Confessione e interpretazione, il colloquio


confessione

Una volta preso il contatto con il cliente e stabilito il rapporto, ci troviamo nella fase centrale del colloquio: la confessione, cioè il “tirar fuori il problema”. In questa fase il cliente dovrà parlare per almeno i due terzi del tempo, in quanto dovrà esporre in modo esauriente il suo problema in modo tale che il Counseling possa affondare fino alle radici la questione ed il Counselor deve essere cauto nel parlare,ogni parola che pronuncia deve avere uno scopo preciso. È bene ricordare che la confessione ha di per sé un valore catartico: infatti solo il fatto che il cliente abbia esposto il problema alla presenza del Counselor lo ha reso psicologicamente più sano.

È importante dire che il valore catartico è determinato dalla persona a cui ci si confessa e dalla sua capacità di empatia, il Counselor esperto è in grado di orientare la confessione del cliente in direzione del problema centrale. Il Counselor deve avere la capacità di percepire il problema reale che sta dietro alle affermazioni irrilevanti. La pratica diffusa di lasciare che il cliente inizi da un punto qualsiasi è corretta, ma il Counselor deve aprirgli la strada per indurlo a parlare del problema reale.

 

L’atteggiamento che il Counselor deve assumere è di calma obiettiva, basata sulla comprensione che niente che sia umano gli è estraneo o è indegno della sua comprensione. Durante la fase della confessione è probabile che il cliente possa manifestare delle crisi emotive che a volte possono fungere da sollievo, ed altre da resistenza. Quando il cliente scoppia a piangere il Counselor deve mettere in atto la sua abilità, rimanendo calmo e facendo in modo che la sua calma si trasmetta, attraverso l’empatia, al cliente. Talvolta può essere consigliabile lasciarlo piangere un poco, ma non appena la tensione si sia un po’ allenata, il Counselor lo riporterà a uno stato di equilibrio emotivo.

È molto importante che il Counselor non manifesti simpatia durante il colloquio in quanto può rendere più acuta la crisi emotiva: l’empatia è l’atteggiamento migliore, perché è obiettiva e contiene tutti gli elementi validi della simpatia. La fase successiva è quella dell’interpretazione, che è una funzione del lavoro congiunto del Counselor e del cliente, insieme analizzano i fatti emersi e cercano di individuare il modello di personalità che sta all’origine del disadattamento del cliente. Nella fase dell’interpretazione la figura del Counselor acquista sempre più rilievo: in un primo momento egli pone soltanto domande mirate, poi formula ipotesi che stimolano l‘attenzione del cliente. Successivamente suggerisce delle interpretazioni, queste non devono essere imposte in maniera indiscutibile, ma ipotizza e verifica le reazioni del cliente, ad esempio dirà: “questa cosa sembra così” piuttosto che “questa cosa è così”.

Il Counselor successivamente deve saper leggere le reazioni del cliente ai suggerimenti, ad esempio: - Se il cliente accetta l’interpretazione dicendo “Si penso che sia vero” il suggerimento può essere temporaneamente accettato da entrambi. - Se il cliente rimane indifferente, il Counselor scarterà l’idea giungendo alla conclusione di non avere ancora colto niente di particolarmente significativo. - Se il cliente rifiuta l’ipotesi, accalorandosi e protestando, il Counselor potrà concludere in via sperimentale che probabilmente si tratta dell’interpretazione corretta e che è andato a colpire molto vicino alle radici del problema.

Se il Counselor riuscirà a formulare l’interpretazione corretta, scoprirà che il cliente abbandona la resistenza e ammette anche la verità dell’ipotesi in un primo momento rifiutata. Nel corso del colloquio c’è un punto definito cruciale: che è quella fase in cui il cliente chiede consiglio. Se il Counselor cede alla tentazione e alla sua implicita lusinga, e dà un consiglio o anche solo istruzioni specifiche, interromperà il processo e ostacolerà il reale riadattamento della personalità del cliente. Al contrario, egli deve utilizzare la richiesta di consiglio come un mezzo per fare accettare al cliente un maggior senso di responsabilità personale.

Domenico Perrupato

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