2005, p. 87).

[5]Ibidem.

[6]Serge Ginger, Anne Ginger, La Gestalt, une thérapie du contact cit. (tr. it. La Gestalt. Terapia del contatto emotivo cit., p. 208).

[7]Serge Ginger, La Gestalt. L’art du contact cit.(tr. it.  Iniziazione alla Gestaltcit., p. 87).

Potrebbero interessarti ...