Il sogno come vissuto d’azione e dimensione dell’agire


protezione sogni

Oltre la prospettiva di Freud, che riteneva il sonno protetto dal sogno, c’è un’altra versione, cioè che sia il sonno a proteggere i sogni.

L’attività onirica è consentita dalla non attività del corpo che dorme. Il sonno garantisce l’agire onirico perché l'inattività nel mondo, assicurata dal dormire, è quella che consente al sogno di divenire ed essere le azioni e le vicende immaginate, es. posso sognare di volare e ciò è reso sicuro dall’inerzia del sonno che impedisce l’azione. Qualunque cosa sogneremo, cioè qualunque sia il nostro vissuto d’azione, ci risveglieremo nel nostro letto. Si parla di “vissuto d’azione”[1] perché non sappiamo di preciso come è formato un sogno reale. Ciò che conosciamo è il racconto del sogno, la narrazione che ne facciamo, perché se verifichiamo l’attività elettrica del cervello durante la fase onirica, non vediamo il sogno, ma solo dei correlati fisiologici a ciò che si sta svolgendo.

 

Normalmente di notte sogniamo e al momento del risveglio ricordiamo sotto forma di racconto ciò che abbiamo sognato. Quando ci svegliamo, ci raccontiamo il sogno e magari lo raccontiamo a qualcuno, il rapporto col quale influenza la narrazione. In un certo senso, cerchiamo di ricordare il ricordo/racconto che ci siamo fatti appena svegli. E’ possibile che, nell’atto del raccontare di nuovo, ci tornino alla mente altri particolari che inseriamo, vissuti come qualcosa di dimenticato. Inizia ad articolarsi e strutturarsi un racconto, una narrazione del sogno esperita come ricordo.

Secondo Rossi, il sogno è inteso come racconto, che si basa su un episodio che è stato possibile vivere in quanto il corpo era in uno stato di inattività; nessuno racconterà un sogno immobile, perché il racconto è un’azione e in esso ci sono sempre episodi, avvenimenti. Nei sogni non è dato il non fare; si può tralasciare, andare a destra o a sinistra, ma c’è un fare altro. E’dimensione dell’essere in cui il non essere non è dato, perché subito ci si indirizza nello spazio dell’Io-Tu il cui principio di fondo è l’accogliere di essere un organismo in relazione con l’ambiente.

Tutto nel sogno “è”, anche se spesso è costituito da opposti, da circostanze che si mostrano con figure che sono sorrette e che includono uno sfondo, nelle quali sono presenti contraddizioni, ad esempio, contesti nei quali si presenta come positivo ciò che ha uno sfondo a valenza negativa, o modalità di vivere che generano polarità contrarie che si comparano in modo dinamico.

Questo significa che nel sogno incontriamo anche le azioni che non compiamo quando possiamo agire nel mondo esterno e anche ciò rappresenta una possibilità di lavoro col sogno. Per questo motivo è importante individuare l’azione assente, cogliere in che modo l’agire del sogno contiene quello che non faccio nel mondo; notevole è l’ascendente del sogno sul copione di vita, sulle azioni interrotte e replicate.

Il non agire concreto nel quale ha luogo l’evento sogno, all’interno della relazione di aiuto, consente di incontrare la sua polarità, che compare nel sogno come vissuto di azione, interrotta nel mondo reale del cliente.

Il risveglio consiste, allo stesso tempo, nell’interrompere l’azione sognata e nel portare quell’emozione (dolore, ansia, angoscia, paura, ecc.) in un’azione nel mondo (es. aprire gli occhi, accendere la luce, ecc.). Quindi, quando si opera col sogno, occorre tenere conto di come ciò che agisce nel sogno potrebbe essere l’azione compiuta nel mondo; questo serve per svolgere il compito col sogno con modalità che si avvalgono dell’agire del cliente.

Far drammatizzare il sogno nell’ottica della Gestalt, è rendere operativo il rovesciamento di polarità dell’azione onirica narrata dal cliente. Il sogno, sognato in una situazione di inattività, lo tramutiamo in un’agire concreto, muovendo da un’azione sognata ad un’azione nel mondo[2]. In questa inversione di polarità, potranno affiorare emozioni che erano più o meno celate, elementi tralasciati che ritornano ad essere determinanti, quando il sognatore accorderà ad essi l’occasione di esprimersi nel “come se” del setting della relazione d’aiuto.

Spesso nel corso della seduta si comincia ad introdurre nel sogno base, “ufficiale”, piccoli particolari, che nell’immediato si ritengono poco rilevanti o inseriti “a caso” dal cliente, rendendogli forma e azione. Nel passaggio dallo sfondo nel quale sono isolati all’essere posti in figura, subito si mostra che questi elementi possono contenere un vissuto accantonato che reclama considerazione.

Il compito del counselor consiste nel riproporre o almeno far rilevare al cliente gli elementi che sono sullo sfondo, per rielaborarli come polarità figura/sfondo, ripartendo in modo equo l’interesse per entrambe le parti, facilitando lo scaturire dei dinamismi che rappresentano la loro relazione. Un senso di angoscia o di sottile insoddisfazione costituiscono l’invito implicito a guardare ciò che è nell’ombra, non perché ciò che è in figura sia sgradevole, ma per il fatto che nulla sta in primo piano se non c’è qualcosa sotto che lo sostiene.

Se compiamo nella fantasia qualcosa, mentre siamo nella dimensione del sonno e quindi nell’impossibilità di farla, possiamo rtinere che stiamo sognando ciò che nella realtà temiamo di attuare o che è complicato effettuare, perché solo nel sogno possiamo tenere conto di quell’azione. Ci troviamo di fronte ad uno spazio di inattività nel reale e di grande operosità nel sonno e nella vita mentale.

Ciò che rende difficoltoso il racconto di un sogno, in tutti i suoi dettagli, è forse il fatto che mentre lo si narra non siamo inattivi. Se esso si articola in un contesto di censura ridotta, nella narrazione il cliente può censurarlo di nuovo, in quanto “la possibilità di agire ovviamente può rendere difficoltoso, o anche pericoloso, accennare a me stesso o ad altri, qualcosa che nel sogno, mentre dormo, mi accenno benissimo”. [3] Nel lavoro nella relazione di counseling è bene tenere presente che “il sogno sicuramente non è una realtà, ma un’operazione di costruzione di senso in forma narrativa, più o meno articolata”.[4]

 

 


[1]Oliviero Rossi, “Il sogno come dinamica di polarità”  in  In Formazione Psicoterapia Counseling Fenomenologia, n.14, giugno - dicembre 2009, in http://sites.google.com/site/olivierorossi/home/il-sogno-come-dinamica-di-polarità

[2]Ibidem.

[3]Ibidem.

[4]Ibidem.

Potrebbero interessarti ...